Harald Gilbers – I Figli Di Odino

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Editore Emons Collana Gialli Tedeschi
Anno 2017
Genere Giallo/Noir
416 pagine – brossura o ebook
Traduzione di Giovanni Giri
Titolo originale: Odins Söhne


Ci sono case editrici che fanno scelte decisamente interessanti e ci permettono di venire a patti con scrittori, stili ed ambientazioni che altrimenti non avremo modo di vivere. Iperborea è una tra le mie preferite – essendo io un vichingo mancato – ma da un paio d’anni a questa parte un pezzo del mio cuore di lettore se l’è preso Emons. No, non ho una royalty e nemmeno sto facendo quello che oggi – con quella smania d’esterofilia che sempre ci contraddistingue – chiameremo un “endorsement”: sto semplicemente dicendo una verità inconfutabile (è mia, d’altronde), ovvero che Emons sta sempre più dimostrando di aver preso una strada ben definita e di volerla seguire con molta attenzione, costi quel che costi. Lo fa mettendo a disposizione del lettore un mondo – quello germanico – che ha scrittori decisamente fuori dal comune sia nel bene che nel male (cum grano salis, ovviamente). Così, anche stavolta, dopo aver avuto una nuova esperienza di lettura con l’ultimo di Friedrik Ani, ecco che mi capita tra le mani Harald Gilbers e mi ritrovo a spiluccare le pagine di quella che è la seconda avventura del commissiario Oppenheimer (nome su cui grava una potente memoria storica… una mentina succhiata a chi si ricorda chi sia l’Oppenheimer storico). Cominciamo allora.

L’ambientazione è di certo la prima cosa particolare di questo libro. La scelta temporale e locale – la Berlino nazista dei primi mesi del 1945 quando l’Armata Rossa è oramai alle porte ed Hitler è consapevole di una disfatta imminente – pone già dei limiti d’azione non indifferenti se pensiamo che il protagonista è Richard Oppenheimer, già noto commissario, che però non può più indagare. Dall’arrivo di Hitler alla testa del paese, come molti altri ebrei nel suo paese, è stato rimosso dall’incarico. Solo il suo matrimonio con una ariana lo protegge dalla deportazione in un campo di concentramento. Ha scelto di cambiare nome in Hermann Meier vivendo di una falsa identità grazie all’aiuto di una amica, Hildegard von Strachwitz, Hilde, anch’essa tedesca e ariana e, non di meno, moglie del dott Erich Hauser il quale lavora presso il campo di concentramento di Auschwitz dove porta avanti non ben identificate attività di ricerca medica. Ora Oppenheimer è di nuovo chiamato in causa poiché ad essere accusata d’omicidio è proprio Hilde e la vittima è niente meno che suo marito, il dottor Hauser. Se a tutto questo aggiungete anche l’inevitabile setta segreta nazista c’è roba da vendere, ma non è tutto oro quel che luccica.

La trama, inizialmente, è interessante ed accattivante anche se si dipana solo – si fa per dire – attorno a un unico omicidio; vi troverete una buona varietà di collegamenti e numerosi spunti storici tra cui quello relativo agli infami esperimenti cui vennero sottoposti i prigionieri di Auschwitz nonché la passione per l’occultismo che aveva attecchito in varie forme e a diversi livelli all’interno delle gerarchie del Reich. Bene, tutte queste nozioni mostrano una notevole conoscenza storica di certo figlia della laurea in Storia di Gilbers: peccato che, il più delle volte, queste digressioni diano l’impressione di non arrivare al punto, di rimanere estemporanee, slegate dal contesto.

Quello che rende molto è l’atmosfera generale: se già in un thriller classico può essere claustrofobica, qui siamo nel cuore di Berlino, sotto la minaccia di un Hitler oramai all’estremo e quindi – se possibile – ancor più letale; il tutto dona al racconto un sentore di oscurità e soffocamento. La popolazione teme la follia del Führer, il bombardamento intensivo sulla città, i rastrellamenti degli ebrei: abbiamo una cruda fotografia di come i berlinesi possano aver vissuto quel momento storico. Il contesto della storia sarebbe già di per sé ottimo, qualcosa da cui è difficile non lasciarsi travolgere, ma lo scenario, la posta in gioco, il contesto storico, i protagonisti mostrano un lato esposto: non c’è nessuna osmosi tra questi elementi. Che sia per via dell’abuso di Pervitin, la metanfetamina diffusa all’epoca e ampiamente consumata anche dal nostro Oppenheimer?

Alla fine questo romanzo si è rivelato ambivalente: da un lato non ha soddisfatto le sue ambizioni, o almeno quelle che ha messo in campo e che il mio sentire di lettore gli pretendeva. Dall’altro ha mostrato una più che buona qualità nel descrivere gli intrighi e le bassezze, la caccia alla verità ed ho amato molto la fedele ed ottimamente documentata descrizione della vita quotidiana dei tedeschi nella loro capitale oramai in preda al caos. Di certo qualcosa di nuovo da leggere del quale ringraziare Emons.

Michele Finelli

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Lo scrittore:
Harald Gilbers (Monaco di Baviera, 1969) ha studiato letteratura inglese e storia moderna e contemporanea. Prima di diventare regista teatrale, ha lavorato come giornalista delle pagine culturali e per la televisione. I suoi gialli sono tradotti in francese, polacco, danese e giapponese. Il primo romanzo della serie dell’ex commissario Oppenheimer, Berlino 1944. Caccia all’assassino tra le macerie (pubblicato da Emons nel 2016), ha vinto il Glauser Preis 2014, uno dei più importanti riconoscimenti per i gialli in Germania, mentre il secondo romanzo, I Figli di Odino, ha ottenuto in Francia il Prix Historia 2016.