Pierre Lemaitre ha insegnato per molti anni Letteratura ed è approdato tardi alla carriera di scrittore e sceneggiatore. È autore di dieci romanzi con cui ha vinto diversi premi, tra i quali, nel 2013, il Goncourt: il primo autore di polar a ottenere il prestigioso riconoscimento. L’abito da sposo si è aggiudicato nel 2009 il premio Meilleur Polar Francophone. Fazi Editore ha pubblicato anche Lavoro a mano armata, da cui è stata tratta una serie tv prodotta da Netflix.
Da oggi torna in libreria il suo romanzo “L’abito da sposo”, in una nuova edizione a cura di Fazi Editore nella collana Darkside, libro di cui vi riproponiamo la recensione che avevamo già pubblicato:
Sophie ha circa 30 anni e fa la baby-sitter. Ma un mattino si sveglia e trova il bambino del quale si prende cura morto strangolato. Di recente ha avuto una lunga serie di blackout, le sono successe molte cose inspiegabili (più avanti scopriremo esattamente cosa e perché), quindi non ha dubbi: è stata lei. Fa quindi l’unica cosa che le viene in mente: scappa. Durante la fuga incontra una ragazza che cerca di aiutarla solo per finire a sua volta uccisa. Proseguendo con la lettura, veniamo a sapere che ci sono state altre morti accomunate da una sola cosa: Sophie. La donna non si ricorda di aver commesso alcuno di quegli omicidi, ma non ci sono altre spiegazioni…
Nella seconda parte del romanzo veniamo finalmente a sapere cos’è accaduto, cos’ha causato quella catena di delitti. Non aggiungo altro perché rischierei di rovinare il piacere di svelare il mistero, ma mi limito a dire che a quel punto le cose si fanno ancora più interessanti.
Ci sono poi altre due “parti”, nelle quali vediamo le conseguenze di quanto è avvenuto fino a quel momento fino a un’interessante e inattesa conclusione.
A essere sincero, ho faticato un po’ a superare la prima dozzina di pagine. Non so se si tratti dello stile di Lemaitre o della traduzione (che comunque mi sembra ottima), ma la prosa mi è parsa inizialmente un po’ ostica. Ma presto ho “preso il ritmo”, per così dire, e mi sono “bevuto” questo romanzo in pochi giorni.
Il ritmo della narrazione è piuttosto lento, con alcune accelerazioni solitamente molto brevi (ma incisive), spesso non nell’azione ma piuttosto concentrate sulla psicologia della protagonista, che appunto alterna momenti di lucidità assoluta ad attacchi di panico irrefrenabili.
Si tratta insomma di un thriller abbastanza sui generis, molto psicologico, costruito in maniera particolare, originale, con flashback su flashback. In particolare, come già menzionato, la seconda parte del romanzo ritorna a eventi avvenuti prima dell’inizio del romanzo stesso, aiutando il lettore a comprenderne le cause altrimenti misteriose.
Superato lo scoglio delle prime pagine, durante le quali è necessario adeguarsi al ritmo della narrazione, la lettura è poi scorrevolissima e piacevole, grazie anche alla già nominata traduzione dell’esperto G. Cuva.
Per tirare le somme, quindi, un thriller atipico, senza sparatorie e inseguimenti, probabilmente più complesso della media da seguire e capire ma anche molto più soddisfacente.
Marco A. Piva