Luise Penny – L’inganno della Luce

3354

Editore Piemme
Anno 2013
434 pagine – rilegato con sovracopertina
Traduzione di M.C. Pasetti

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ingannoIn un tranquillo pomeriggio d’inverno – di quelli in cui la nebbia e il freddo cancellano a priori ogni velleità di mettere il naso fuori dalla porta – avete preparato un buon the (o altra bevanda di vostro gradimento), siete sulla vostra poltrona preferita e tra le mani avete questo libro: buona lettura.
Luise Penny è una pacata scrittrice canadese e la pacatezza è anche la cifra dei suoi gialli. Sono racconti che traggono direttamente dalla classica linea del “whodonnit” di cui Agatha Christie, P.D James e Anne Perry sono alcuni dei maestri: un investigatore (letterario e il lettore stesso) tramite un processo deduttivo risale al colpevole del crimine mettendo insieme prove e indizi sparsi nel romanzo.

Facciamo dunque conoscenza con Armand Gamache, ispettore capo del dipartimento omicidi della Suretée du Québec che è il nostro protagonista giunto qui alla sua settima apparizione (su nove libri), una sorta di Hercule Poirot contemporaneo. La sua figura viene coinvolta in un’indagine relativa a un omicidio che viene perpetrato nel giardino di una talentuosa pittrice. La donna, Carla Morrow, vive in un paesino del Quebec – Three Pines – vicino al confine con il Vermont. Gamache è un vecchio amico di Clara, invitato per una festa in onore dell’amica che si appresta a esporre al MAC (Musée d’Art Contemporain, a Montréal). Il rinvenimento del corpo di una donna vestita di rosso che nessuno ricorda presente alla festa mette in modo le qualità deduttive dell’ispettore che – con fare quasi paterno – inizia a dedicarsi alle indagini supportato dal locale ispettore Jan Guy Beauvoir (trama e motivo sono tra i più classici dei classici).

La sua indagine si dipana in modo soffice, per tutta la durata del libro, caratterizzato da una scrittura che ama i tempi lunghi e lenti, ricchi di parti descrittive che – sebbene ben scritte e curate – rallentano l’avvicendarsi dell’investigazione. Quello che però potrebbe apparire come un difetto in realtà ben si coniuga con questo stile di giallo (se avete letto un qualsiasi racconto della Christie su Poirot sapete bene che la “sostanza” è riassumibile in meno di dieci pagine, tutto il resto è contorno), dove la descrizione e le argomentazioni sono anch’esse veicolartici di indizi e suggerimenti preziosi. Il senso di mistero è ben mantenuto per tutta la durata del libro e contribuisce a spingere il lettore a cercare di conoscere gli eventi che hanno portato all’omicidio ed anche a sapere in merito a tutti quelli che ne potrebbero essere stati gli autori.

Le qualità descrittive di Penny sono ottime, e tanto va anche alla qualità della traduzione a cura di Maria Carla Pasetti. È un giallo ovattato, di quelli che ti coccolano più che impressionarti, ma la trama è molto ben congeniata. Il meccanismo fila liscio, svizzero, e l’avvicendarsi dei colpi di scena o delle rivelazioni deduttive è anch’esso ben bilanciato.
Vi sembrerà di essere in una puntata dell’Ispettore Barnaby (per chi lo conosce), circondati da colori tenui, sentori di bergamotto, ma anche rancori, gelosie, invide, fino a scoprire che si può morire anche a causa di una recensione… Cecilia, non è che dobbiamo preoccuparci?
Consigliato a tutti quelli che vogliono prendersi una pausa dagli hard-boiled o dai thriller con sociopatici annessi e connessi.

Michele Finelli

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La scrittrice:
È nata a Toronto. Ha lavorato a lungo come giornalista, conduttrice radiofonica e televisiva, occupandosi di cronaca e current affair. Ma è con la scrittura che ha coronato il sogno di una vita. Pubblicata in 25 lingue, i suoi romanzi hanno conquistato i lettori di tutto il mondo, l’hanno portata in testa alle classifiche e sono stati insigniti dei più prestigiosi premi letterari dedicati al genere, dall’Anthony Award al Macavity Award. È l’unica autrice ad aver vinto l’Agatha Award for Best Novel per quattro anni consecutivi. Vive con il marito in un paesino a sud di Montréal, vicino al confine con il Vermont.