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Parte oggi il blogtour del nuovo romanzo di Giuseppe di Piazza, “Il movente della vittima”, pubblicato da HarperCollins Italia. Tappa del nostro blog è l’intervista, nella quale ci faremo raccontare qualche anticipazione, in attesa dell’uscita prevista il 21 marzo e già prenotabile sugli store on line.
Responsabile dell’edizione romana del Corriere della Sera, Giuseppe Di Piazza è stato a capo di Sette, Corriere della Sera Magazine e Max. Comincia la carriera giornalistica nel 1979 a L’Ora di Palermo. Dal 1986 al 2000 è al Messaggero. Qui è capocronista, editorialista, caporedattore centrale. Dalla fine del 2000 approda a Milano, in Rcs. Ha pubblicato quattro romanzi e fatto diverse mostre fotografiche. Malanottata ha vinto il Premio Cortina d’Ampezzo 2018
1. Benvenuto, Giuseppe. Come ti è venuta l’idea per questo nuovo romanzo?
G.: Devo l’idea iniziale ai racconti che mi faceva mio padre sulla Palermo anni Sessanta. Ero affascinato dall’idea che in un albergo si potessero nascondere segreti duraturi.
2. Leggendo “Il movente della vittima”, come in “Malanottata”, si ha la sensazione di venire trasportati e inglobati nella realtà siciliana, la tua carriera da giornalista è iniziata proprio lì, per poi viaggiare tra Roma e Milano. Come mai questo “ritorno in patria” in ambito letterario?
G.: Per me Palermo resta il primo luogo dell’immaginario. L’ho lasciata 35 anni fa, ma emotivamente, quando mi abbandono alla fantasia, è quello il set dove immagino le mie storie. A Palermo ho cominciato a fare il giornalista, facendo rapidamente i conti con la morte e la paura, con l’amore e le passioni.
3. Il protagonista del tuo romanzo è un giornalista di inchiesta soprannominato “Occhi di sonno”, quanto della tua esperienza come professionista e delle tue emozioni provate sul campo ci sono in Leo Salinas?
G.: Ci sono tracce della mia esperienza palermitana, dove ho fatto il cronista dal ‘79 all’inizio dell’84. C’è il ricordo di quella città, sanguinosa e dolce, ma c’è anche tutta l’esperienza successiva che ho fatto lavorando nei giornali tra Roma e Milano. Le redazioni sono un microcosmo infernale e divertente.
4· ”Il movente della vittima” racconta il delitto di un avvocato in un hotel, l’ambientazione è violenta, cupa e percepita come reale. C’è qualcosa di vero alla base del romanzo? Ti sei ispirato a casi a cui hai lavorato tu stesso?
G.: No, è pura fiction. C’è semmai un omaggio implicito a un personaggio siciliano che alimentò tante leggende, un barone che visse tanti anni in un hotel del centro di Palermo frequentando il bel mondo. Il solo punto di contatto è che entrambi, il mio personaggio e il barone, hanno vissuto a lungo in albergo. Niente di più.
5· I due romanzi, “Malanottata” e “Il movente della vittima”, sono ambientati negli anni ’80, come mai questa precisa scelta?
G.: Gli anni Ottanta sono gli anni dei miei inizi professionali, della voglia di scoprire il mondo, e il mondo che mi trovai davanti era quello della seconda guerra di mafia, la guerra di sterminio condotta dai Corleonesi ai danni delle “famiglie” tradizionali palermitane. Mi sembra un bel modo di omaggiare la professione di giornalista, che allora si faceva senza cellulari, senza internet, senza social: noi avevamo soltanto gettoni del telefono, penna e taccuino.
6· ”Il Movente Della Vittima” è un thriller che spesso alterna due piani temporali differenti, questo personalmente aumenta l’interesse e il coinvolgimento, e alza il livello di complessità e di concentrazione che si deve avere leggendo un libro. Ma dal punto di vista dello scrittore, qual è la difficoltà più grande, se ce ne sono, nel raccontare una storia che ruota tra passato e presente?
G.: Onestamente è stato un romanzo che mi ha richiesto un certo lavoro di architettura. Avevo paura che le cose non fossero chiare, che la trama potesse sfuggire di mano al lettore. Spero di aver evitato questi ostacoli. La complessità, comunque, l’ho risolta con due scalette separate: quella di Leo Salinas e quella dell’avvocato.
7· Ora una curiosità, ci sono scrittori che scrivono le loro storie ovunque, nei bar, sul treno, per strada,.. Altri invece hanno bisogno di un luogo intimo e appartato, c’è un particolare luogo o tempo in cui ami scrivere le tue storie?
G.: Sono tra quelli che scrivono ovunque. Da giornalista sono abituato al frastuono intorno. E poi io scrivo con la musica in cuffia. Se invece dovessi indicare un luogo ideale dove scrivere, penserei però subito al mare. Una terrazza che guarda il mare, ecco, quello è il mio posto.
8· Oltre ad essere uno scrittore, giornalista e fotografo, sei anche un assiduo lettore? Leggi libri del genere di cui scrivi o ti piace variare?
G.: Sono un lettore disordinato e onnivoro. Per ora alterno Michael Connelly e Marco Aurelio.
Intervista a cura di Chiara e Laura Ricciardi, Sister’s books
Il blogtour prosegue qui:
15 marzo: estratto su 50/50 Thriller
18 marzo: I personaggi su Milanonera
19 marzo: Palermo, suggestioni e leggende su Thrillernord