
[divider] [/divider]
Filippo Iannarone è nato a Roma nel 1954. Laureatosi in Giurisprudenza, ha proseguito gli studi sulla giurisdizione criminale nel XVI secolo presso l’Archivio Vaticano e presso la Scuola di Paleografia, Diplomatica e Codicologia. Ha lavorato nel gruppo Eni, creato un proprio studio legale, è poi diventato imprenditore nel settore alberghiero. Attualmente vive in Germania. Il complotto Toscanini, il suo primo romanzo pubblicato da Piemme Edizioni, è il frutto di studi, letture e un grande amore per la musica.
Sabato 10 marzo alle 12.30 l’autore sarà a Tempo di Libri – allo Spazio Incontri – La Milano noir del Maestro Toscanini. Interviene Alberto Riva.
Lo abbiamo presentato al Festival NebbiaGialla 2018 – patron Paolo Roversi – e ci ha risposto così:
1. Benvenuto, Filippo. Vuoi raccontarci qualcosa di te e del tuo background?
F.: Mi dedico a tempo pieno alla scrittura, irrefrenabile passione maturata in gioventù. Sono debitore verso i miei insegnanti di allora e verso i miei familiari dell’amore che ho per la narrazione. Ne ho sempre fatto una costante anche nelle passate esperienze di ricercatore storico, di avvocato e di imprenditore. L’arte delle parole, la magia delle loro combinazioni, l’architettura delle descrizioni costruite sono sempre state componenti essenziali delle mie diverse esperienze di lavoro.
2. È uscito ora il tuo romanzo d’esordio intitolato “Il complotto Toscanini”, edito da Piemme. Com’è nata l’idea e quanto tempo hai impiegato per la stesura?
F.: Avevo maturato il proposito di scrivere un romanzo sul coraggio, sulla virtù del coraggio: la considero una dote necessaria da praticare quotidianamente, un riferimento continuo per valutare la qualità delle proprie azioni, il caposaldo di qualsiasi relazione affettiva e sociale. Non occorre coraggio per un corteggiamento amoroso? Oppure per proporre personali qualità nel lavoro, nella professione e nell’arte? Il coraggio è insito nell’attività di pensiero, coessenziale al cogito ergo sum, forza motrice dell’azione. Naturalmente ci sono particolari circostanze che richiedono iniziative di coraggio con quantità e qualità di tale virtù estrinsecate a livelli superiori. E questa è la storia che ho descritto nel romanzo dove lo spunto narrativo è nato dalla cronaca tramandata settanta anni dopo del terribile omicidio del dottor Rinaldi e del rapporto di fraterna amicizia con il maestro Arturo Toscanini.
Per la domanda tecnica sulla tempistica di lavorazione del romanzo rispondo distinguendo tre fasi: la ricerca bibliografica e documentaria mi ha impegnato per quasi un anno prima dell’avvio della scrittura; la stesura con un’originaria divisione in diciassette capitoli oltre prologo e epilogo ha richiesto otto mesi; l’attività di editing in periodi diversi e la scrittura di alcuni nuovi capitoli è avvenuta in circa quattro mesi.
3. Nel tuo libro protagonista assoluto è il maestro Arturo Toscanini. Ritroviamo il grande direttore d’orchestra in una nuova veste. Come mai hai scelto proprio lui?
F.: Il maestro Toscanini compare in alcuni capitoli ambientati negli anni tra il 1932 e il 1935, ma nell’economia delle vicende del romanzo è giusto definirlo protagonista assoluto, anzi coprotagonista assoluto insieme al dottor Alberto Rinaldi: entrambi hanno talento, il primo artistico e l’altro scientifico; la loro vita è testimonianza di superiori capacità per quel che hanno potuto esprimere nelle loro vite e per l’eredità morale rimasta patrimonio di tutti; il musicista e lo scienziato sono stati uomini di cuore e non solo d’intelletto, munifici oltre ogni limite d’immaginazione; avevano in comune la qualità della visione del futuro e della comprensione dei moti umani, senza concessioni ai detrattori di libertà di idee e di coscienza.
4. Come si riesce a mantenere l’equilibrio nella stesura tra romanzo storico e giallo?
F.: È il frutto di una tensione continua tra chi scrive e le vicende narrate. Non penso esista una regola generale, anzi credo che la regola generale sia che ciascuno scrittore vive e interpreta tale tensione a suo modo. Per quanto mi riguarda l’ancoraggio storico delle vicende che narro nel romanzo è intoccabile, come afferma il tenente Barbetti con una citazione dantesca sta “come torre ferma che non crolla”. Nel romanzo non ho mai sacrificato la fedeltà della narrazione della realtà storica alle esigenze del giallo, alle sottolineature degli aspetti noir delle vicende, alla spettacolarità di facile effetto. È un principio del mio lavoro di scrittura che non intendo sacrificare neppure in futuro. Credo che i miei recensori si siano accorti della mia attenzione al rispetto di questo principio nell’intero romanzo fino a definirlo “un giallo storico da manuale”, giudizio tecnico che mi ha reso davvero felice.
5. Ho letto che il personaggio di Mari è ispirato alle vicende vissute da una persona realmente esistita: il Generale Michele Iannarone. Ce ne vuoi parlare?
F.: Il personaggio di Luigi Mari e di sua moglie Iolanda sono stati ispirati dalle memorie di due zii a me particolarmente cari: il generale Michelino Iannarone e sua moglie Iolanda. Ufficiale per scelta e vocazione, al pari del fratello maggiore e di quello minore, percorse la sua carriera negli anni del regime fascista. Compì anche studi universitari al di fuori dell’accademia militare, fu appassionato di storia, politica e filosofia. Amò i classici latini più di quelli greci, fu un dantista raffinato, aveva mandato a memoria innumerevoli versi della Comedìa. Dopo avventurose missioni al fronte fu inviato a Berlino dall’agosto ’42 al primo settembre ’43 come ufficiale di collegamento per il fronte orientale, la Russia.
Rientrò a Roma al comando Forze Armate Egeo e dopo l’otto settembre si attivò con il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo per organizzare il Fronte Militare Clandestino di Resistenza. Assunse il comando della banda partigiana “Castelli Sud Lazio”, nota anche come primo raggruppamento, e la responsabilità dei difficili compiti di intelligence. Sfuggì alla cattura da parte della Gestapo e dei fascisti in modo rocambolesco, soccorso e salvato da Iolanda, la partigiana che diventerà due anni dopo sua moglie. A causa dell’infermità da causa di servizio la sua carriera militare terminò.
Gli zii sono stati protagonisti della mia infanzia e adolescenza. Non c’era domenica senza gli zii, non c’era gita in automobile senza loro. Passavo molto tempo anche da loro. L’atelier della zia vicino via Veneto mi incuriosiva ogni volta: le macchine da cucire infaticabili, le lavoranti a tagliare e ricamare, i manichini drappeggiati e le scansie di stoffe colorate. Salivo a casa degli zii e dal loro balcone era un gran divertimento guardare in giù il viavai all’hotel Excelsior, il traffico delle automobili davanti ai caffè, i turisti con le macchine fotografiche. Le narrazioni dello zio Michelino avevano conquistato le mie fantasie dalle favole di La Fontaine ai tre moschettieri, da Mompracem a mister Fogg. Lo zio mi aveva soprannominato “e allora?” poiché non mi arrendevo alle conclusioni dei racconti, pretendevo continuassero sempre, senza sosta per tutto il giorno fino a cadere sfinito nel sonno sul divano accanto al grammofono. Poi arrivarono gli insegnamenti di storia, le cronache di guerra, le tragedie dell’occupazione di Roma e ancora altro.

6. Nel tuo libro ci sono diversi spunti sull’Italia del regime fascista ed in particolare sull’Italia alle prese con la ricostruzione. Quanto è importante continuare a scrivere di un periodo storico così importante in questa epoca di smemorati?
F.: Le “scritture delle memorie”, come mi piace definirle, sono fondamentali anche e forse soprattutto nel tessuto socioculturale contemporaneo per dare risposta alle note tre domande fondamentali. Noi siamo anche il nostro passato e non costruiremo il nostro futuro senza prenderlo come riferimento. In un’epoca di etica degli algoritmi io preferisco avere per guida le parole di Cicerone «historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis» ovvero nella loro completezza concettuale «la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità.» Per quanto riguarda l’Italia del regime fascista constato con sgomento la tendenza di una subdola forma di propaganda a accreditarne elementi positivi come l’architettura e qualche movimento artistico, la previdenza e le politiche sociali, le riforme del sistema bancario e degli enti pubblici economici. Credo invece che nulla possa essere mai concesso a quella dittatura democraticamente instaurata in quanto fondata sull’assassinio politico, sulla repressione della libertà di idee, sul pregiudizio razziale e sullo strumento della guerra, costi quel che costi, per l’egemonia nazionalistica. Certamente il mio romanzo è antitetico all’incensante alterazione della storia fascista e ne afferma l’identità di male totale senza alcuna attenuante.
7. Nel romanzo si ritrova anche il mondo del ciclismo ed in particolare un evento che ha fatto la storia del ciclismo come la fuga solitaria di Coppi per circa 200km nella tappa Cuneo- Pinerolo. Come mai hai voluto inserire anche un evento sportivo? Segui il ciclismo?
F.: A chi mi chiedeva da ragazzo quale sport praticassi la mia risposta era “la lettura”, attività praticata quotidianamente con l’altro sport preferito “la cinematografia”. Conoscevo per epica familiare le vicende del Giro d’Italia del 1949, la partigianeria degli eterni rivali Coppi e Bartali, il mito della diciassettesima tappa Cuneo-Pinerolo. È stato però nella fase di preparazione dei materiali di scrittura che le letture delle emeroteche dei quotidiani nazionali e locali relative al periodo di svolgimento dell’investigazione del colonnello Mari mi hanno davvero appassionato. Nelle cronache di tappa ho trovato spunti narrativi del tutto coerenti con il tema centrale del romanzo, il coraggio. Così ho cercato di coniugare quell’impresa sportiva con il procedere delle indagini.
8. Dopo una brillante carriera come avvocato e imprenditore, come mai hai deciso di ritirarti in Germania e cambiare totalmente vita?
F.: Quando ho avuto certezza dell’assenza di una ragionevole probabilità di successione generazionale ho deciso di alienare le realtà aziendali costruite nel corso di tanti anni e affidarle a un acquirente di comprovata solidità finanziaria e attento alle tematiche occupazionali come ai valori della bellezza e della cultura. Da allora ho lasciato aprirsi un tempo nuovo: quello della libertà da impegni, responsabilità, agende di lavoro. Negli ultimi cinque anni ho diretto la vita seguendo i miei desideri: scrivere storie, far leggere le mie storie è il desiderio più forte ed importante. La scelta della Germania è stata motivata dall’essere mia moglie tedesca e dall’esserci così avvicinati a tutta la famiglia, bellissima nipotina inclusa. Confesso che apprezzo molti aspetti della stabile residenza in Renania.
9. Abbiamo letto che il romanzo è il primo di una trilogia. Ritroveremo il colonnello Luigi Mari? Ci vuoi anticipare qualcosa?
F.: Sono già intento al lavoro di scrittura della seconda parte della trilogia iniziata con “Il complotto Toscanini”. Ho completato la fase di ricerche bibliografiche e documentarie, compiuto i sopralluoghi in Italia e all’estero. Nel prossimo romanzo il lettore ritroverà tra i protagonisti principali il colonnello Luigi Mari con la moglie Iolanda e il fedele tenente Vinicio Barbetti. Nell’ultima parte del libro appena edito da Piemme Mondadori i lettori possono già trovare, in due distinti capitoli, alcune anticipazioni della vicenda che darà avvio a una nuova investigazione su un incredibile misterioso episodio della storia italiana tra il 1945 e il 1949. Un indizio in più? Sulle sponde di un lago in Piemonte…
10. L’abilità in un romanzo sta nel dare delle risposte o nel porsi delle domande?
F.: La risposta è semplice: è il lettore, il pubblico dei lettori che decreta la comprensione dell’intento dell’autore, di quali temi la narrazione del romanzo sia rappresentativa, di quali valori la scrittura si sia resa interprete e da quale angolazione tanto visuale che ideale. Il romanzo storico racchiudendo la narrazione in un arco temporale definito nel passato facilita tali compiti. Il romanzo giallo d’altro canto rende consapevole il lettore nell’agganciarne l’attenzione in modo attivo e continuo verso la soluzione di un percorso conoscitivo e non solo cognitivo. La piacevolezza di un romanzo assume maggiore consistenza quando i flussi narrativi riescono a svolgersi per il lettore in abile naturale equilibrio tra le sorprese della trama e l’emblematica delle situazioni racchiusevi.
Presentazione a cura di Cecilia Lavopa, in collaborazione con Eliana Russillo