Editrice Nord
Anno 2012
367 pagine – rilegato con sovracopertina
Traduzione di A. Storti
[divider]
Due efferati omicidi, uno all’interno dell’Edgar Allan Poe Museum a Richmond, Virginia l’altro nella prestigiosa biblioteca di Trondheim, Norvegia. Ciò che accomuna i due fatti di sangue non sono solo gli edifici, ambedue dedicati alla cultura, ma soprattutto l’identica modalità di esecuzione, modalità che non vi svelerò per non farvi perdere la sorpresa e il “piacere” di scoprirla. Sono certo che anche i lettori più avvezzi a queste situazioni gireranno gli occhi dall’altra parte quando si troveranno di fronte ai due cadaveri. Tra questi due scenari contemporanei, ma lontani migliaia di chilometri tra di loro, se ne incastra un terzo, vicino al secondo ma lontano nel tempo: poco più di cinque secoli, nella Norvegia toccata dalla riforma luterana. Interessante è il confronto tra le due squadre investigatrici: dall’altra parte dell’Atlantico sembra esserci più cameratismo, nel paese scandivano l’ispettrice capo della polizia formula ordini secchi e diretti senza alcuna empatia.
Qualche ingenuità da entrambe le parti come quella di non pensare di utilizzare Internet, per scoprire se vi sono stati altri omicidi con le stesse modalità. Non penso di svelare nulla se, come è logico che sia, una detective volerà fino in Norvegia per collaborare nelle indagini e per aiutarsi reciprocamente. Suggestive sono le vicende che hanno luogo nel XVI secolo: troviamo personaggi storici, anche se poco conosciuti, che hanno gettato le prime solide fondamenta dell’anatomia moderna e che hanno fatto costruire i primi teatri anatomici.
In questo contesto si aggira un frate francescano alla ricerca di coltelli molto particolari, preziosi e adatti alla dissezione. Frate non certo rappresentativo del suo ordine religioso che si diletta a scrivere ermetiche considerazioni filosofiche su fogli di pergamena, fatti di pelle conciata, per poi rilegarli così da farne un libro che ritroveremo, come il pezzo più prezioso, nella biblioteca di Trondheim. Difficile proseguire senza svelare passaggi che potrebbero privarvi della suspense, posso solo dirvi di non lasciarvi ingannare dalle apparenze, non è come in tanti altri romanzi del genere dove c’è un collegamento con sette più o meno segrete vissute nel passato. Leggo i commenti di alcuni lettori in cui si sostiene che l’autore non abbia centrato il bersaglio, che mancano i requisiti per essere considerato un thriller . Non è vero: in questo romanzo forte per le descrizioni il movente c’è, come pure l’opportunità e il/la colpevole si svela solo nelle ultime pagine. Il finale, inteso come la scoperta del/della omicida, anche se a passo di corsa, tutto sommato è ancora accettabile. Male invece i “titoli di coda”, ossia tutte quelle precisazioni per riannodare fili ancora sospesi che si trovano dopo la scena clou; molto affrettate, alcune lasciano ugualmente dubbi irrisolti. Insomma come rovinare in parte un romanzo che per molte pagine ha tenuto bene.
Aurelio Standbyme
[divider]
Lo scrittore:
Jørgen Brekke è nato e cresciuto a Horten, in Norvegia, e vive a Trondheim con la moglie e i figli. Nonostante gli studi scientifici, la parola scritta l’ha sempre affascinato, al punto da indurlo ad affiancare al suo lavoro d’infermiere quello di giornalista. La biblioteca dell’anatomista ha ottenuto un enorme successo in Norvegia, coronato dall’assegnazione del premio Norli 2011 come miglior romanzo d’esordio.