Intervista a Gino Marchitelli

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Gino Marchitelli ha lavorato per anni sulle piattaforme petrolifere come tecnico elettronico. Militante nella CGIL e in Democrazia Proletaria, fa parte del direttivo A.N.P.I. di San Giuliano Milanese ed è presidente dell’Associazione Culturale «Il Picchio». Autore di numerosi apprezzati e premiati romanzi noir e progetti sociali, nel novembre 2020 è uscito con Panico a Milano, terza indagine del professor Palermo, alla quarta ristampa in pochi mesi. Con Jaca Book ha pubblicato Campi fascisti. Una vergogna italiana (2020), vincitore del Premio Mario Luzi nella sezione saggistica.

Lo abbiamo intervistato in occasione della nuova uscita, sempre per Jaca Book, del romanzo “Delitto in piattaforma” ed ecco cosa ci ha raccontato:

1. Benvenuto su Contorni di Noir Gino e grazie per la disponibilità. Vuoi presentarti ai nostri lettori e raccontarci qualcosa di te?
G.: Sono del 1959 nato e vissuto per vent’anni a Lambrate, quartiere ricco di storia sia durante la guerra che negli anni’60-70 con le lotte per la Liberazione dal fascismo, poi le esperienze operaie come la Innocenti, l’università con il movimento degli studenti, le grandi contraddizioni del terrorismo che a Lambrate realizzarono diversi covi, poi a morte di Fausto e Iaio al Casoretto… insomma un quartiere che mi ha “plasmato” verso una società diversa e che sulla spinta giovanile degli anni ’70 voleva un mondo migliore e più giusto. Essendo vissuto in quegli anni ho respirato il desiderio di un mondo migliore e mi sono portato dietro, dentro, questa passione che poi ho traslato nel lavoro e ora anche nella scrittura.

2. Come è nata la tua passione per la scrittura e perché ti sei avvicinato al genere giallo/noir?
G.: Ho sempre letto tantissimo fin da ragazzo. A 14 anni ho iniziato a gettarmi tra le pagine di Foscolo, di Goethe prima poi Balzac, Flaubert, Maupassant, Kafka… Vasco Pratolini e ho iniziato a “volare” grazie alla lettura, poi le prime esperienze di poesie scritte da me durante l’adolescenza, quella da “tagliarsi le vene per amore” per intendersi. Salendo in piattaforma petrolifera non ho perso l’amore per la musica e la lettura ma scrivere, a parte lavoro sindacale e politico, non pensavo che fosse nelle mie capacità, fino a quando Vittorio Agnoletto nel 2011 ha iniziato a insistere affinché io scrivessi un libro di denuncia sulle condizioni di vita dei lavoratori del petrolio e… invece… mi è venuto fuori il primo noir, Morte nel trullo e qualcuno ha iniziato a leggerlo. Da quel momento è arrivato il Gino scrittore nascosto che chissà dove si era cacciato, e a 52 ho iniziato per non fermarmi più fino ad ora con 16 opere complessive in 10 anni

3. Delitto in piattaforma è il tuo nuovo romanzo uscito per Jaca Book. Domanda di rito. Qual è stata la scintilla e come è nata la trama?
G.: Ho lavorato nove anni sulle piattaforme petrolifere e ho visto e vissuto cose che voi umani… ho partecipato a lotte sindacali molto “forti” e con reazioni tremende da parte dei padroni dell’oro nero. Il libro, la storia di quell’esperienza era lì in un angolo in attesa di venir fuori ed ora eccolo

4. Il romanzo è ambientato su una piattaforma petrolifera, un luogo peculiare che descrivi come “un’altra dimensione, distante anni luce dalla vita vera. Un posto in cui il mondo reale rimane un altrove disgiunto”. Tutto ciò influisce inevitabilmente sulle relazioni interpersonali che si sviluppano fra coloro che lavorano a stretto contatto in un contesto così particolare. Quali aspetti di queste dinamiche hai voluto far emergere e portare all’attenzione del lettore?
G.: Oltre a raccontare le rivendicazioni dei lavoratori e le proteste contro gli albori del precariato, oggi purtroppo così attuale, volevo provare a raccontare le dinamiche di relazioni e rapporti che si creano in un mondo fatto di acciaio, energia e mare aperto, per far conoscere come possano crearsi grandissime amicizie ma anche invidie molto pericolose

5. Un personaggio che mi ha colpita fin da subito è Tim Fergusson, un uomo duro “dalla tempra d’acciaio”, con un passato torbido alle spalle e abituato al clima inclemente del Mare del Nord. Quali sono le caratteristiche di Fergusson che hai voluto far emergere e come è nata nella tua fantasia questa particolare figura?
G.: La figura di Fergusson è nata perché avevo bisogno di “inventare” un personaggio che non avesse alcuno scrupolo da un lato e fosse anche molto esperto di vita in mare nell’Off-Shore. Uno scozzese, un inglese andavano bene perché nei mari del Nord sono numerosi i lavoratori assunti che non hanno avuto una bella vita prima, diversi erano abituati a delinquere e solo su un’isola d’acciaio persa in mezzo al mare potevano trovare una collocazione che ridesse loro la possibilità di lavorare senza essere troppo giudicati… quindi un killer scozzese era giusto per la mia storia. Un uomo senza scrupoli, uno di quelli abituati a rischiare con una vita precedente in carcere. Adatto per la storia che volevo raccontare

6. Nel romanzo racconti la storia di una lotta di classe che lascia il segno. Protagonista è Marco, giovane sindacalista benvoluto e stimato dai colleghi, capace di distinguersi grazie alla forza e all’onestà dei suoi ideali insieme a una grande voglia di lavorare. Come è nato questo bel personaggio?
G.: E’ la mia esperienza, è stata la mia storia di vita sulle piattaforma dal 1980 al 1988. Trascorso così tanto tempo e allontanandomi dal “sentimento sanguigno” di quei tempi in cui sfidare le multinazionali del petrolio, e vincere per alcuni anni come abbiamo fatto noi, era impensabile… ho pensato che raccontare la mia esperienza di ventenne d’allora potrebbe aiutare i giovani d’oggi quanto meno a pensare che ribellarsi è giusto, anche se il prezzo da pagare è altissimo.
Il mondo e la nostra vita sono cambiati grazie a migliaia e migliaia di giovani uomini e donne che hanno deciso che non dovevano più voltare le spalle e subire ma decidere di essere protagonisti nel cambiamento. Sarebbe bello oggi vedere qualcosa del genere… anche se allora i costi sono stati immensi. Marco Revelli mi rappresenta.

7. Contrapposta ai lavoratori è ben marcata la linea dell’azienda, rappresentata dal personaggio del Dottor Rigamonti. Quali sono le tematiche che hai deciso di mettere in luce attraverso Rigamonti e come ti sei misurato con esse?
G.: Il dottor Rigamonti è l’emblema di com’erano allora i dirigenti delle partecipazioni statali, un potere immenso consegnato a persone, spesso in manica di politici del periodo, e che senza rischiare nulla e con i soldi dello Stato, di tutti noi, si permettevano di calpestare le persone che lavoravano per loro. All’epoca di Rigamonti era pieno… oggi ci sono ancora, anche se hanno cambiato la giacchetta e sono diventati ancora più arroganti. Il mondo migliore passa attraverso il loro abbattimento sindacale e sociale. Rigamonti è un “bastardo” col sorriso falso che gioca con la vita di uomini isolati in mezzo al mare. Un opportunista, corrotto e arrogante. Va raccontato.

8. Il tuo romanzo è ambientato nell’Italia degli anni ‘80, in un contesto storico, sociale e politico ben determinato cui spesso fai riferimento. Come sono cambiate, a tuo parere, in questi anni le dinamiche del lavoro che descrivi e quali sono invece i temi rimasti invariati nel tempo?
G.: Dopo quel ventennio un po’ magico dal ’68 e prima fino agli inizi degli anni ’80 in cui i lavoratori avevano preso in mano il loro destino e volevano contare siamo precipitati in un baratro di cui “mani pulite” è stata la punta dell’iceberg. Dalle conquiste si è passati alle sconfitte, dal rispetto si è tronati allo sfruttamento senza confini e il grande tema dello scontro capitale-lavoro si ripresenta, magari con nuovi vestiti, ma è sempre quello. Il potere si sta riprendendo quello che ha dovuto cedere in tempi – difficili, complessi e mortali – meravigliosamente ribelli

9. Venendo alla tua produzione in generale, attraverso i tuoi libri racconti spesso storie di denuncia sociale, portando alla luce realtà importanti che meritano di essere approfondite. Quanto può fare a tuo parere la cultura per sensibilizzare anche i più giovani su temi delicati e importanti come quelli che hai affrontato?
G.: In questo momento storico i partiti, le organizzazioni che operano, o meglio operavano, per un mondo migliore, per il progresso, per l’uguaglianza, per la solidarietà hanno perso o addirittura abdicato al loro ruolo di “motori” per una società più giusta. Sono silenti, timidi se non assenti… e oggi, con tutti i limiti del caso, molti scrittori italiani di noir parlano e raccontano le loro storie svolgendo un po’ il ruolo di denuncia che prima era ad appannaggio di un mondo che è parecchio scomparso, silente, muto. Noi scrittori (vabbè io sono un mini…) abbiamo il dovere di parlare alle nuove generazioni e tentare di farle riflettere seppur attraverso trame e storie che possano appassionarli. Il pensiero critico è l’unica arma che abbiamo a disposizione in questo momento. Usiamolo.

10. Un’ultima domanda in conclusione ringraziandoti ancora. C’è un tema che ti sta a cuore e che ti piacerebbe affrontare in un prossimo romanzo?
G.: Stando sul noir sto lavorando a due storie, la settima indagine del commissario Lorenzi che penso dovrà occuparsi di una serie di delitti che hanno matrice forse in un grave incidente stradale e un nuovo personaggio, l’ispettore Tony Siccardi, originario di Carovingo (BR) – quindi dell’alto Salento brindisino – di famiglia malavitosa ma che ha deciso fin da piccolo, senza sapere ovviamente il perché se non nel cuore ma senza capirlo, che sarebbe diventato un poliziotto per combattere le ingiustizie. A Milano sgominerà una banda di poliziotti corrotti e lo trasferiranno al suo paese come “premio” – per levarselo dalle scatole – e lì dovrà finire in un tritacarne sociale: da un lato odiato dai malavitosi perché è un traditore della sua famiglia di banditi e dall’altro guardato con grande sospetto dalla gente “comune” che non gli perdona l’appartenenza a famiglia malavitosa. Insomma sto ragazzo finirà in un bel casino, in questo piccolo paese, e dovrà dimostrare con le sue indagini che la scelta per la giustizia ha basi solide… ma sarà un bel match. Questo libro ha già l’opzione di lettura di un grande editore e spero di farlo apprezzare e pubblicare da loro.
Su altri versanti sto scrivendo la storia di una famiglia di disperati sotto proletari di San Julien, in provincia di Milano, che devono rappresentare il top dell’ignoranza, furbizia grossolana, della società d’oggi, anche un po’ cretini… che si imbarcheranno in un viaggio da fuori di testa da Milano alla Puglia per portare il cadavere del nonno – chiuso in una cassa artigianale piena di ghiaccio – perché non hanno soldi ed è meglio seppellirlo in campagna al Sud (secondo loro…) e nel viaggio che sarà satirico, ironico, ma anche grottesco e violento, farò loro incontrare il peggio della società Italiana. Sarà un lavoro spietato sui nostri tempi dove l’ignoranza ha preso il sopravvento.
Per finire ci sarà la storia di un nonno nell’Appennino emiliano, a Borgotaro, che ha fatto il partigiano da piccolo, che riceverà i tre nipoti – tra i 6 e gli 11/12 anni – per un paio di settimane perché i genitori hanno troppi impegni. Il nonno, Saturnino, deciderà di togliere tutti gli strumenti di comunicazione elettronica dei nostri tempi e li condurrà in un viaggio fisico e morale, dove la narrazione orale, l’affetto, il corpo, l’amore diventeranno la centralità. Un vero e proprio viaggio di formazione, con lo sclero dei genitori che non trovano più i loro figli e il nonno, dal quale i ragazzini usciranno cambiati – in positivo – per sempre… proprio grazie a Saturnino e alla sua vita riportata ai nipoti.
E questo è tutto!

Intervista a cura di Linda Cester