Rudolph Fisher – Dark Harlem in blogtour

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Prosegue il blogtour libresco e dopo essere stato ospite de La Bottega del Giallo e Thriller Nord, ci troviamo oggi a parlare del romanzo di Rudolph Fisher, Dark Harlem, nella Collana Darkside di Fazi Editore, con la recensione in anteprima:

Posso quasi sentirlo. Il freddo, sulla pelle. Il buio tutto attorno. Una di quelle notti gelide d’inverno che non invitano a mettere il naso fuori di casa. Ma non qui: alle porte di Harlem, la notte sembra farsi più tiepida e meno minacciosa. Saranno le risate. Le luci. La musica. I passi svelti che si rincorrono sull’acciottolato. In alcune strade però, l’atmosfera si fa spettrale. Un silenzio di tomba. L’oscurità. E la luce asettica dei neon. Alti palazzi dall’aspetto sinistro. E’ da uno di questi che esce correndo un giovane uomo di colore che entra a gran velocità nel palazzo di fronte, alla ricerca di un dottore, con il quale fa ritorno dopo pochi minuti.

Un uomo è morto, nel proprio appartamento. Si tratta di Frimbo, circa 35 anni, originario dell’Africa, discendente da generazioni di re del Buwongo, emigrato in America, dove ha compiuto gli studi. Conosciuto nel quartiere come una specie di stregone, operava nel settore dell’occultismo ed era famoso per riuscire ad esaudire le richieste dei suoi clienti, tra le quali riuscire a leggere la vita sui loro volti.

Dopo una prima analisi il Dr Archer fa spostare il corpo in un locale al piano di sotto e fa chiamare la polizia. Perry Dart è uno degli agenti di colore che per primi sono stati promossi detective. È nato a Manhattan. Ha un cervello brillante, vigile e pratico. È piccolo di statura ma con lineamenti fini e attraenti. Più o meno ha la stessa età della vittima e del dottore, con il quale instaura da subito un’intesa che li porterà a collaborare durante l’indagine. Perché di questo si tratta. Di scoprire chi è stato ad uccidere Frimbo, che presenta una ferita non mortale alla nuca, e un fazzoletto spinto in fondo alla gola, ma che sembra essere morto proprio durante il colloquio con un cliente. E’ su quest’ultimo e sulle altre persone presenti nella sala d’aspetto quella sera, in tutto cinque uomini e due donne, oltre al servitore della vittima, che si concentrano gli interrogatori. Attraverso ipotesi e smentite si cerca di arrivare alla verità fino a che succede un fatto inatteso. Riuniti nella sala dove il morto lavorava, le luci si spengono. Si sente una voce. E quello che avviene è un fatto piuttosto straordinario, irreale, al quale non è facile dare una spiegazione.

Devo confessare che questa è stata una lettura molto interessante. Ma anche divertente.

Interessante perché l’autore, con questo romanzo, ci racconta di un’ epoca, tra gli anni Venti e i primi anni Trenta, e di una comunità, quella di colore, nel quartiere di Harlem. Attraverso le storie dei personaggi veniamo a conoscenza dei sogni ma anche delle difficoltà di quel periodo. Ad esempio, per alcuni, l’ardua ricerca di un lavoro. Il sogno della ricchezza grazie alla fortuna, alla vincita. La superstizione. La speranza o la disperazione di trovare incantesimi per sconfiggere malattie reali alle quali ci si rifiuta di dare un nome.

E’ stato divertente perché l’autore è dotato di un’ironia cha appartiene alla maggior parte dei personaggi, compresi i protagonisti, il detective Dart e il dottor Archer, ma soprattutto Bubber Brown, che è uno degli uomini presenti nella sala d’aspetto, che corre fuori alla ricerca del dottore e che non perde mai occasione di strappare una risata con i suoi modi di fare e con le sue battute spiritose, pungenti e spontanee.

La scrittura è attuale e scorrevole, fila liscia come la trama trasportandoti dentro le indagini senza farti sentire il peso di una storia scritta quasi un secolo fa. Dark Harlem è un romanzo che si legge velocemente spinti dal desiderio di sapere chi è stato. La curiosità di formulare ipotesi insieme agli investigatori aumenta dopo che essi hanno smontato i tuoi sospetti. E oltre a voler sapere chi, c’è anche l’interesse di capire come siano riusciti a farlo.

Questo che è considerato il primo giallo scritto da un uomo di colore, Rudolph Fisher, che era un medico e divenne famoso come scrittore della Harlem Renaissance degli anni Venti e dei primi anni Trenta, secondo me vale la pena di essere letto. Anche per riavvicinarsi ad un’idea di giallo classica dalla quale, almeno io, mi ero allontanata.

Il blogtour prosegue!

17 novembre – I personaggi a cura di 50/50 Thriller
20 novembre – I motivi per leggere il romanzo di Penna d’Oro

Articolo a cura di Federica Politi