Nicola Verde – Il vangelo del boia

1953

Editore Newton Compton Collana Nuova Narrativa Newton
Anno 2017
Genere Thriller storico
320 pagine – cartonato e ebook
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Il prologo ci catapulta a Roma, anno Domini 1864, il 17 agosto. La folla inneggia al sopraggiungere della carretta che porta due condannati alla pena capitale. Il boia Mastro Titta aspetta sul patibolo; ha la camicia aperta sul petto, la mantella rossa svolazzante, un cappuccio nero che gli scopre solo gli occhi. È spaventevole, ancora imponente malgrado l’età, temuto da tutta Roma.

Mastro Titta, ovvero Giovanni Battista Bugatti, è da decenni l’infallibile braccio della giustizia papalina, ma quel 17 agosto smentirà la sua fama. Dopo la doppia esecuzione, infatti, mentre espone al pubblico la testa mozzata di Olietti, il boia vede qualcosa tra la calca che fa tremare il suo cuore e le sue mani. La testa gli sfugge, cade a terra e rotola giù dal palco tra le gambe degli spettatori. Si levano grida d’orrore, ma il boia quasi non le sente, non riesce a riaversi dallo shock. Trascorsi cinque anni, la visione che sconvolse Mastro Titta, mettendo fine alla sua carriera, è un enigma che lo scrittore Ernesto Mezzabotta vuole risolvere.

A caccia di notizie, lo scrittore incontra il boia un giorno di gennaio del 1869. Il vecchio Bugatti è reticente, ma Mezzabotta insiste, convinto che dietro il misterioso episodio si nasconda una storia importante. Incalzato con ostinazione, Mastro Titta infine cede.

«Va bene (…) ma consentitemi di tornare indietro nel tempo, perché il destino la propria strada se la prepara con un certo anticipo, togliendo o seminando ostacoli, e possiamo dire che i semi di quell’incertezza che segnò la fine della mia carriera furono gettati molti anni prima… ma soprattutto», concluse con un filo di voce, «perché i fantasmi vengono sempre dal passato…»

Il fantasma di una donna apparso tra la folla esagitata, è questa l’immagine che tanto turbò Mastro Titta quel 17 agosto 1864. O forse non era un fantasma: forse era Costanza Vaccari in carne e ossa, tornata a rammentargli che certi errori di gioventù non si finisce di pagarli. L’errore del giovane Bugatti aveva un nome e un volto, quello dolcissimo di Benedetta, una fanciulla sensibile, incapace di sposare un uomo che si guadagna la vita tagliando teste. Costretto a scegliere, Giovanni aveva preferito la carriera a Benedetta, e lei era diventata il suo più grande rimpianto. La somiglianza tra Costanza Vaccari e Benedetta è sconcertante, ma in ben altri rompicapo si trova coinvolto Mastro Titta, il quale, per aiutare Costanza, che tanto gli ricorda l’amore perduto, si improvvisa investigatore al fianco dell’ispettore Laudadio.

Costanza Vaccari è invischiata in un pericoloso intrigo. La sventata intraprendenza e i costumi licenziosi che hanno guidato i suoi passi nelle sale del potere, tra politici e alti prelati, l’hanno imprigionata in una rete criminosa nella quale si dibatte invano. Ci sono dei morti ammazzati affiorati dal Tevere; ci sono scandalose immagini della regina Sofia ed altre, raggelanti, che testimoniano torture e uccisioni avvenute durante riti satanici. E ci sono sicari spietati al soldo di personalità influenti. Lascio al lettore il piacere di addentrarsi nella storia, perché di vero piacere si tratta, essendo questo un giallo storico di tutto rispetto.

Sembra che Nicola Verde abbia viaggiato a ritroso sulla macchina del tempo ritrovandosi nella capitale durante i fatti narrati: leggendo il suo romanzo si respira lo spirito dell’epoca. L’ambientazione va oltre le immagini, oltre i colori di facciata: porta gli effluvi dei vicoli sciatti, i profumi dei campi aperti e le vivaci sonorità degli abitanti. Perfino nel linguaggio emerge quella romanità sincera che, a mio parere, costituisce il valore aggiunto del romanzo.

Poi c’è l’umanità del boia, che mi ha commossa. È significativa la scena di Mastro Titta chino su una tomba che lui ha scelto essere dell’amata Benedetta, ignorando dove la donna sia sepolta. Sulla lapide sono incisi quel nome e una sola data, ma tanto gli basta. E se un giorno avesse lì incontrato un uomo venuto a piangere la Benedetta che riposava in quella terra…

“… gli avrebbe detto che anche lui aveva perduto un amore che aveva quel nome. E gli avrebbe chiesto se poteva condividere con lui il dolore. Ma non aveva mai visto nessuno. Così s’era appropriato di quella tomba. L’aveva eletta a luogo che raccoglieva le spoglie della sua Benedetta. E se adesso qualcuno si fosse fatto avanti reclamando la proprietà esclusiva di quel dolore, lui gli avrebbe risposto che la sofferenza era di tutti. Universale. Proprietà del genere umano.”

Questo romanzo mi è davvero piaciuto. Ho trovato molto interessante anche la Nota finale, che spiega il progetto della storia e rivela le coincidenze che hanno allacciato i fatti reali alla trama di fantasia.  Nicola Verde è stato superlativo nel coniugare l’ambientazione storica con la passione per la storia, dando vita a un intreccio palpitante, dove il passato rivive denso di suspense e sentimento. Aggiungendosi a scritti come “Sa morte secada”, “Le segrete vie del maestrale” e “La sconosciuta del lago”, “Il Vangelo del boia” conferma il talento narrativo di un Autore con la A maiuscola.

Maria Teresa Casella
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Lo scrittore:
Nicola Verde è nato a Succivo (CE) nel 1951 e vive a Roma. Ha scritto Sa morte secada, semifinalista al premio Scerbanenco; Un’altra verità, vincitore del premio Qualità editori indipendenti; Le segrete vie del maestrale, finalista al Festival Mediterraneo del giallo e del noir, e La sconosciuta del lago, vincitore della sezione romanzi storici dello stesso premio. Il vangelo del boia è stato finalista nel 2016 al premio Alberto Tedeschi.