IntroduzionePrima, era solo giallo. Dopo di lui divenne noir. Quello vero, cattivo, quello da Calibro 9. Tutto questo, la nascita del noir in Italia, la si deve a un uomo. Uno scrittore prolifico, unico, che seppe fotografare un momento irripetibile della storia del nostro paese. Ma questa non è una storia qualunque. E’ la storia di una città, Milano e del suo scrittore simbolo. La storia di un uomo. Un uomo chiamato Giorgio Scerbanenco.
Milano neranni ’60. Il boom economico. Le botteghe che diventano fabbriche e poi diventano industrie. Le cinquecento e le vespe che scorrazzano per le strade del nostro paese. Mina che urla nei juke-boxe che nessuno, nemmeno il destino la può separare dal suo uomo. Celentano denuncia l’abusivismo edilizio ne “Il ragazzo della via Gluck”. Al cinema spopola “il sorpasso” di Dino Risi. Quello dove Alberto Sordi urla “Lavoratori!” e poi fa il gesto dell’ombrello e una pernacchia. Questi sono gli anni della Milano nera di Giorgio Scerbanenco. Il creatore del noir italiano, che darà vita al personaggio simbolo di quell’epoca: Duca Lamberti.
Duca Lamberti è un medico. Almeno lo era. E’ stato radiato, per aver somministrato l’eutanasia a una vecchia morente. Si è fatto tre anni di galera per questo. Quando esce è amareggiato e disilluso. Viene ingaggiato da un ricco industriale brianzolo per curare il figlio Davide, intrappolato in una spirale di autodistruzione. Con i metodi più amati, ovvero schiaffi e minacce, Duca scoprià il motivo del malessere del giovane. Non aver impedito l’omicidio di una passeggiatrice. E’ piena, Milano, in quegli anni, di prostitute. Sui viali, a lato delle tangenziali, nei ricchi palazzi del centro. Lamberti si mette sulle tracce della ragazza amata da Davide. Scopre che era dedita a servizi fotografici osceni e si vendeva solo a una stretta cerchia di persone. E’ qui che Lamberti indaga. Nel mondo dei papponi e delle persone perbene. La Milano di Scerbanenco e del Duca, non è certo una città tranquilla.
Chi è Scerbanenco?
Chi è, dunque, questo Giorgio Scerbanenco? E’ il figlio di un ufficiale russo e di una donna italiana, nato a Kiev nel 1911. Si trasferirà a Roma dopo la rivoluzione bolscevica. Per tutta la vita, però, vivrà la condizione di “straniero”, per colpa di quel cognome, così ingombrante, così russo, anche se sostituirà le kappa e lo italianizzerà. Dopo aver particato tantissimi lavori, tra cui il tornitore e il lavagista, diverrà redattore di un giornale rosa. E così, si metterà a scrivere. Scrive tantissimo, Scerbanenco. Non si stacca mai dalla macchina per scrivere. Scrive lettere, articoli, racconti e romanzi. E’ prolifico, Scerbanenco. Tanto che ancora oggi, non si sa bene l’ammontare della sua produzione. Ogni tanto, dagli archivi delle case editrici, spunta fuori un racconto inedito. E le sue raccolte di racconti arrivano fino a millecinquecento pezzi. Una vera e propria macchina per scrivere storie. Esordisce con il giallo classico, quello ambientato all’estero, perché, sotto il fascismo, era vietato ambientare polizieschi in Italia. Poi capisce. Comprende che l’Italia sta cambiando, che Milano si sta trasformando. Scerbanenco lo comprende prima di tutti e allora lo racconta come solo sa fare. Scrivendo. E’ così’ che nasce Venere Privata, capolavoro del romanzo nero. Il noir italiano, il poliziesco che racconta il volto oscuro del Belpaese, ha trovato il suo fondatore.
La lezione di Scerbanenco
Un misterioso incidente che coinvolge un’auto, che finisce in fondo al Naviglio pavese. Una scolaresca di ragazzi problematici che stupra e massacra l’insegnante di sostegno. Un padre al quale rapiscono la figlia minorata per farla battere e poi ucciderla e bruciarne il cadavere. Questo racconta Scerbanenco nei suoi romanzi. Neri, anzi nerissimi. Milano è fredda, sporca, nebbiosa, cattiva. Milano è diventata Calibro 9.
Scerbanenco muore nel 1969, lasciando incompiuti altri due romanzi del ciclo di Duca Lamberti. Però riesce, unico italiano nella storia, a vincere il “Gran Prix de Literartue policiere”, una sorta di Oscar del romanzo noir. Lo fa nel 1968 con Traditori di Tutti. Scerbanenco non è più un romanziere di provincia che racconta fatti milanese. Scerbanenco è l’uomo simbolo del noir italiano. La sua lezione è importante ed essenziale per chiunque voglia avvicinarsi al noir. Parla di ciò che sai. Racconta ciò che puoi verificare. Scova nella realtà e poi rendila romanzo. Anche quando inventa, quando racconta di due killer americani mandati dalla mafia per stendere un pappone milanese, Scerbanenco è verosimile. Scerbanenco è vero. Perché Milano era ed è così. La città più noir d’Italia.
Chiusa
Leggere Scerbanenco è un passo obbligato per qualunque autore voglia cimentarsi con il noir italiano. Per il lettore è un modo di scoprire un modo di scrivere che non esiste più. Scerbanenco è politicamente scorrettissimo, al limite dell’insulto.Gli omosessuali, per lui, sono “invertiti, malati, non giusti”. I disabili sono “storpi, basedoviani, inferiori”. Scerbanenco non ha problemi di correttezza o di linguaggio. Questo lo rende l’unico del suo genere. E poi racconta, Scerbanenco, un’Italia che non esiste più. L’Italia che, ingenua e spensierata, si avvia al benessere economico. Un’Italia che crede nel lavoro e nel futuro, dove si fanno i soldi, tanti, e spesso sporchi.
Se dovessi pescare, nell’immensa produzione del Giorgio noir, non saprei come muoverci. Per cui i libri che vi consiglio sono quelli del ciclo di Duca Lamberti, il medico-sbirro. “Venere Privata“, “Traditori di tutti”, “I Ragazzi del massacro” e “I milanesi ammazzano il sabato“.
I miei preferiti, tra l’altro.
Omar Gatti
Noiritaliano.wordpress.com