Editore Mondadori / Collana Strade Blu
Anno 2015
Genere Giallo/Noir
276 pagine – brossura con alette
Eccoci qua. Il silenzio della notte accompagna il mio diteggiare sulla tastiera. Scrivo sempre la recensione subito dopo aver terminato il libro. Riguardo gli appunti, se ce l’ho in forma cartacea mi rigiro il libro tra le mani, poi apro il Mac e scrivo. Scrivo subito perché le emozioni sono più profonde, perché le immagini sono più vive, perché i personaggi sono ancora lì, seduti accanto. Anche questa volta leggo un scrittore nuovo; anche questa volta è uno scrittore italiano, per lo più è uno scrittore molto vicino a me, soprattutto geograficamente. L’ho scelto proprio per questo. Le pregresse esperienze con autori emiliani, bolognesi in particolare, hanno sempre avuto ottimi risultati. No, non è campanilismo peloso: Lucarelli, Machiavelli, Evangelisti… e adesso Pasini. Sia detto, per quella regola non scritta delle appartenenze, che Pasini è foresto. È uno che viene dall’appennino, un muntanêr, insomma come si direbbe a Bologna. Ma quando lo leggi capisci che è uno che è sceso da là e ha capito tanto di quello che succede nella valle, nella bassa. E il suo libro mi ha davvero toccato nel profondo.
Dopo la sbrodolatina iniziale, andiamo al sodo. Pasini mette in piedi un giallo notevolissimo e lo ambienta in una zona stramba per chi non l’ha mai vissuta direttamente: la bassa. Terra nella quale il mistero e i misteri sono tanti quante le zanzare che l’infestano. Terra che un emiliano come Pupi Avati aveva scelto per ambientarvi uno dei suoi film migliori “La Casa Dalle Finestre Che Ridono”; Avati aveva scelto il delta emiliano, la zona di Comacchio. Pasini sceglie la parte confinante tra Piacenza, Parma, Reggio e Mantova, ma l’effetto straniante è lo stesso. C’è anche la mia Bologna, per un pezzettino, e perdonatemi, ma per me vale già un punto (il mio campanilismo è viscerale, ma dovete essere nati a Bologna per capirlo n.d.r.). Proseguiamo. La qualità dell’italiano e dello scrivere è già un altro tassello notevole che Pasini mette sul piatto. Il passare sinuoso dalla parlata comune ai dialetti locali, i dialettismi citati senza farli diventare macchietta linguistica. Poi i paesaggi, grandi protagonisti di questo romanzo assieme all’intreccio. Di questo vi parlo tra poco. Sono rimasto affascinato da come Pasini con poche parole dipinga i desolati (per i più) paesaggi del Polesine che appaiono deserti, ma che sono vivi e colmi di presenze: animali, vegetali e umane. Umani in certi casi disumanizzati dal mondo esterno, ma riammessi tra i normali da coloro che non si curano dei tic, o delle urla, o dei comportamenti poco urbani, ma che badano alle cose sode, alle persone oltre le apparenze. Luoghi che sembrano repulsivi, ma che mostrano più accoglienza e amore di quanto immaginabile. Ed è vero. Girate d’estate per alcuni di questi paesini appiccicati all’argine. Passeggiate sotto i loro portici, entrate nelle barosterie: un Radames, un Quinto, una Solidea (ma anche un Wolmer, Jaures o Nario – terzo figlio dopo Rivo e Luzio) non ve li toglie nessuno. Come non vi sarà difficile essere oggetto di un brindisi o capitare in mezzo a una discussione per un punto perso a tresette.
L’intreccio, dicevamo poco fa. Intricato. Complesso e carico di rimandi e infiltrazioni che Pasini deve avere un bel quadernone con tutte le freccette al punto giusto per potercisi raccapezzare. Sono quelle volte in cui mi rendo conto che sono queste le cose che mettono un solco tra uno che scrive un giallo e un altro. La trama è fondamentale. La capacità di scrivere bene è un altro caposaldo, ma se non si ha una bella trama serve a ben poco. Pasini mette in un calderone tanti ingredienti e con la stessa capacità culinaria di chi sa preparare “un brodo in terza e in quarta” (cit) mescola e prepara una serie di piatti da leccarsi le dita.
Potrei continuare a scrivere, perché i bei libri si portano dietro le parole con facilità, ma preferisco chiudere qui. Se non volete lasciarvi scappare una vera chicca, vi consiglio caldamente questo libro. Roberto Serra vi aspetta e con lui tutti gli strani elementi che vivono a Pontaccio.
Michele Finelli
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Lo scrittore:
Giuliano Pasini è nato a Zocca nel 1974 e vive a Treviso. Ha esordito nel 2012 con il romanzo Venti corpi nella neve che ha ottenuto un notevole successo di pubblico. “Nuova stella del thriller italiano” per il Corriere della Sera, ha pubblicato con Mondadori la seconda avventura di Serra Io sono lo straniero e ha partecipato all’antologia Alzando da terra il sole. I suoi romanzi, tradotti in Germania, Austria e Svizzera, si sono aggiudicati il Premio Mariano Romiti, il Premio Massarosa, il Premio Provincia in giallo, il Premio Sapori del Giallo e il Premio Lomellina in giallo.