Intervista a Maurizio De Giovanni

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(c) Francesco Saverio Fienga
(c) Francesco Saverio Fienga

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Ho conosciuto fuggevolmente Maurizio De Giovanni al Salone del libro di Torino 2016, prima che salisse sul palcoscenico ad incantare tutti con la lettura di quello splendido brano, tratto dall’ultimo romanzo “Serenata senza nome”.
E’ stato per me un momento di grande emozione, ed immaginate quante domande avrei voluto porgli! Siccome non era possibile, data la situazione, ci provo ora, anche se gli argomenti ormai sono talmente tanti…che ci vorrebbero almeno tre interviste, per soddisfare tutte le curiosità del suo mare di lettori.
Pongo le domande in prima persona, perché credo di fare mie quelle dei suoi fans – e di molti amici ed amiche!

1.I lettori hanno iniziato ad amare De Giovanni ed il suo stile di scrittura assolutamente unico, conoscendo il Commissario Ricciardi ed il suo mondo.
Come è nata in lei l’idea di questo personaggio, così “speciale” e calato in quegli anni?
R. Ricciardi è un personaggio casuale: viene dall’iscrizione per scherzo di alcuni amici a un concorso, al quale non volevo nemmeno partecipare; il concorso si teneva al Gambrinus, un caffè storico della mia città decorato in un originale e meraviglioso stile liberty. Mi venne in mente di ambientare la storia negli anni Trenta, e di dare al protagonista quella strana facoltà che gli è così peculiare perché una bambina, dalla vetrina, mi fece una smorfia senza che nessuno la vedesse. Tutto un caso, insomma, ma molto fortunato per il sottoscritto perché da allora Ricciardi non ha mai smesso di raccontarmi le sue storie, e io a mia volta di raccontarle ai lettori.

2.Mi risulta che lei sia letto indistintamente da un pubblico maschile e femminile – forse il secondo è un po’ in maggioranza. Non temeva (allora) che dato l’argomento ed il modo di narrarlo, sarebbe stato bollato come un romanzo più “da donne”, nonostante la trama gialla? Perché c’è molto amore, molto sentimento, in tutte le sue storie e gli uomini, si sa, vogliono sembrare dei duri anche nelle letture!
R. Sarei onorato e felice di essere descritto come uno scrittore per le donne. Sono le donne a leggere in assoluta maggioranza la narrativa, e sono le donne a possedere la sensibilità di lettura maggiore; perché mai dovrebbe essere una limitazione? Posso però rassicurarvi da questo punto di vista, perché ho anche molti lettori appassionati che preferiscono la serie dei Bastardi di Pizzofalcone ma che sono vicini anche a Ricciardi. Chi l’ha detto che a noi uomini non piaccia parlare d’amore?

3.Il fatto di ambientare le storie intorno al 1930, anni del Fascismo, è stato per lei frutto di lungo lavoro di ricerca? Mi riferisco soprattutto al modo napoletano, più che al nostro paese, alla Storia in generale…
R. Faccio molte ricerche per Ricciardi, e sono aiutato da un fantastico gruppo di angeli custodi che mi danno una mano enorme. Mi piace essere rigoroso nell’ambientazione e il fatto che a oggi, dopo nove romanzi e una quindicina di racconti, non sia mai emerso un errore significativo mi onora e mi rassicura sulla bontà del lavoro svolto.

4.Spesso gli scrittori, interrogati su quale dei loro romanzi preferiscano, rispondono: “L’ultimo”. C’è uno dei suoi romanzi su Ricciardi che lei preferisca, perché magari legato a qualche motivo particolare?
R. Non è facile rispondere a questa domanda, più che altro perché per me tutti i romanzi sono pezzi della stessa storia e quindi ho difficoltà a considerarli individualmente. Forse il più difficile da scrivere è stato “Il giorno dei morti” perché lo sfortunato protagonista era un bambino, il piccolo Tettè, e raccontare delitti che hanno come vittima l’infanzia è molto doloroso per me che sono padre. Un romanzo duro e straziante, che ho tuttora difficoltà a rileggere: ma forse proprio per questo è il più accorato e commovente, a quanto i lettori continuano a testimoniarmi.
Ed ora, una domanda un po’ impertinente, a cui spero vorrà rispondere.

5. Eccola: qualcuno- dico io: sicuramente per una forma di invidia del suo successo (I fans difendono sempre i loro beniamini!), afferma che le sue storie siano costruite a tavolino apposta per commuovere i lettori e le lettrici. Perché quando uno scrittore capisce ciò che il pubblico vuole, lo accontenta. Può essere, ma io credo che una persona, per scrivere certe storie, certi dettagli, debba avere un cuore non comune, successo o no. Sbaglio? Mi dica il suo pensiero in proposito.
R. Magari esistesse una ricetta costruibile a tavolino per avere la certezza di commuovere i lettori! Sarebbe utilizzata a piene mani da ogni scrittore, le pare? Credo che il metodo per trovare una corrispondenza di sentimenti sia uno solo, cioè provarli in prima persona. Io scrivo con una grande partecipazione affettiva nei confronti dei miei personaggi, che amo tutti indistintamente, anche i minori, anche quelli che vengono fuori per mezza pagina. Un segreto che non è un segreto, insomma: ma che funziona benissimo.

6.Dopo avere pianto con Maione e la sua storia, sofferto con Ricciardi per i suoi amori mai concretizzati, tifato per Enrica, provato tenerezza per Bambinella…arrivano i Bastardi. Come mai questo cambiamento di rotta? Temeva che storie svolte nel passato- seppure abbastanza recente – potessero venire a noia?
R. No, tutt’altro: ho dovuto convincere l’editore, che in un primo momento ha insistito perché scrivessi ancora di Ricciardi dato il successo del personaggio. Ma io avevo voglia di esplorare narrativamente anche la realtà contemporanea, quella che mi circonda e nella quale vivo. Non potevo perdere l’occasione di guardarmi attorno, utilizzando gli strumenti che avevo imparato a usare con Ricciardi, e l’ho fatto.

7.Non so i suoi lettori, ma io ho avuto un attimo di ribellione a non ritrovarmi sulle pagine i “miei” personaggi che amavo. Quando uno scrittore lascia un terreno sicuro e cambia personaggi, epoca, spiazza un po’ il suo pubblico. Per questa serie si è ispirato a qualche ambiente conosciuto?
R. Sono convinto che se i Bastardi fossero stati scritti sotto pseudonimo, come avrei voluto, o da un altro scrittore non avrebbero dovuto superare la “gelosia” letteraria dei miei lettori, un sentimento che ha ritardato almeno di un romanzo il successo della serie. Oggi però posso garantire che sempre più spesso incontro gente che si dice delusa dal fatto che sia uscito un Ricciardi e di dover ancora attendere per Lojacono e i suoi.

8. Una volta entrati nell’atmosfera, è bastato poco per affezionarsi allo stesso modo a questi poliziotti strampalati, ciascuno a suo modo, e a farli nostri. Si amano tutti, indistintamente. I suoi lettori aspettano la prossima storia per sapere ad ognuno che cosa accadrà.
Palma, Pisanelli, il “cinese”, Hulk, Ottavia, Alessandra, Marco Aragona. Sono tutti inventati, o qualcuno ha radici nella realtà? Ricalca persone conosciute?
R. Non mi piace inventare personaggi ispirati a persone realmente esistenti. Perché perdere l’opportunità di evadere dalla banalità del reale? E’ inevitabile però che i personaggi rubino qualche caratteristica a persone conosciute, amate o odiate nella vita, come da personaggi letterari o di film visti. A volte mi diverto io stesso a cercare queste caratteristiche e attribuirle a persone veramente incontrate, ma è molto difficile.

9. Questa è certo una domanda “di rito”, ma la scrivo ugualmente. Tutti sono in attesa fremente della serie televisiva, sperando nella fedeltà ai testi originali. Sarà arduo rendere certa poesia, certi struggenti momenti del testo scritto, ma attendiamo fiduciosi. A quando la trasposizione sulla schermo del nostro Ricciardi? Sono certa che moltissimi fans lo vorrebbero sapere.
R. Un piccolo scoop per lei: ci stiamo già lavorando. Sarà una serie per Rai Uno, e credo che non deluderà i tanti lettori. Almeno, lo spero.

10. Ed infine: a quando una nuova storia scritta, degli uni o dell’altro, purché ci sia?
R. In… cottura la prossima storia dei Bastardi di Pizzofalcone, in uscita per Natale. Il titolo sarà “Pane per i Bastardi di Pizzofalcone”, e spero sia buona. Lo spero proprio. Grazie per l’attenzione, e un affettuoso abbraccio a tutti i lettori!

Intervista a cura di Rosy Volta