Intervista a Maurizio Blini

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foto di Maurizio Blini
Lomellina in Giallo 2012
Ho conosciuto Maurizio Blini durante i tre giorni di Lomellina in Giallo – organizzato da Riccardo Sedini – il 14,15 e 16 settembre 2012. Lo scrittore ha pubblicato: Giulia e altre storie Ennepilibri editore 2007, Il Creativo Ennepilibri editore 2009,  Il purificatore A&B editrice 2011, L’uomo delle lucertole A&B editrice 2011, e ora è uscito per Ciesse Edizioni Unico indizio un anello di giada, 2012.
L’ho invitato sul blog a raccontarci un po’ di sé, anche perché la biografia che si trova su di lui lo descrive in modo alquanto particolare..
1. Benvenuto, Maurizio. Parlaci di te, come scrittore e, se vuoi, come uomo. Mi incuriosisce la tua biografia. Fatti conoscere ai tuoi lettori 
M.: Sono un uomo che sa appassionarsi ed emozionarsi, vivere le esperienze più varie e mettersi spesso in gioco. La mia biografia, non a caso, ha un incipit molto particolare che penso mi rappresenti.
“Cavaliere errante, attraversa dimensioni temporali e visita mondi fantastici. 
Apprendista stregone, funambolo dell’arte, ama raccontare e suonare storie e sogni…”. Bene, proprio come un cavaliere errante vago tra le varie esperienze artistiche attraversando dimensioni temporali ma anche umane e professionali dei vari mondi che considero sempre fantastici perché fonte di energia. Non prendendomi troppo sul serio, continuo a considerarmi un apprendista stregone e cerco di apprendere con innata curiosità tutto ciò che mi può arricchire. Funambolo proprio perché, come colui che è in un equilibrio precario sopra di una fune, mi destreggio cercando armonia tra le difficoltà della vita. Vita che cerco di raccontare attraverso gli strumenti che più mi sono propri, ovvero la scrittura e la musica e attraverso l’esperienza acquisita in osservatori particolari nei diversi ruoli di poliziotto e musicista. 
2. Hai cominciato nel 2007 con “Racconti fuori dagli schemi” e lo consideri un viaggio piacevole. Perché questa idea? 
M.: Diciamo che nel 2007 ho concretizzato il lavoro di anni. Avevo già scritto infatti parecchi racconti vincendo anche qualche concorso letterario. Il vero imput alla pubblicazione mi venne dato direttamente da Carlo Lucarelli alla Fiera del Libro di Torino. In quell’occasione, lui, in qualità di presidente della giuria del concorso letterario “Narratori in divisa”, indetto dalla rivista Polizia Moderna, premiò quale secondo classificato il mio “Giulia”. Questo fu inserito nell’antologia “Racconti al buio”. Mi chiese se avessi scritto altre cose ed io risposi di si. “Scrivi bene. Perché non pubblichi?”. Beh, fu come una lampadina che si accende all’improvviso. Non ci avevo sinceramente mai pensato. Nasce proprio così l’idea di raccogliere venti racconti in “Giulia e altre storie” e di pubblicarli con Ennepilibri Editore. Una scommessa riuscita, avendo, Giulia in particolare, ottenuto consensi ed apprezzamenti importanti, finanche la sua traduzione in lingua russa con pubblicazione in Bielorussia. 
3. Nel 2009 nascono i protagonisti dei tuoi romanzi: Alessandro Meucci e Maurizio Vivaldi. Il primo è ispettore di polizia e il secondo un ex poliziotto, ora investigatore privato. Come li descriveresti? 
M.: In realtà la genesi del personaggio di Meucci compare già nel primo libro, nel racconto “Il dottor Barbagalli”. Ma è nell’anno successivo, il 2008, che inizia il vero proprio romanzo seriale, con “Il creativo”, la storia di un killer. Loro sono due amici per la pelle, uno alterego dell’altro. Entrambi invecchiano con i libri e le loro storie. Ora hanno superato i cinquant’anni e cominciano a fare il bilancio della loro vita. Disillusione, tristezza, malinconia, insomma, stati d’animo che li mettono a dura prova in un mondo che cambia velocemente e che li spinge un po’ ai margini. Emerge nelle loro figure un po’ l’anti eroe. Infatti amo descriverli anche attraverso i loro limiti, insicurezze, paure. Uomini – e donne – insomma che dentro o dietro una divisa, vivono le loro vite e le loro angosce. 
4. Gli stessi, li ritroviamo nel corso dei successivi romanzi. Come si sono evoluti e come ti sei evoluto tu come scrittore? 
M.: I personaggi sono figli del loro tempo e pertanto tendono a confliggere sempre più con le burocrazie, i superiori, i colleghi giovani ed i cugini carabinieri. Io ho voluto inserire in loro quello che realmente ho visto e vissuto in polizia. L’enorme bagaglio professionale che mi porto alle spalle da ex poliziotto mi ha aiutato ad essere leale e fedele alle dinamiche investigative e comportamentali correnti. Quanto allo scrittore, egli vive e subisce un po’ le storie dei suoi protagonisti. Le elabora e cerca di coniugare elementi di novità, singolarità e passione. Un’evoluzione lenta ma inesorabile. 
5. Le tue copertine sono sempre state disegnate da Antonio Scarpelli. Da dove nasce questa idea stilistica? 
M.: E’ un’idea che nasce da lontano. Anche Antonio Scarpelli, ora noto pittore, è un ex poliziotto. Lo conosco da tanti anni e le sue opere, spesso legate al dolore e alla solitudine, mi hanno da subito stimolato. Un giorno lo incontrai in Questura (lavoravamo ancora entrambi) e gli chiesi di mostrarmi qualche soggetto di donne cadaveri. Non fece una piega. Dopo qualche istante avevo in mano la futura copertina di “Giulia”. Da allora ho sempre commissionato le copertine in base alla storia, all’impatto mediatico, al colore, al buon senso. Sono nati così, tutti quei quadri dipinti ad olio che hanno caratterizzato i miei libri. Per fortuna, tutti e tre gli editori che mi hanno finora pubblicato hanno accettato le mie proposte. 
6. Ora esce, per Ciesse Edizioni, “Unico indizio un anello di giada”. Di cosa parla? 
M.: Il libro è stato pubblicato nel mese di luglio ed ha riscosso molto interesse. Questo succede spesso se i protagonisti delle vicende entrano un po’ nel cuore dei lettori. Un giallo intimista che intende affrontare alcune sensibilità legate al mondo del paranormale. Racconta di una giovane ragazza scomparsa ed di una madre che non intende arrendersi, varcando – e con lei i nostri protagonisti – i confini della razionalità e della logica in una Torino noir. Un viaggio attraverso le debolezze, le inquietudini e le paure dell’animo umano. Un romanzo forte che si insinua delicatamente tra la morte e la voglia di vivere, ponendo al lettore interrogativi importanti. 
7. Quanto punti sull’aspetto psicologico della trama, rispetto alla caratterizzazione dei personaggi? 
M.: L’aspetto psicologico nei miei romanzi è fondamentale. Sia nelle vittime, sia nei carnefici, sia nei protagonisti delle vicende. Quello che spesso non si vede o si cela sapientemente dietro sinistre maschere di linguaggio o figura, viene mostrato nella cruda realtà. I pensieri, i desideri, le inquietudini ma anche i ricordi, le nostalgie infantili, i sogni e gli incubi, appartengono al lettore che si immerge nella lettura migrando fatalmente in un mondo nuovo. 
Ognuno di noi ha dei segreti piccoli o grandi da nascondere. Intersecarli, incrociarli, sovrapporli con le attese ed i colpi di scena di una trama intrigante non può che rendere il racconto avvincente. 
8. Cosa ne pensi dell’editoria oggi e differenze, a tuo modo di vedere, tra ebook e libro tradizionale? 
M.: L’editoria italiana attraversa una grande crisi economica e di identità. E’ aumentato in modo sproporzionato il gap tra grandi gruppi editoriali e piccole e medie case editrici. Queste ultime, spesso arrancano e molte di queste non pagano i diritti ai loro autori. Il mercato è spietato e le sue regole tendono ad annichilire soprattutto i librai indipendenti che non reggono la competizione con le grandi catene di distribuzione e vendita. Molti di questi, quest’anno, hanno chiuso i battenti. Nel nostro paese si legge poco ma, penso, soprattutto si legge male. Anche in questo caso, le leggi legate al marketing, le prepotenti promozioni e le pubblicità hanno un ruolo deleterio nel condizionamento del lettore. Si leggono i soliti libri di cassetta, troppi stranieri a scapito di un ottima letteratura nostrana, troppi libri legati a personaggi del mondo della televisione che si improvvisano scrittori. Poi si sta’ affermando una sorta di cannibalismo tra grandi gruppi. Questo è legato ai prezzi di copertina, alle promozioni selvagge, ai formati. Quanto all’e-book, quello sarà sicuramente – per molti almeno – il futuro. In Italia ricopre una percentuale di sviluppo ancora residuale ma in prospettiva seguirà l’evoluzione già in atto in molti paesi. Il punto di riferimento nel formato digitale è quello degli Stati uniti che hanno raggiunto quote di assoluto interesse. E’ vero altresì che i loro studenti – ad esempio – hanno abbandonato da anni i pesanti zaini stracolmi di libri e si sono rivolti con fiducia ai vari modelli di tablet. Una sorta di rivoluzione tecnologica ma soprattutto culturale. Come dire, noi siamo molto in ritardo. 
9. Se ti dovessi paragonare a uno scrittore straniero, quale nome ti verrebbe in mente? 
M.: Cerco di non paragonarmi mai a nessuno proprio per cercare di mantenere una pur difficile originalità. Sono un lettore vorace ed onnivoro ma evito le similitudini ed il rischio di contaminazione. Resto fedele a ciò che ho dentro di me, al background di esperienze professionali e umane che cerco di riversare nei miei romanzi. Indubbiamente, essere stato un investigatore per oltre trent’anni mi aiuta e mi ricorda che alla fine, in ogni indagine, a decidere, resta sempre e solamente l’uomo con il suo intuito e buon senso. 
10. Se ti va di fare un gioco che faccio con gli scrittori, quale canzone assoceresti al tuo ultimo romanzo? O, se c’è un genere che si addice a tutti quelli che hai pubblicato… 
M.: Penso sia necessario scindere la domanda in due risposte. L’ultimo romanzo è associabile alle musiche che ho inserito nel booktrailer, (regia di Max Ferro) ovvero, atmosfere jazz particolarmente strutturate (nel caso, dei compositori Carlo Uboldi e Giorgio Li Calzi). Quando si lega la musica alle immagini il discorso cambia. E’ necessaria un’empatia tra i ruoli, le parti, un’armonia di location, di azione. Anche i silenzi sono importanti. Se invece devo associare della musica a tutto ciò che ho scritto finora, non posso che tornare alla mia generazione, figlia della canzone d’autore, quella con un senso politico, sociale, di avanguardia, perché no. 
Da romantico idealista quale continuo ad essere – nonostante tutto – sceglierei un cantautore come Fabrizio De André ed il suo brano “La domenica delle salme”. Un testo di analisi, denuncia, coscienza, rabbia e speranza. 
Una salma, l’utopia, e la decadenza sociale e culturale di intere generazioni. “La domenica delle salme, nessuno si fece male, tutti a seguire il feretro del defunto ideale…”. 
L’annichilimento di massa e la rivoluzione di chi vuol restare libero, come me, a patto che abbia un cannone nel cortile…
Grazie, Maurizio e alla prossima!

Qui sotto la copertina dell’ultimo romanzo di Maurizio, pubblicato da Ciesse Edizioni, con la relativa trama:

Il disegno di copertina è di Antonio Scarpelli (L’anello di giada, olio su tela)

Laura ha 28 anni si è laureata in medicina ed è una ragazza come tante, senza troppi grilli per la testa. Una vita normale, anche troppo normale, fino alla sua scomparsa. Già, perché Laura sparisce improvvisamente nel nulla senza un apparente motivo. Un nuovo grattacapo per il Commissario Alessandro Meucci, capo della sezione omicidi di Torino e per Maurizio Vivaldi, ex poliziotto ora investigatore privato. Sullo sfondo una sensitiva e l’oscuro mondo dell’occulto in una Torino dalle atmosfere noir. Un giallo intimista che varca il lato oscuro di ognuno di noi per condurci oltre i confini della razionalità e della logica. Un viaggio attraverso le debolezze, le inquietudini e le paure dell’animo umano. 
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