Intervista ad Hanna Lindberg

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Hanna Lindberg

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Abbiamo intervistato la scrittrice Hanna Lindberg. Vive e lavora a Stoccolma ed è giornalista per Aftonbladet e Metro. Lavora attualmente per Bonnier Magazine, uno dei principali gruppi editoriali svedesi.
Stockholm Confidential
è il suo romanzo d’esordio, pubblicato per Longanesi Editore e recensito sul nostro blog. E’ già un caso editoriale in via di pubblicazione in 10 paesi.

1. Bene eccoci qui. Sono lieto d’aver avuto la possibilità di farti questa intervista dopo essere stato molto colpito dal tuo ultimo – e unico per il momento – romanzo. Stockholm Confidential è arrivato sugli scaffali delle librerie italiane all’inizio di Gennaio ma, da quello che ho letto, è stato scritto oltre due anni fa (forse tre?). Dobbiamo aspettarci una nuova avventura per Solveig o questo rimarrà un romanzo a sé?
H.: – Non c’è tregua per i malvagi. Il seguito di Stockholm Confidential verrà pubblicato quest’anno in Settembre. Sarà un thriller ambientato nella nuova scena culinaria di Stoccolma. La vita di Solveig sembra essersi finalmente assestata quando il suo nuovo capo, la giornalista Vanja Stridh viene uccisa davanti ai suoi occhi durante l’annuale Gold Chef Gala. Dato che la polizia inizia a seguire una pista erronea, Solveig si trova costretta a sobbarcarsi una pericolosissima ricerca per la verità. Non solo si ritroverà a doversi confrontare con le forze oscure che si nascondono dietro le quinte dei più rinomati ristoranti di Stoccolma, ma anche con parte del suo passato.

2.  Dato che si tratta della nostra prima intervista probabilmente ti saresti aspettata domande del tipo “da dove hai cominciato” oppure “perché hai deciso di scrivere un libro”, etc. Invece noi siamo Contorni di Noir e spesso agiamo fuori dal coro. La mia prossima domanda, quindi, è più in merito alla novità che il tuo romanzo ha portato sulla scena del crime nordico. Ci siamo oramai abituati ad una sorta di “traccia” che ritroviamo nella maggior parte dei noir scandinavi, al punto che sembra si sia persa la capacità di reinventarsi. Poi arriva il tuo libro, una decisa ventata di novità. Anche tu, allora, ti senti fuori dal coro?
H.: – In realtà non era inizialmente mia intenzione scrivere qualcosa fuori dagli schemi giusto per il gusto di farlo, o di reinventare il modello del noir nordico. Quello che ho fatto è stato scrivere il romanzo nel modo in cui mi sarebbe piaciuto leggerlo. Quel genere di libri da cui non riesci a staccarti, che non ti fanno mettere giù il libro dopo averne letto la prima parte insomma. Tuttavia mi fa piacere che tu mi dica che Stockholm Confidential si staglia tra gli altri. Credo che sia il momento per i nostri famosi ufficiali di polizia di mezza età, divorziati e un po’ alcolisti di farsi un po’ da parte… Che ne pensi?

3. Mentre leggevo, ho avuto la sensazione che Solveig agisse molto più come un mezzo che come un personaggio completo. Per capirci: non avendole dato una completa descrizione, a parte una breve presentazione durante la prima parte del libro, mi sembra che lei operi come una sorta di Virgilio e mostri al lettore tutti i lati oscuri del mondo della moda a Stoccolma. Mi sono sbagliato?
H.: – Ho deciso di rimuovere buona parte della vita di Solveig per dare al mio romanzo un certo taglio. Credo talvolta d’essermi spinta un po’ troppo in là. ma poi mi sono resa conto che i miei lettori abbiano apprezzato questa scelta e come il libro sia venuto. Capitoli brevi, linguaggio chiaro, i protagonisti non sempre così carini… Nel mio prossimo libro i lettori potranno sapere di più su Solveig… Metterò in luce alcuni dei suoi lati oscuri.

4. Credi che essere alla moda sia qualcosa di importante in Scandinavia? Realtà come H&M hanno dato la possibilità a un maggior numero di persone di potersi sentire “alla moda” senza dover spendere un capitale; credi che il “giusto abito” sia ancora qualcosa che faccia la differenza nella vita odierna?
H.: – Non sono una fanatica di moda, tendo anzi a vestirmi con ciò che trovo nel mio guardaroba e che sia nero. In merito all’avere l’abito giusto, non so. Ciò che fa la differenza è più l’atteggiamento giusto, credo. Questo è ciò che credo valga anche per me stessa. Così anche per Solveig. Non sempre è vestita nel modo giusto, a volte per nulla. Ma questo non le impedisce di fare le cose giuste, quando il suo cuore è orientato su qualcosa allora riuscirà a farlo. Senza dubbio.

5. Dal tuo incedere e dal modo con cui presenti la tua città la tua esperienza come giornalista si percepisce in modo chiaro. La cosa buona è che sei riuscita a non essere troppo didascalica e a dare al lettore il giusto livello di coinvolgimento. Hai trovato difficoltà all’inizio?
H.: – Come giornalista sono abituata ad avere poco tempo e a dover scrivere in modo sintetico ed efficiente, in particolare se si parla di carta stampata. Ora, con internet, la cosa non è più così concitata. Ad ogni modo mi è rimasto questo metodo e devo farci i conti. Non dirlo troppo in giro: per molti scrivere in modo sintetico è difficile, per me è l’esatto contrario. Spesso mi devo sforzare per non essere fin troppo sintetica…

6. Ho letto che qualcuno ti ha paragonato al ben noto Stieg Larsson. Personalmente non ho trovato nel tuo stile qualcosa che me lo ricordasse, per fortuna. Avendo letto una gran parte dei noir scandinavi l’ho trovato un po’ sopravvalutato e ho avuto modo di leggere libri decisamente migliori in fatto di trama e personaggi. A parte questo, credi che gli scrittori scandinavi debbano pagare un certo fio a Larsson e al suo lavoro?
H.: – Personalmente credo che Stieg Larsson abbia fatto tantissimo per il genere noir in Scandinavia. Quando è uscito Uomini che Uccidono le Donne nel 2005 il personaggio di Lisbeth Salander è stato l’equivalente di una bomba. Era un personaggio che non si era mai visto prima e ha davvero segnato la storia del thriller nordico e continua a farlo. Mi piacerebbe che Solveig Berg diventi un po’ come il suo alter-ego glamour.

7. Il ritmo del tuo racconto è davvero incalzante e quello che ho apprezzato di più sono stati i repentini cambi e gli eventi. A parte il tuo talento naturale, chi sono gli scrittori a cui sei debitrice?
H.: – Jens Lapidus e il suo modo di scrivere frasi rapide è una delle mie ispirazioni, anche il modo in cui porta i lettori in un mondo nascosto. Mi piacciono molto anche gli stili di Lars Kepler e Gillian Flynn con i loro improvvisi cambi di scena e per come costruiscono i loro personaggi. Infine, come detto prima, non credo che Solveig sarebbe stata tale senza Lisbeth Salander e mettici anche un pizzico della Annika Bengtzon di Liza Marklund. La sua determinazione incrollabile, il coraggio e la tendenza a non prendere sempre la decisione giusta.

8. Un paio d’anni fa ho avuto l’occasione di intervistare Camilla Lackberg. Una delle cose di cui parlammo – e fu davvero divertente – furono alcuni degli episodi più strani che le erano accaduti quando andava in giro a promuovere il suo libro, quando ancora era “una delle tante”. Ho rifatto questa domanda ad altri autori in seguito quindi, quali sono stati i tuoi momenti più strani degli inizi (se ci sono stati)?
H.: – Beh, io sono ancora agli inizi del mio cammino e rimango sempre affascinata quando questi imprevisti mi capitano e mi capitano spesso. Oggi, come autrice, scopro di continuo un nuovo mondo. Ad esempio, oggi, sono andata dal mio dentista per una visita e lui, d’un tratto, mentre mi stava esaminando la bocca, mi ha detto “Oh, ho letto il tuo libro. Molto bello”. È una persona squisita ed un ottimo professionista, ma mi sono accorta di aver dato a uno dei cattivi del prossimo libro il suo stesso nome… Mi sa che adesso dovrò cambiarlo!

9. Tornando al racconto, una domanda diretta: i tuoi personaggi si ispirano a persone reali? Solveig, Lenny e gli altri vengono da persone che hai realmente conosciuto o sono tutte frutto della tua fantasia?
H.: – Buona parte dei miei personaggi è ispirata da persone reali e alcuni degli eventi che racconto sono realmente accaduti. Mi hanno spesso chiesto se Solveig non sia il mio alter-ego. Beh, abbiamo cose in comune: è una donna molto determinata e incapace di star ferma, così come me. Condividiamo la stessa professione e anche lo stesso colore di capelli, ma Solveig è più giovane di me, osa di più e un po’ più immorale. Ma soprattutto molto, ma molto più divertente da leggere.

10. Quando stavo completando la recensione del tuo libro mi sono trovato in difficoltà a cercare di dargli un genere. Non sono un fan della necessità di dover sempre ridurre a un genere un libro letto, ma con il tuo la cosa non è stata per nulla facile. Possiamo definirlo in parte un thriller, in altri momenti un poliziesco con risvolti psicologici. Se qualcuno te lo chiedesse, che genere credi gli si addica meglio?
H.: – L’ho sempre definito un poliziesco, ma visto che non ci sono i soliti ispettori, credo che thriller sia la definizione migliore.

Intervista a cura di Michele Finelli