Editore Corbaccio / Collana Narratori Corbaccio
Anno 2019
Genere Giallo
240 pagine – brossura e epub
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Strano posto Lungariva. Un antico borgo di pescatori divenuto luogo turistico frivolo e modaiolo e che per lui rappresentava il cambiamento della vita.
Esce proprio oggi in libreria il nuovo romanzo di Emilio Martini – alias Elena e Michela Martignoni – e con lui il suo personaggio, il commissario Gigi Berté. Questa volta alle prese con un brutto omicidio: una donna trovata all’interno del suo appartamento a Lungariva, assassinata. Il particolare macabro è che le manca la testa, mozzata con un colpo di katana. La vittima era molto conosciuta nell’ambiente del cinema, regista e sceneggiatrice originaria di Milano. Il movente sembra essere legato al copione che la donna stava scrivendo per portare sullo schermo un film, ma le indagini non escludono che possa essere stato un ladro il quale, introdottosi in casa, sia stato scoperto e abbia dovuto uccidere la malcapitata testimone. Ma l’ipotesi sembra proprio azzardata, perché per arrivare a decapitare una persona ci vuole forza, coraggio e determinazione. Niente di improvvisato, peraltro.
Nel contempo, anche Irene Graffiani, P.M. conosciuta da Berté in occasione di precedenti indagini condotte insieme, sembra essersi volatilizzata. Il marito non sembra preoccupato, ma il commissario teme possa esserle successo qualcosa di brutto.
Due donne, quindi, una morta e l’altra scomparsa, sono il pensiero fisso del poliziotto arrivato ormai all’ennesimo capitolo della sua vita, nel quale deve mettersi a confronto con il suo passato, la sua gelosia e i suoi demoni.
Capelli sale e pepe, ricci e raccolti in una coda ormai fuori moda che si ostina a tenere lunga fino a metà schiena, Gigi Berté ormai trapiantato a Lungariva non sente la nostalgia della grande città. Insieme “alla” Marzia, ha trovato finalmente un luogo nel quale si sente accolto, in cui vive bene. Peccato che debba ritrovarsi catapultato in un femminicidio brutale e che ricorda le scene del film di “Kill Bill” di Quentin Tarantino, quando Uma Turman tagliava le braccia ai suoi nemici con tanto di spruzzi di sangue dappertutto.
Ed è questa la scena che si ritrova davanti il commissario e comincia a interrogare tutti quelli che facevano parte dell’ambiente del cinema, dagli attori ai produttori, ciascuno con vite fuori da ogni controllo. Dove il Weinstein di turno non si troverebbe affatto male, fra compromessi e tradimenti.
Lasciati da parte, questa volta – o quasi – gli haiku della Marzia e anche la sua passione per la scrittura, in Ciak si uccide Berté non scrive, ma legge i racconti degli altri. Attraverso interrogatori un po’ alla tenente Sheridan che faranno emergere il marcio che si nasconde sotto il tappeto dell’ambiente del grande schermo, spesso il commissario si ritroverà a fare supposizioni più dettate dall’emotività che da veri e propri indizi, dubbioso di non avere più lo smalto di una volta che gli permetteva di risolvere i casi nel giro di breve tempo.
Ha sempre amato il suo lavoro, ma ora è tormentato dalla stanchezza e dall’inquietudine, da una sensazione di inadeguatezza. Si fa coinvolgere emotivamente, anziché considerarlo un lavoro come gli altri, come fanno i suoi colleghi. Ha scelto quel lavoro perché era quello di suo padre, ma forse non ha le stesse capacità. L’intuito di Berté è stato schiacciato dalla gelosia e dall’irascibilità della sua situazione personale, un figlio che non è riuscito ad avere e la sua amata Marzia che ama a tal punto da esserne accecato.
Simpatici gli accenni a la Bastarda che altro non è che la sua coscienza: ogni tanto prende piede e tira fuori delle frasi poco diplomatiche. A volte la Bastarda parla per lui: sintetica, volgare, quel tanto che basta, ma incisiva.
Anche questa volta le sister’s Martignoni hanno confezionato una bella storia, molto più incisiva dei precedenti – a mio avviso meno introspettivo e più police procedural – attente a sensibilizzare l’argomento sul femminicidio, ma più in generale sull’eterno dibattimento tra l’universo femminile e quello maschile, con un finale spiazzante, il coup de théâtre che sorprende.
Cecilia Lavopa
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Le scrittrici:
Dietro lo pseudonimo di Gigi Berté si nasconde un vicequestore aggiunto in carne e… coda brizzolata, che opera in un commissariato italiano.
Anche dietro il nome Emilio Martini si cela qualcuno in carne e… penna: due sorelle scrittrici, Elena e Michela Martignoni, che conoscono bene il Commissario, sono milanesi e frequentano da anni la Liguria. Insieme hanno scritto i romanzi storici Requiem per il giovane Borgia, Vortice d’inganni, Autunno rosso porpora e Il duca che non poteva amare, e i gialli con protagonista il commissario Berté, oltre a Ciak: si uccide, La regina del catrame, Farfalla nera, Chiodo fisso, Doppio delitto al Grand Hotel Miramare, Il mistero della gazza ladra e Invito a Capri con delitto e Il ritorno del Marinero oltre alle raccolte I racconti neri del commissario Berté e Talent Show.