Davide Longo – Così giocano le bestie giovani

1607

Editore Feltrinelli – Collana Narratori
Anno 2018
Genere Noir
336 pagine  – brossura e ebook

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Riappaio, con la stessa sicumera del fantasma del padre di Amleto, aggirandomi non tra i veroni del castello, ma tra gli scaffali di una libreria. Dopo essere stato lontano da questo blog – scoprirete magari tra poco il motivo – fin troppo a lungo, ritorno sul luogo del delitto perché mi è necessario alla stregua di una boccata d’aria fresca e frizzante. Condividere le letture ha una sua componente similare a quella di una seduta psicoterapeutica: le tue fobie, le tue manie, i tuoi pensieri oscuri, le tue paure indotte o addotte, ecco mettere le parole una in fila all’altra per dar conto del proprio letto ha questa taumaturgica capacità. Scaturigine del mio stream-of-bookness (concedetemi il calembour angolfono) è l’ultimo lavoro di Davide Longo che va a far novero con tutta quella serie di autori italiani a me ignoti che in un modo o nell’altro entrano a far parte della mia libreria infilati in quello spazio nuovo che ho destinato loro. Negli ultimi tempi questi nuovi avvistamenti hanno sortito finali alterni, quando non completi naufragi. No, non è questo il caso.

Una delle cose che solletica la mia sensibilità di lettore è saper usare la nostra lingua. L’immensa duttilità dell’Italiano, la sua profondità, la capacità di poter disquisire senza, volendolo, usare due volte lo stesso termine. Il mio riferimento primario, in questo senso, è indubbiamente Giuseppe Genna, ma ho trovato in Longo un profondo conoscitore del mezzo. Già il nome dei suoi personaggi è inusuale – Arcadipane, Corso Bramard – ma a questa scelta si accoda un’armonico utilizzo del fraseggio, quasi musicale. E così anche quei tratti in cui – per dovere o meno verso il romanzo stesso – Longo ci rende spettatori della vita familiare, dei dibattiti, delle descrizioni, ecco in questi ambiti dove altrove alcuni di noi farebbero facce scocciate, ebbene è proprio qui che la capacità di scrivere di Longo si nota maggiormente. E i lunghi periodi di raccordo passano lievi.

Altro discorso è quello del resto della trama che – per mia sorpresa – riesce a cogliere un aspetto di una vicenda e traslarlo in una lettura quasi ucronica, ma connotandola con una profondità ed una incertezza che ben si sposa con il sentore di tensione costante e di un’indagine che di semplice non ha nulla.
Anche in questo aspetto, non me ne voglia Longo, c’è una sorta di sottile legame con un giovane Genna, quello di “Chiamatemi Ishmael”. Il legame, sottile badate, non c’è per nulla un richiamo o una similitudine tra i due, è proprio questa capacità di prendere vicende di cronaca, più o meno artefatte, ed incastonarle in un continumm che permette poi di parlare di tanto altro, come il buon noir ci permette.

Così troviamo tutti gli aspetti bui dei nostri ed altrui tempi, i depistaggi, le deviazioni, di uno stato che di legale non vuol avere nemmeno l’ora, ed i cui viticci sotterranei tentano, in ogni modo, di tarpare la nascita della verità.
I personaggi non sono solo attori, e non sono per nulla banali. Arcadipane, commissario “vissuto” sia fuori che dentro, è un misto tra il più puro Maigret e il più contemporaneo  Bosh. Rudezza, ma ottima propensione a vedere oltre quello che gli altri guardano soltanto.

Come ho detto in precedenza, il libro si porta dentro alcune parti più “raccontate”, quelle che a chi ama la profondità e l’immergersi nei descrittivi, faranno scaldare il cuore, agli altri – magari – spazientire un po’, ma è un prezzo veramente basso per un libro veramente rimarchevole che – colpevole il tempo e tutto il resto – vi ho recensito fin troppo tardi. Buona lettura.

Michele Finelli

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Lo scrittore:
Davide Longo (1971) vive a Torino dove insegna scrittura presso la Scuola Holden. Tra i suoi romanzi, Un mattino a Irgalem (Marcos y Marcos, 2001, Feltrinelli Zoom Filtri 2015), Il mangiatore di pietre (Marcos y Marcos 2004, Universale Economica Feltrinelli 2016), L’uomo verticale (Fandango, 2010) e Maestro Utrecht (NN 2016). Per Feltrinelli ha pubblicato Ballata di un amore italiano (2011), Il caso Bramard (2014) e Così giocano le bestie giovani (2018).