Intervista a Romano De Marco

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Foto Andrea Straccini

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1. Benvenuto nuovamente sul nostro blog, Romano. Vuoi raccontare qualcosa di te ai tuoi lettori?
R.: Grazie per il gradito invito! Sono un cinquantaduenne esperto di sicurezza, lavoro per un grande gruppo bancario, sono padre divorziato di Lorenzo e Sara, ho mille passioni tra le quali spiccano la lettura, il collezionismo, la musica e la scrittura.

2. E’ uscito il tuo ultimo romanzo per Piemme Editore, “Se la notte ti cerca”. Qual è stata la scintilla?
R.: Parlare della solitudine. Di come questo stato dell’anima condizioni la vita e ci faccia compiere scelte sbagliate che a volte vanno contro ogni nostra convinzione morale e etica.

3. Torna anche Laura Damiani, già incontrata in alcuni romanzi precedenti (Città di polvere, Io la troverò). Come hai avuto l’idea del personaggio? E come ti trovi a scrivere di un personaggio femminile?
R.: Laura è una vecchia amica… è stata coprotagonista nel mio primo romanzo (Ferro e fuoco, il Giallo mondadori 2974, marzo 2009) e di altri due romanzi ambientati a Milano. Qui, per la prima volta è protagonista assoluta ma chi fa la sua conoscenza con questo nuovo romanzo non ha bisogno di aver letto altro, perché ogni mia storia è autoconclusiva. Raccontare personaggi femminili è più bello, più interessante e stimolante per un autore. Le donne sono tridimensionali, gli uomini molto più… piatti, dal punto di vista psicologico. E poi, diciamolo: le donne sono anche più intelligenti e più belle in tutti i sensi!

4. Hai ambientato questo libro a Roma, una città attraversata da monumenti e altre opere che incantano. Ma Laura Damiani non riesce a vederla con occhi da turista e a subirne il fascino, come mai?
R.: Raccontare Roma è difficile in assoluto… è una città talmente estesa che al suo interno ne contiene almeno 10, tutte diverse. Ci sono quartieri di Roma più popolati di Firenze o di altre grandi città italiane, e ognuno di loro si differenzia per un diverso tessuto urbanistico, sociale, economico. Raccontarla oggi è ancora più complicato perché la sua decadenza rende impossibile sottolinearne i pregi e amplifica i suoi difetti. Laura non riesce più a cogliere il senso e l’eredità dei palazzi del centro, delle cattedrali della politica e della cristianità, delle pietre che grondano letteralmente sangue, a testimonianza di un passato che dovrebbe essere monito per una intera nazione e che oggi risultano irrimediabilmente contaminate da una folla sguaiata e urlante di turisti e residenti senza rispetto e senza memoria.

5. Abbiamo molto apprezzato il personaggio di Andy Lovato. Com’è nata la voglia di raccontare di lui?
R.: Andy è nato dalla volontà di raccontare la vera storia di un grande cantante italiano che risponde al nome di Danny Losito. Ho sempre amato le storie di musica che raccontano di artisti che hanno conosciuto e smarrito la via del grande successo. Sono storie che ci dicono tanto di questo ambiente e della passione che occorre per riuscire a risollevarsi dopo una batosta e a ricostruire la propria integrità artistica. Andy/Danny è un uomo che ha assaporato il successo internazionale e lo ha perso, ma ha capito che l’amore per la musica non ha nulla a che fare con la effimera ribalta televisiva e radiofonica.

6. In questo romanzo si parla di solitudine: donne sole o separate che si spingerebbero a trasgredire pur di ricevere in cambio un abbraccio. Credi che questo sia un malessere legato ai tempi in cui viviamo, alla società con la quale interagiamo?
R.: Sì, penso che sostanzialmente viviamo delle vite molto vuote, corriamo continuamente per raggiungere obiettivi professionali ed economici sempre più arditi, ma abbiamo perso la capacità di socializzare, di condividere, anche a causa del boom dei social network. Quando frequento qualche fiera di fumetti, mi fa sempre molta impressione vedere ragazzi e ragazze con cartelli attaccati addosso che recitano “abbraccio gratis”. C’è bisogno di tornare a stare insieme nella realtà, non riparati dallo schermo di un computer o un cellulare. La solitudine è un male oscuro che un po’ tutti ci portiamo addosso. Nel romanzo, ovviamente, questo concetto è portato all’estremo. Donne e uomini che ne sono affetti, rischieranno la propria vita a causa della solitudine (e qualcuno la perderà anche…).

7. Ho avvertito fortemente la disillusione dei personaggi: uomini e donne guardarsi allo specchio e non riconoscersi da come immaginavano da giovani. Perché hai deciso di inserire questo tema nel romanzo? Il tuo scopo era di spronare a fornire un alibi comune alle coscienze di chi legge?
R.: Per carità, sono un narratore che scrive romanzi di intrattenimento, come potrei ambire a spronare le coscienze altrui, quando fatico anche a tenere sotto controllo la mia? Certo è che mi piace parlare di personaggi in crisi esistenziale, corrosi dalla disillusione, fiaccati dalla disperazione e dal rimpianto. Eppure, chi mi ha già letto sa che alla fine, nelle mie storie, c’è sempre un piccolo spiraglio lasciato alla speranza…

8. E tu, Romano De Marco, quando ti guardi allo specchio cosa vedi? Ti riconosci?
R.: Mah, a parte le rughe, riesco ancora a riconoscermi perché nella vita mi sono dato dei punti fermi. Primo fra tutti l’amore per i miei figli e la mia dedizione a loro… Un faro che mi guida anche nei momenti più bui.

9. Laura Damiani è piuttosto scettica anche riguardo all’idea della famiglia. Pensa che spesso la felicità ostentata sia solo apparenza. E’ un modo per allontanare il rimpianto di non essere riuscita a vivere lei stessa questo tipo di felicità?
R.: Forse… o forse è una convinzione che deriva dalla sua particolare capacità di guardare oltre alle apparenze. Del resto la realtà è che oggi la famiglia è una istituzione in profonda e sostanziale crisi. Colpa anche dei social? Della innegabile regressione dei maschi quarantenni verso un modello infantile alla “Peter Pan”? Della crisi economica che spaventa e fa riflettere alla eventualità di mettere al mondo dei figli? Chi lo sa… Io cerco di raccontare la realtà, quello che è nell’aria e che tutti possono percepire.. I miei personaggi, in fondo, mirano ad essere uno specchio della società che ci circonda.

10. Scrivi anche: “Ma la vita è così, non è mai soltanto una questione di merito.” E’ una nemmeno tanto sottile critica verso questo aspetto del vivere comune della società in cui viviamo?
R.: Io mi ritengo fortunato in tutto. Sia nel lavoro che nel mondo dell’editoria, ho avuto la possibilità di esprimere quello che valgo (o che penso di valere…) e non ho nulla da recriminare. Ciò non toglie che il nostro modello di società italiana sia quanto mai lontano dall’idea di meritocrazia.

11. Pensi che il personaggio di Laura Damiani incontrerà il favore dei tuoi lettori? E nel caso ti piacerebbe scrivere un seguito che la ritrova come protagonista? Pensi di averle dato abbastanza spazio?
R.: Laura tornerà come torneranno tutti i miei personaggi, prima o poi. Ma non nel prossimo romanzo, che ho quasi finito di scrivere e che vedrà il ritorno dei due milanesi Marco Tanzi e Luca Betti alle prese con indagini rischiose e nuovi dilemmi esistenziali. E se Laura piace… beh, intanto i lettori possono andare a recuperare le sue precedenti apparizioni…

Intervista a cura di Federica Politi