Editore Odoya / Collana Odoya library
Anno 2020
Genere biografia romanzata
240 pagine – brossura e epub
Da dove si inizia a parlare di Poe? Ma, soprattutto, quando si finisce? Se mai ce ne fosse stato bisogno ecco che arriva il bellissimo libro di Campi a dare nuove motivazioni per reimmergersi nel mondo di un autore maestoso, ma tra i meno capiti e maggiormente vittima del mainstream quanto Edgar Allan Poe. Un autore che chiunque cita a sproposito perché – in un modo appiattente – è l’emblema dell”horror”, del racconto pauroso, del gotico.
Tre connotati letterari dei quali la stragrande maggioranza di chi ne parla non ne sa nulla. Figuriamoci di Poe. “Ah, ma Poe è un classico!“, certo, ma mai contestualizzato nella sua realtà di un’America senza storia e sull’orlo della Guerra Civile, America di cui il lettore da spiaggia di Poe (complici anche le raccolte dei suoi testi messe insieme con la stessa accortezza con cui si mettono via i mattoncini del Lego) non sa pressoché nulla, non la percepisce, non ne coglie i richiami nelle graffianti osservazioni e nei sottintesi sparsi tra le righe dei componimenti. Temevo, come in passato, di imbattermi in una “nuova” biografia: vado a Canossa dalla Contessa Campi perché ho ritrovato, tra le sue pagine, E. A. Poe. Senza fronzoli, ma con tanta sostanza, e una sorpresa finale.
Come dicevo, chiunque conosce Edgar Allan Poe, ma nessuno lo conosce davvero. Molti, come poc’anzi ho accennato, lo hanno scoperto tramite miscellanee assiemate come il Big Bang e ne associano la figura con l’altra visione mainstream: l’alcolista, pure drogato e perché no dedito al gioco, che ha scritto ispirato dalle sue millemila trasgressioni. E ancora: questo suo abito dello scrittore maestro del terrore e del mistero che lo pone quale creatore di questi generi quando in realtà una fetta molto ampia e importante della sua produzione letteraria sia di carattere satirico o addirittura comico. Se questa ultima rivelazione vi lascia con il viso di chi ha appena assaggiato un limone, allora il libro di Campi sarà un ottimo punto di partenza per riscoprire Poe.
A chi ha letto, nelle mie, un sentore di polemica, chiedo venia. Non nutro sentimenti pregiudizievoli nei confronti delle “antologie” (ce ne sono alcune davvero fatte molto, molto bene), ma è indubbio che abbiano concionato a creare quella idea per cui Poe è relegato solo in quei pochi temi che riguardano l’orrore. Sia ringraziata Campi, che nel raccontarci la sua vita ci rimette nella condizione di seguire una cronologia dell’uomo, prima che dell’autore. E la storia che ci racconta Campi è incredibilmente affascinante. Già solo pensare che il suo nome, quello di Poe, venga dall’Edgar presente nel Re Lear shakesperiano e che la sua vita sia stata legata, fin da fanciullo, al mondo del teatro vale la lettura dei primi capitoli.
Capitoli che vi scivolano davanti agli occhi con facilità, ma ricchi di aneddoti, immagini, sfumature e note che – come fili di trama – vanno a intrecciarsi a quelli che conoscevate, aggiungendo all’uomo Poe uno spessore che dubito chiunque – lo scrivente compreso – fosse in grado di preconizzare.
Ecco, le biografie, quelle belle, che come questa sono in grado di farci scoprire che Poe è foriero di fantasie molto meno scontate di quanto si pensi e da subito, in media res, spingono a riprendere in mano i suoi racconti e a rileggerli attraverso le notizie nuove sulla sua vita, potendo così finalmente cogliere quei fili sottili e impalpabili che prima non eravamo in grado di notare. E, se possibile, sentirci ancor più appagati terminando di leggere sia l’uno – il racconto – che l’altra – la biografia.
Michele Finelli
L’autrice:
Teresa Campi, nata a Terracina, è romana di adozione. Ha studiato all’Università La Sapienza di Roma: suoi maestri Elémire Zolla ed Elio Chinol. Ha conseguito un master in Educazione alla Pace e svolto corsi in nome del World Compassion for Children International sui diritti umani, fondato dal premio Nobel Betty Williams. Ha esordito come giornalista ai culturali di Paese Sera e ha pubblicato Il canzoniere di Isabella Morra (Bibliofilo, 1980); Cenere e polvere (Savelli, 1981); Le ore casalinghe (Il Bagatto, 1982); Sul ritmo saffico (Bulzoni, 1983); Il sangue e l’oblio (Edizioni del Girasole, 1996); Le cucine desolate (Manni, 1999); Storia elementare (Manni, 2006); D’Amore e morte. Byron, Shelley e Keats a Roma (Albeggi, 2016). Ha tradotto opere di Renée Vivien, Pétrus Borel, Pierre Louÿs e il carteggio di P.B. Shelley: Morire in Italia (Archinto, 1986).