Joyce Carol Oates – Il collezionista di bambole

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Editore Il Saggiatore
Anno 2018
Genere Horror/Noir
272 pagine – brossura e ebook
Traduzione di Stefania Perosin

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I libri gialli nascono dal profondo mistero della vita. E, a loro volta, i libri gialli ci permettono di indagare questo mistero con più lucidità, da prospettive nuove.

Ho appena terminato la lettura dei sei agghiaccianti racconti neri che compongono l’ultimo lavoro della Oates pubblicato in Italia dal Saggiatore e ancora provo emozione, tensione e non ultima, ammirazione. Non molto tempo fa della stessa autrice avevo letto “Il paese delle meraviglie”, (recensito proprio per Contorni di noir), e che l’America non fosse un paese meraviglioso, già la Oates lo aveva fatto intendere. Da questi racconti, uno diverso dall’altro, uno più teso dell’altro, il territorio americano senza dubbio esce pervaso da una follia sconcertante, ma quotidiana, domestica, oserei dire ‘prevedibile’ ma ugualmente pericolosissima. E mi chiedo: qui da noi, che NON siamo l’America, è così diverso?

No.

L’ambientazione, e forse i colori dei tramonti, così come i deserti dell’Arizona, i capannoni abbandonati o le piccole città sorte nel nulla, sono diversi, ma le angosce umane sono ovunque le stesse. E quindi non definirei mai la Oates solo un’autrice americana, ma piuttosto un’autrice universale. Le tematiche che la scrittrice tratta nei suoi romanzi non mi sono sconosciute. Vedo il telegiornale, leggo i quotidiani. Sembra banale dire “la realtà supera la fantasia”, ma è proprio così. Nella vita accadono fatti che non si riescono a giustificare, a spiegare, ad anticipare. La follia è tra noi, il territorio ce ne parla, ci mette in allarme, ma noi non sempre riusciamo a coglierne i segnali e nemmeno gli autori noir riescono a rendere udibile questo grido di dolore.

Una pericolosa pazzia può nascondersi nel cuore di uno studente all’apparenza mansueto che ha una certa passione per le bambole abbandonate… può scaturire, devastante e imprevedibile, nella famiglia di un’amichetta di nostra figlia, o covare silenziosa, ma terribilmente feroce, nel tranquillizzante volto di un libraio antiquario che indossa giacche di tweed, oppure…. annidarsi proprio nel nostro coniuge. Qui, nel mondo della Oates, l’assassino non è il killer professionista e senza anima delle spy stories, o il crudele eliminatore seriale… Può essere anche questo, ma chi uccide, qui, è in realtà il braccio armato di una società che è essa stessa un cancro per gli umani che la compongono. Una società personificata e corale, dall’anima putrefatta.

E’ per mancanza d’affetto che una adolescente finisce tra le spire di un mostro. Sua madre non ha capito quanto la figlia si senta sola, anche perché deve lavorare tutto il giorno per mantenerla e non riesce a fare altro che ammonirla in malo modo contro i pericoli… nei quali immancabilmente finisce. E’ il trauma della perdita di un affetto in giovane età a generare un serial killer nemmeno consapevole di esserlo… è il bisogno di affermazione e di amore a far scegliere alla Moglie il Marito sbagliato, quello che di certo la tradirà e forse anche la ucciderà. Questo un po’ il filo rosso, l’attenzione a una certa tenerezza di sentimenti, a una morbidezza da panno lenci di bambola, che sottende la crudeltà del delitto. Ci sono motivazioni che possono anche apparire valide, come il bisogno d’amore, ma che non devono portare al delitto, ma che in nessun caso sono giustificabili. E quindi, di chi è la colpa? I disagi, le richieste d’amore continue annidate nei cuori di questi orribili assassini sono così difficili da sentire per prevenire gli orrori descritti? Non abbiamo tempo di sentirli? Questo è il noir: segnalare cosa si nasconde dietro il male.  

Questa è la paura.

Sì, la Oates riesce ad impaurirci, a metterci da subito sulla strada dei rischi che i protagonisti stanno correndo. Noi lettori speriamo che le cose non vadano come la consumata autrice ci ha fatto da subito intuire, e invece… senza nemmeno troppe spiegazioni, anzi provocando la nostra capacità di comprensione e la nostra immaginazione visto che non sempre esplicita gli accadimenti ma li fa solo intuire, ecco che ci porta nel fulcro del terrore… e il tutto si compie proprio come temevamo. L’atto di uccidere è completo di per sé, e non ha bisogno di ragioni per essere messo in atto, come qualsiasi altra opera d’arte.

L’abilità della Oates, che scrive in modo semplicissimo ma mai basso, è surrogata da una conoscenza della materia, del NOIR. I lettori di questo blog, che è dedicato al genere giallo nero poliziesco, dovrebbero assolutamente leggere almeno l’ultimo dei sei racconti neri della Oates: è un piccolo compendio di storia della letteratura nera anglosassone. Due librai, collezionisti di testi del genere nero, si misurano sul terreno letterario e raccontandosi episodi in cui uno contiene un altro, come le bambole russe, le matrioske, dalla Madre al Seme, ci indicano titoli, autori, percorsi che non possiamo evitare di seguire se davvero vogliamo dirci appassionati di questa letteratura. Ho molto apprezzato che nel compendio siano stati menzionati, oltre ai grandi, anche la meno nota Josephine Tey una maestra del genere, e il mio idolo Charles Dickens. Leggete la Oates! Quest’anno ha compiuto 80 anni, un piccolo omaggio se lo merita.

Elena e Michela Martignoni

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La scrittrice:
Joyce Carol Oates è una scrittrice americana. Per il Saggiatore sono usciti Ragazze cattive (2004), Per cosa ho vissuto (2007), La ballata di John Reddy Heart (2010), Acqua nera (2012), Una famiglia americana (2014), Zombie(2015), Jack deve morire (2016) e la quadrilogia Epopea americana (2017): Il giardino delle delizie, I ricchi, Loro e Il paese delle meraviglie.