Daniel Silva – La vedova nera

2395

Editore Harper&Collins
Anno 2017
Genere Thriller
477 pagine – brossura e ebook
Traduzione di G.C. Acunzoli
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Ritorna Daniel Silva, lo scrittore americano originario del Michigan, già autore de Il caso Rembrandt, L’angelo caduto e La ragazza ingleseUna spy-story mozzafiato, nomade, passando dai campi in Siria fino ad arrivare a Washington, con un magistrale insegnamento di tensione nell’episodio del Cafè Milano a Georgetown. Profetico.
La storia.
Ritorna all’azione Gabriel Allon, leggendaria spia e capace restauratore ebreo di madrelingua tedesca al servizio del Mossad che mai è nominato in verità nei libri di Silva, ma viene appellato semplicemente come l’Ufficio.
Ferito e sconfitto nel corso degli anni negli affetti più profondi a causa del terrorismo, Allon sta per diventare il nuovo capo dell’intelligence israeliana, ma proprio alla vigilia della promozione, un sanguinoso attentato dell’Isis richiede la sua presenza sul campo un’ultima volta: il governo francese è in difficoltà e ha chiesto il suo aiuto per eliminare il responsabile della strage prima che colpisca di nuovo.

Si tratta di un terrorista noto come il Saladino, un fantasma sfuggente di cui non si conosce nemmeno la nazionalità. La sua rete di contatti è protetta da un sofisticato sistema di crittografia che gli permette di comunicare in assoluta segretezza, talmente impenetrabile da non lasciare ad Allon altra scelta che ricorrere a un agente sotto copertura all’interno di quella che è senza dubbio l’organizzazione più pericolosa che il mondo abbia mai conosciuto.
L’inganno, è la chiave del romanzo. Come diceva Niccolò Machiavelli “Sono tanto semplici gli uomini e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare“.
E in questo crede anche Allon, il quale, in seguito a una serie di attentati sanguinosi a Parigi (a tal proposito, lo stesso autore rivela nella prefazione che quanto è stato scritto nel libro è risultata essere una tragica previsione di quanto poi è accaduto nella città francese con le successive rivendicazioni firmate ISIS) decide di infiltrare un suo uomo all’interno della cellula che fa a capo al feroce Saladino, nomen omen, l’aggettivo pure, così come ciò che rievoca di storico e drammatico.

Entra così in gioco sullo scacchiere della partita, il pezzo più importante -insieme a Mikhail Abramov, spia e sicario dei servizi segreti israeliani-, la mossa che deve dare scacco matto al terrorista: Natalie Mizrhai. Una dottoressa ebrea che lavora in un centro traumatologico di I livello fuori Gerusalemme. Di origini algerine, si è trasferita in Francia da bambina con i suoi genitori e quando lei era una giovane donna, la famiglia si era trasferita in Israele. Natalie viene reclutata e ritenuta idonea ad essere infiltrata perché parla l’arabo abbastanza bene per impersonare un palestinese. I suoi occhi scuri sanno nascondere l’inganno e il medico si presenta in veste di vedova nera (così sono chiamate le donne kamikaze cecene) moglie di un uomo sacrificatosi per la Jiahd e pronta a farsi esplodere per la causa di Saladino.

Inizia così un lavoro dall’esterno e dall‘interno tra Allon e Natalie, fatto di giochi sottili, di rischi calcolati e di improvvisazioni al limite. Il rischio è altissimo. Se Natalie verrà scoperta, sarà decapitata. Questo talk and think tra i due è uno dei punti forti del romanzo, i protagonisti costruiscono una collaborazione solida, di cuore verso la missione, anche se lontani. Dialoghi a cuore aperto e a parole asciutte, essenziali. Natalie è abituata a stare in bilico su un filo incerto, vivere condizioni difficili e diverse. La continua diatriba tra palestinesi e ebrei marchia anche il suo quotidiano. Si trova costretta per esempio, ad attendere una navetta per raggiungere il posto di lavoro, visto che le è precluso di mettere l’auto nel parcheggio degli altri dottori.

Estranea, con un’identità di compromesso, senza poter essere se stessa. La sua missione inizia già tornando a casa. Ad attenderla, una donna che le chiede di sedersi, come fosse una semplice chiacchierata tra vicine. Lo spionaggio può essere una branca buia del quotidiano. Prima accarezza e poi invade una vita imponendole un nuovo battere del tempo e un nuovo orologio su cui scandire le ore. Natalie si ritrova ad essere da medico a infiltrata nell’attimo in cui varca la soglia di casa. Senza esserne ancora cosciente, lei è già sullo scacchiere dell’Ufficio.
Gabriel tornò a guardare il villaggio palestinese sul colle.
«Mi dica una cosa, Natalie: in che lingua sogna?»
«In francese.»
«Mai in ebraico?»
«No, non ancora.»
«Non le è mai capitato? Neppure una volta?»
«No, mai. Gliel’ho detto.»
«Molto bene» concluse Gabriel, gli occhi ancora puntati sul villaggio.
«Se è così, forse dobbiamo continuare questa conversazione
in francese.»

Questo dialogo tra Natalie e Gabriel, può riassumere l’intera struttura del libro. La maschera dell’inganno e il pensiero, l’azione, individuali. Si interpreta un ruolo, non si diventa mai quel ruolo. Il pericolo dell’ossessione, dell’immedesimazione è sempre incombente, subdolo, disarmante. I pezzi muovono sulle caselle della scacchiera allestita dall’Ufficio. Natalie è nel mezzo, protetta, ma anche indifesa. La scrittura brillante, energica e profonda di Silva fa il resto.
Il lettore, al contrario di Natalie, deve calarsi dentro tutta la real-fiction del romanzo, deve scavare l’animo dei personaggi attraverso i dialoghi curati, dentro le ricostruzioni storiche e artistiche, accanto a qualcosa che è più grande dell’uomo stesso e che vive dalla notte dei tempi. L’abbraccio tra la bellezza e il dolore, mentre l’inganno più grande, la realtà, osserva, brutale.

Andrea Novelle e Gianpaolo Zarini
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Lo scrittore:
Pluripremiato autore regolarmente ai primi posti della New York Times Bestsellers List, Daniel Silva ha raggiunto il successo grazie alla fortunata serie che ha come protagonista Gabriel Allon, pubblicata in oltre 30 paesi. Membro del Consiglio dell’Holocaust Memorial degli Stati Uniti, vive in Florida con la moglie, la giornalista Jamie Gangel, e i due figli Lily e Nicholas.