Jean-Patrick Manchette & Jean-Pierre Bastid – Che i Cadaveri si Abbronzino

1998

Editore Edizioni del Capricorno
Anno 2017
Genere noir
192 pagine – brossura e ebook
Titolo originale Laissez bronzer les cadavres
Traduzione di Roberto Marro


Con colpevole ritardo arrivo a darvi conto di questo piccolo gioiello. Grazie alle Edizioni del Capricorno finalmente arriva in lingua italiana l’esordio letterario di Manchette (qui in tandem con Jean-Pierre Bastid), pubblicato per la prima volta da Gallimard nel 1971. Da allora ad oggi questo racconto non ha perso nulla della sua originalità e del suo dinamismo. Esempio fulgido di polar (policier et noir, tipico genere francese caratterizzato da atmosfere cupe e personaggi fuori dagli schemi), ha la sua specialità nell’essere ambientato in un luogo al limite dell’assurdo: Cévennes, un villaggio disabitato, diroccato a picco sul mare occupato da un’artista oramai senza più ispirazione e da un gruppo di sodali finto-bohemien dalla dubbia moralità. Altra particolarità è quella di svolgersi in un solo giorno (i capitoli sono scanditi dal trascorrer del tempo).

Per chi già conosce Manchette sarà un ottimo “ritrovarsi”, per chi non ne ha mai letto nulla, un perfetto punto di partenza (proprio perché ne è l’esordio). Leggere questo racconto, dopo aver già avuto modo di pascersi di altri libri di Manchette, fa capire come lo scrittore abbia trovato e mantenuto una unicità e pulizia di stile fin dal principio. Secco, assolutamente scevro da ogni difetto, implacabile, netto e freddo come un’autopsia. La sua genialità nello stravolgere gli schematismi del genere noir vi assale fin dalle prime pagine.

Il racconto si dipana con la stessa rigorosità di una sceneggiatura e con lo stesso ritmo vi tira dentro fin dal principio. Come vi accennavo l’ambientazione è già talmente anomala e assurda da essere di per se stessa motivo di curiosità. Altra parte sono i personaggi che vengono via via presentati. Vi troverete a farvi un’idea di ciascuno e a mutarla con il mutare degli eventi.
Luce, nome scelto con acume, è l’artista oramai priva di ispirazione che vive in estate in questo piccolo borgo isolato, più della metà del quale in completa rovina, arso dal sole cocente del sud della Francia. Eccentrica ed alcolista, lascia che in questo strano ostello trovino ospitalità coloro che s’invitano, senza chiedere nulla di chi siano o meno. Negli anni passati è stato ritrovo di ricchi bohemien, rappresentati di quell’alta borghesia che cerca l’eccesso perché non sa vivere altrimenti. Ora, all’alba dei mutamenti politici seguiti al sessantotto (il racconto è scritto nel 1971) questa consumata masnada di decadenti è andata via via scemando e ora Luce, persa anche la sua verve creatrice, si annoia qui con l’amante del momento – un avvocatucolo di mezza età – e uno scrittore alcolizzato. Ma l’avvocato ha portato con sé alcuni amici che hanno tutti l’aria da “cattivi ragazzi” e che fanno fremere le intemperanze di Luce. Si tratta però, avvocato compreso, di una banda di delinquenti che ha assaltato un furgone blindato, ne ha massacrato gli agenti e si è qui ritirata con duecentocinquanta chili d’oro. A far detonare la situazione ecco arrivare, per caso, non certo per cercare l’oro, due agenti in motocicletta.

Da loro arrivo, ogni istante della giornata è scandito in un capitolo che identifica una frazione, un attimo, a volte – e in modo efficace – sovrapponendosi o anteponendosi al successivo. Questa scelta e il fatto che tutta l’azione si svolga in quest’ambito confinato, conferiscono a tutto il racconto il suo ritmo serratissimo: scambi d’arma da fuoco, inseguimenti tra le case in rovina, tradimenti, alleanze di comodo, duelli. Bam! Paf! Un osso, un nervo. Concitazione, urla, sangue. Si respira pienamente il disgusto e il disprezzo per la società capitalista e per coloro che la compongono assieme ad una terribile e cinica rinuncia a cambiare in qualsivoglia modo la situazione. Nessuno si salva: non il poliziotto, non i ricchi borghesi, non il folle criminale.

Il piombo che scorrerà negli anni settanta, le ribellioni distruttive, sono tutte qui, in un’anticipazione letteraria come solo gli scrittori noir sono capaci quando leggono la realtà e la tramutano in ambientazione. Il climax che parte dalla cruentissima rapina e giunge al finale è montato ad arte dal metodo preciso e senza filtri dello scrivere di Manchette.
Un romanzo a porte chiuse pesante, spaventoso. Un western moderno dove non c’è mai un vero dialogo tra i protagonisti, ma solo un rimbombare di colpi d’arma da fuoco, quasi che solo le armi abbiano diritto di parlare. Un noir di quelli che amo leggere. E che vi consiglio assolutamente.

Michele Finelli


Gli autori:

Jean-Patrick Manchette (Marsiglia 1942 – Parigi 1995), scrittore, critico letterario, jazzista, è stato il più importante autore del noir contemporaneo francese. Con una dozzina di romanzi, scritti tra il 1971 e il 1981, ha ridefinito per sempre il concetto stesso di genere letterario. I suoi testi sono spesso violenti, duri, costruiti intorno a uno stile diretto ma raffinato, scandito da un ritmo implacabile, inconfondibile, di chiara ispirazione jazzistica. I suoi romanzi sono stati tradotti in Italia da Einaudi: Posizione di tiro (1998, 2004 e 2015), Nada (2000), Piccolo blues (2002), Un mucchio di cadaveri (2003), Piovono morti (2004), Pazza da uccidere (2005), Il caso N’Gustro (2006), Fatale (1998, 2007), Principessa di sangue (2007).

Jean-Pierre Bastid (Montreuil, 1937) è scrittore, sceneggiatore e regista cinematografico. È stato assistente di Jean Cocteau per Il testamento di Orfeo e ha all’attivo numerosi lungometraggi e cortometraggi per il cinema e la televisione, oltre a una cinquantina di romanzi pubblicati.