Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te c’è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell’aurora?
Come mai sei stato messo a terra,
signore di popoli?
Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo,
sulle stelle di Dio
innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell’assemblea,
nelle parti più remote del settentrione.
Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all’Altissimo.
E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell’abisso! » (Isaia 14,11-15)
Il mio sguardo è nuovo. Sono l’essere invisibile, anima incolore come la non luce da cui vengo, indecifrabile dagli occhi dei vivi. Non possiedo contorni, né i confini mi appartengono. Osservo l’ambiente in cui sono. Esso respira. E’ composto da barriere e limiti sia orizzontali che verticali: è la città.
La caduta di Lucifero è stata oggetto di numerosi romanzi e teorie diverse lo hanno dipinto come anima del Male o come essere salvifico di creature viste come esseri inferiori, schiavi di un Dio tiranno.Massimiliano Santarossa ci racconta di un essere metafisico, risalito dalle Tenebre, per toccare con mano il degrado dell’uomo e del suo ambiente, ormai fagocitati dal Male stesso.
Esso si personifica sotto forma di una società malata sin nel midollo, nella quale ogni essere umano conduce il proprio corpo lungo un sentiero a spirale, che lo porterà inesorabilmente alla propria distruzione. Una terra popolata da piccoli demoni che si nutrono del dolore e della sofferenza altrui, così che il suo piccolo dominio si rinnova nelle disfatte di un uomo che non conosce, che è vivo ma lontanissimo.
Lo scrittore cura e ricerca ogni parola, ogni dettaglio. Ogni capitolo ha l’apparenza di un mini-racconto, che prosegue seguendo un filo logico al capitolo successivo. E l’operaio, la prostituta, il drogato prendono forma come persone disincantate dal presente e dal futuro, macchine che si muovono seguendo la monotonia delle azioni, il ritmo cadenzato della vita, in un luogo abbandonato a se stesso nel quale si prega ogni qual volta se ne ravveda la necessità e non come atto sentito.
Un romanzo in cui è il presente ad essere distopico e apocalittico, in cui le anime nere si rincorrono e si perdono nell’oscurità delle tenebre.
Massimiliano Santarossa ha scritto svariati romanzi, nei quali vi era una rappresentazione dei protagonisti totalmente realista, passando poi a una narrazione fondata più dallo spirito e dalle paure di un’esistenza in un mondo difficile come il nostro. Ed è attraverso Lucifero, il non-protagonista del romanzo, che si parla delle debolezze, e delle emozioni degli esseri umani. Un’entità che vaga alla ricerca della sua antitesi, che pone interrogativi senza risposta. Un alito di vento che sorvola le nostre anime, che compie un viaggio dove tutto ebbe inizio, dove tutto finirà.
Non è un inno al male sicuramente, ma una visione nichilista e senza via di fuga, un percorso in cui l’uomo si spoglia delle sue ipocrisie, privo di un’etica e di una morale. Una riflessione che coinvolge tutti, laici e cristiani, .
Spiazzante.
Non perdetevi l’intervista che ho realizzato in occasione di BookCity Milano 2013, prossimamente sul blog!
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Lo scrittore:
Massimiliano Santarossa è nato nel 1974 a Villanova (Pordenone). Ha pubblicato i libri Storie dal fondo e Gioventù d’asfalto per Biblioteca dell’Immagine; Hai mai fatto parte della nostra gioventù? e Cosa succede in città per Baldini Castoldi Dalai editore; Viaggio nella notte per Hacca edizioni. Prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato come falegname e operaio in una fabbrica di materie plastiche, e ha trascorso buona parte della propria vita a contatto con i personaggi che ha narrato. I suoi libri sono stati oggetto di diverse rappresentazioni teatrali. Scrive per il «Messaggero Veneto».