Paolo Mastri – Tutto così in fretta

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Edizioni Ianieri / Collana Forsythia
Anno 2017
Genere Romanzo storico
196 pagine – brossura e ebook
Illustrazione in copertina di Fiorindo Ricci

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“Tutto così in fretta” non è un giallo o un thriller. E’ uno spaccato della storia della nostra nazione. Le vicende raccontate dall’autore, Paolo Mastri, si svolgono negli anni ’70 e sono legate al terrorismo che ha devastato il nostro paese e che ha creato cicatrici indelebili. Due principalmente le storie, quella del magistrato della Procura della Repubblica Massimiliano Prati a Pescara – ucciso sotto casa della sua amante Silvana Di Labio, vedova di un noto costruttore della città – e quella di Aldo Moro, il suo sequestro, la strage di Via Fani e il suo assassinio a Roma.
Da una parte Pescara, città di provincia che si sta incanalando in un boom economico legato all’edilizia e non solo. Dall’altra Roma capitale e centro politico dell’Italia, con tutto quello che comporta una tale investitura.
Da una parte un magistrato che quattro anni prima si era trasferito da Torino. Nella città piemontese si occupava insieme ai suoi colleghi dei fascicoli legati proprio al terrorismo, lavorando senza tregua per cercare di arginare quel terribile movimento criminale, per cercare di fermare chi in città aderiva a quella scelta di morte e devastazione. Ma il ritrovamento in un covo di una scheda dove erano riportati gli spostamenti di sua figlia Roberta, che aveva sette anni, lo convincono – dopo una lunga riflessione – a chiedere il suo trasferimento.
Dall’altra Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana. Esponente politico di grande importanza che ritenne possibile un governo che includesse anche il Partito Comunista.
In entrambi i casi la maggior parte della verità verrà oscurata per lasciare il posto ad altri interessi.
Sono passati 41 anni dalla morte di Moro e non tutto quello che si nasconde su chi e cosa ha manovrato tale vicenda è venuto allo scoperto. Segreti di Stato che rimarranno tali chissà ancora per quanto tempo.

A seguire il caso Prati sarà il capitano Luise, uomo del Sisde. I servizi segreti intervengono con il loro operato in un clima così difficile, tormentato e complesso. Per il magistrato il primo pensiero legato all’assassinio andrà ai gruppi terroristici. Luise scoprirà altri tentacoli che sovrastano Pescara e che alla fine riusciranno a coprire tutto con un assordante silenzio per far prevalere solo ed esclusivamente i propri interessi.
E così Luise chiederà di lasciare il Sisde e rientrare in Polizia.
“Perché gli è stato impossibile scoperchiare il pentolone di un intrigo di provincia soltanto apparentemente minore. C’era un prezzo, dietro il caso Moro, che l’Italia non poteva pagare, non ancora. Anche a costo di blindare, al di sotto della ragion di Stato che stava evidentemente governando la più grave crisi politica dal delitto Matteotti in poi, la deriva affaristica che lentamente corrompeva e corrodeva la vita pubblica, l’economia, il costume. Le regole del gioco: come quelle che dovrebbero impedire a stimati imprenditori dai colletti inamidati di utilizzare il bottino di una rapina firmata da un terrorista bombarolo e denari siciliani di provenienza fin troppo evidente per finanziare i propri bulimici deliri monopolistici. Ma fare fino in fondo i conti con se stessa, per l’Italia degli anni Settanta era ancora presto. Titoli di coda.”
Ritroviamo Luise presso la Questura di Pesaro come dirigente della Digos. E’ in arrivo il vice che aveva chiesto. Quel vice è la dottoressa Roberta Prati, commissario capo. Proprio Roberta, figlia di Massimiliano Prati.
Di quella bambina, diventata ormai donna, nel giorno del funerale del magistrato, Luise dirà:
“Quella bambina aveva fermato all’improvviso i suoi pensieri, rivelandogli in modo crudo la follia di quegli anni di terrore. Due occhi che lo interrogavano muti: che vita sarebbe stata quella di una bambina costretta a farsi adulta d’un tratto dal colpo basso della sorte? Che mondo avrebbe accolto il suo domani di adolescente, di ragazza e infine di adulta; su quali strade avrebbe camminato incontro al suo destino?”
L’epilogo di “Tutto così in fretta” racchiude il sunto delle vicende raccontate, riporta tanti degli eventi delittuosi che si sono susseguiti e che hanno segnato la storia della nostra Nazione.
C’è un dialogo interessantissimo proprio tra Luise e Roberta. Si interrogano su quello che è successo e cercano di darsi una spiegazione, di trovare risposte a tanti interrogativi che continuiamo a porci e che probabilmente non avranno mai risposte.
Con piglio e stile giornalistico Paolo Mastri ci racconta e ci espone fatti terribili che non dimenticheremo mai, con la speranza che un giorno i tanti veli che coprono segreti e misfatti vengano rimossi e la verità venga a galla.

Cecilia Dilorenzo

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Lo scrittore:
Paolo Mastri è nato all’Aquila nel 1962. Giornalista, scrittore, autore e conduttore di programmi televisivi e radiofonici, è capo della redazione di Pescara de “Il Messaggero”.
Da oltre trent’anni si occupa dei principali fatti della cronaca giudiziaria, economica e politica dell’Abruzzo. Per “Il Messaggero” ha firmato inchieste sugli intrecci tra politica e affari e sugli interessi della grande criminalità, dal narcotraffico all’ecobusiness, al riciclaggio di denaro nell’economia pulita. Ha collaborato con “La Stampa” e la Rai. Ha già pubblicato 3.32 L’AQUILA – Gli allarmi inascoltati e Il Quinto Abruzzo, per i quali ha raccolto riconoscimenti ai Premi Majella, Histonium, Lamerica, Nassiriya, Città di Cattolica, Giuseppe Giusti. Ha ricevuto inoltre il Premio giornalistico Polidoro e il Premio Monte Strega.