Mónica Ojeda – Nefando

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Editore Alessandro Polidoro Editore / Collana I selvaggi
Anno 2022
Genere noir
200 pagine – brossura e epub
Traduzione di Massimiliano Bonatto


Per un periodo di tempo limitato c’è stato un gioco, Nefando, a cui si poteva accedere solo attraverso il deep web. Un gioco che è stato rimosso molto velocemente per i contenuti forti. Un gioco assai discusso per l’incertezza da cui era avvolto, per gli interrogativi che si è lasciato dietro.
Sono le successive testimonianze dei giocatori a parlarne e a tracciare confini che risultano labili per la diversità delle impressioni che emergono. Anche le ragioni per cui i suoi creatori lo hanno aperto sembrano dubbie, esortati a parlarne all’interno di interviste che precipitano il lettore nella loro psiche, attraverso una lunga serie di ricordi che arrivano a definire il presente e una certa visione di futuro.

“Crediamo di sapere, crediamo che ciò che sappiamo sia vero o oggettivo e poi, come un uragano che sradica gli alberi, ci rendiamo conto che le nostre certezze sono basate su degli equivoci, e allora ci rimane soltanto la desolazione, la nave che affonda, l’angoscia si fronte al vuoto che ti lascia l’impossibilità di fare affidamento sulle tue percezioni o sulla tua concezione delle cose.”

“Nefando” di Monica Ojeda è un romanzo difficile. Almeno lo è stato per me. Anche se abituata a letture thriller e noir, spesso mi ha messa in difficoltà. Perché Nefando è un viaggio in quella parte di natura umana che si nutre delle ombre, che identifica il piacere con il dolore. Una storia i cui protagonisti in qualche modo stanno sopravvivendo a un’infanzia fatta di violenza e di brutali abusi, laddove la minaccia spesso esiste proprio tra quelle pareti tra cui ci si dovrebbe sentire al sicuro e protetti.
Le testimonianze che ci vengono buttate in faccia servono a ricostruire una realtà che vorremmo sentire estranea, spesso portata all’esasperazione, e stare ad ascoltare queste voci non sempre è stato semplice.
Diversi gli spunti di riflessione portati da questa lettura: sull’educazione religiosa che abbiamo avuto e che ci ha abituato a un certo tipo di iconografia; il tentativo di educare il corpo attraverso la disciplina e la punizione; come il perverso possa virare nel sublime; di come la nostra specie sia così castigata con il linguaggio da non arrivare a sopportare il silenzio; di come nel deep web le persone trovino il coraggio di compiere azioni che non farebbero nel loro quotidiano; di come i bambini siano incapaci di dare un nome a determinate cose che stanno vivendo.

Quando si parla di deep web si è portati a immaginare un enorme sotterraneo pieno zeppo di gallerie e cunicoli ognuno dei quali porta inevitabilmente ad altri mondi. Alcuni di questi universi non necessariamente sono da intendersi nell’accezione più negativa, ma solo come spazi, aree e mondi nascosti. Altri invece sono dei veri e propri buchi neri. Chi ci finisce viene inevitabilmente risucchiato da essi e dal buio che li ha generati. Quanto sia complicato parlarne o descriverli fino a farli diventare vere e proprie location di un romanzo di genere i lettori possono scoprirlo affrontando le pagine del lavoro letterario di Ojeda dove il verbo affrontare non è affatto usato a caso dato che la lettura spiazza, sconvolge, mette alla prova. L’universo presentato in Nefando è molto simile a quegli incubi che si fanno dopo aver visto pellicole spaventose, aver assistito a un incidente impressionante o assunto particolari farmaci.
È un posto difficile dove i protagonisti vengono messi alla prova e con loro gli stessi lettori che ne seguono i differenti percorsi avventurandosi in quei cunicoli spaventosi e sconosciuti della rete universale sotterranea.

L’autrice porta avanti, così, una narrazione ben definita in cui una parte è data dalle vicende personali vere e proprie che sono solo un pezzo dell’intera architettura del racconto e dall’altra la descrizione di quella realtà virtuale che lungi da essere il rifugio salvifico va a scavare nei meandri più bui delle loro anime. Ambientazioni virtuali per disagi reali quindi, il tutto spinto fino a un eccesso di rappresentazione. Si comprende bene, pertanto, che è impossibile raccontare tutto questo senza un adeguato stile narrativo basato essenzialmente su una robusta educazione umanistica e letteraria che porta i lettori a scontrarsi con un linguaggio a tratti realistico fino allo spasmo e a tratti sfumato fino a diventare lirico.
Ed è per questo che “Nefando” è qualcosa di quasi unico apparso nella narrativa di genere degli ultimi anni. Una sorta di esperimento letterario in cui si comprende benissimo quanto la stessa autrice abbia voluto mettersi alla prova e così facendo mettere alla prova chiunque si trovasse a “navigare” tra le sue pagine. Una sfida per una sfida. E sta solo ai lettori decide se accettarla fino in fondo.

Federica Politi e Antonia Del Sambro, “Due nel mirino”


La scrittrice:
Mónica Ojeda (Guayaquil, Ecuador, 1988) è laureata in Scienze della Comunicazione con specializzazione in Letteratura, possiede un Master in Scrittura creativa e Teoria e Critica della Cultura ed è stata docente presso l’Università Cattolica di Santiago de Guayaquil. Vive a Madrid, dove è dottoranda in studi umanistici con una ricerca sulla Letteratura porno-erotica latinoamericana. Nel 2014 La desfiguración de Silvia vince il «Premio Alba Narrativa 2014» e nel 2015 El ciclo de las piedras, il suo primo libro di poesie, ha vinto il «Premio Nacional de Poesía Desembarco». Mandibula, il romanzo che l’ha consacrata, è inserito da El País tra i migliori libri in lingua spagnola del 2018, finalista al «Premio Bienal de Novela Mario Vargas Llosa». Ha collaborato all’antologia di racconti Emergencias. Doce cuentos iberoamericanos (2013) e ha pubblicato il racconto Caninos nel 2017, anno in cui entra a far parte della lista Bogotà 39 che include i 39 migliori scrittori dell’America Latina under 40. Nel 2019 ha vinto il «Premio Next Generation Prince Claus Laureate», conferito a giovani under 35 che si sono distinti nei campi dello sviluppo e della cultura. Nel 2021 è inclusa dalla «Rivista Granta» tra i 25 scrittori e scrittrici under 35 più promettenti.