Stelio Mattioni – Il Re ne comanda una

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Editore Cliquot Collana Biblioteca n. 6
Anno 2019
Genere Favola nera realistica
186 pagine – brossura e epub
Illustrazione di copertina di Riccardo Fabiani

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Il re ne comanda una Madamadoré,
il re ne comanda una!
Che cosa ne volete fare, Madamadorè,
Che cosa ne volete fare?
La voglio maritare Madamadorè,
La voglio maritare!
Con chi la mariterete, Madamadorè,
Con chi la mariterete?
Con un Principino Madamadorè
Con un Principino,
Entrate nel mio castello Madamadorè
Entrate nel mio castello!

Un frammento della famosa filastrocca Madamadorè potrebbe benissimo introdurre questa storia di Stelio Mattioni (e una simil Madamadorè compare anche nel libro, a suffragare questo accostamento).
Ma prima di sintetizzare la trama, si deve almeno fare qualche accenno sull’autore.
Stelio Mattioni nasce a Trieste nel 1921. Lavora come impiegato in una grande raffineria petrolifera e parte soldato durante la Seconda Guerra Mondiale. I suoi primi tentativi e avvicinamenti alla scrittura sono con la poesia e nel 1956 ne pubblica con il grande editore milanese Schwarz una raccolta dal titolo La città perduta. Purtroppo per lui, in questi anni ’50 si trova nel pieno fulgore della cultura triestina fatta da nomi quali Stuparich e Quarantotti Gambini. Ostacoli insormontabili che fanno optare Mattioni per la narrativa.
Destino vuole però, che una delle sue poesie sia notata da Bobi Bazlen, tra i fondatori della casa editrice Adelphi. Così nel luglio del 1968 la carriera di Mattioni nella narrativa incomincia da qualcosa che ha abbandonato. E in un certo senso, l’abbandono è un elemento che torna nei suoi romanzi, in ogni forma e aspetto possibili.
La storia di Il re ne comanda una, in breve.
Tina, moglie di Franco, fugge insieme alle due figlie, Pupetta e Millina dal marito alcolizzato e dalla monotonia della vita coniugale. Trova rifugio presso Orlando, il quale vive in una bolla distopica, domina una comunità un po’ famiglia e un po’ fabbrica ed è sempre alla ricerca di nuove compagne. Tina, alla ricerca di un mondo diverso, si rifugia presso questo strano signore autoritario e convinto del proprio potere e fascino. La casa di quest’uomo sarà purtroppo per Tina un mondo chiuso e il libro diventerà la storia della scoperta di questa isola inquietante.
Cliquot, seguendo la sua politica editoriale, ritrova e ripropone questa vicissitudine scomparsa anni e anni orsono dai cataloghi Adelphi.
Una trama che all’inizio ha una pennellata di neorealismo con un episodio semplice raccontato senza alcun lirismo, con la schiettezza di scrittura che si riscontrerà per l’intero romanzo.
Tina con le due bambine in disputa per il pagamento di un biglietto in più.
Una scena in bianco e nero come lo era quello del cinema dei De Sica, Rossellini, Visconti, Germi.
Un episodio che anticipa caratteristiche e situazioni che si vivranno in seguito. Pagine che hanno tocchi pirandelliani, kafkiani, della commedia dell’arte, che funzionano nel contesto anche se la penna di Mattioni risulta a tratti incerta, quasi guidata da un dilettantismo voluto per raccontare al meglio personaggi dilettanti di fronte alla vita.
D’altro canto, ci sono i tempi comici che finiscono col deformare il registro narrativo di una storia drammatica scegliendo il grottesco come consuetudine. Una scelta per nulla casuale di Mattioni, poiché il grottesco è un ingresso privilegiato per il reale intendimento dell’autore, ovvero la favola.
Il termine ingresso non è scelto random, dal momento che l’ambiente, le case, soprattutto la casa dove Tina crede di realizzare il suo desiderio di principessa, calano l’intera vicenda da una confusa realtà esterna a una realtà determinata, pianificata, regolata, completamente autosufficiente, in ragione di un patriarcale dispotismo.
Ogni situazione quotidiana, nel regno-fabbrica di Orlando, è codificata, preparata, allestita, anche nelle pratiche amorose.
Tutto, a partire dall’ambientazione, gioca le carte di un’inquietudine sottile cucita su una una storia leggera e tragica, con un personaggio enigmatico e duplice come Orlando, al contempo un Casanova e un Barbablu. Ogni personaggio, anche il più secondario, ha il suo ruolo all’interno di una trama in cui tutti sanno dove stanno andando e a fare cosa. Nella storia non si ravvede mai un barlume di luce, una qualche speranza e la scrittura arida e assente di ricercatezza è specchio di un fallimento che cresce, si protrae subdolo nelle vite dei personaggi fino a confluire in un finale già scritto e studiato, dove la libertà è un concetto lontanissimo, soltanto quello astratto dell’arte, quello impossibile da raggiungere dall’uomo per un proprio cambiamento, a rimediare l’ombra sempre costante del fallimento.

Andrea Novelli e Gianpaolo Zarini

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Lo scrittore:
Stelio Mattioni (1921-1997), impiegato e successivamente dirigente d’azienda, si fa conoscere nell’acceso ambiente intellettuale triestino del Dopoguerra grazie al volume di poesie La città perduta (Schwarz, 1956), e in tutta la penisola con la sua prima raccolta di racconti Il sosia (Einaudi, 1962). Approda al romanzo e alla casa editrice Adelphi nel 1968 con Il re ne comanda una e il sodalizio con l’editore prosegue per altri quattro titoli fino al 1980. Autore molto prolifico, ha collaborato con diversi altri editori scrivendo romanzi, racconti, poesie, saggi e divertissement, e la pubblicazione di opere inedite sta proseguendo ancora oggi.