Intervista a Deepti Kapoor

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Deepti Kapoor ha vissuto e lavorato a lungo come giornalista a Delhi. Per Einaudi ha pubblicato L’età del male (2023), primo volume di una trilogia, venduto in 35 Paesi in seguito a una delle più contese aste di sempre e diventerà presto una serie tv.
In Italia per Noir in festival per presentare il suo libro, l’abbiamo incontrata per farci raccontare qualcosa di più di lei e del romanzo.

1. Leggendo L’età del male i Wadia sono come dei trisavoli all’origine del capitalismo, i proto-gangster che hanno tirato su, letteralmente, le enclosure, che non hanno avuto il tempo, le generazioni, per ripulire la propria storia. Il sottotesto politico del tuo romanzo, nel senso migliore del termine ed è terribile doverlo precisare, è fortissimo. Quanto è importante per te, come scrittrice che scrive una saga, come intellettuale che osserva la realtà.
Deepti Kapoor: Sì, è molto importante l’aspetto politico, l’idea di questo romanzo mi è venuta perché volevo esercitarmi dal punto di vista personale su questi argomenti. Da giovane sono stata in un collegio frequentato da persone di una ricchezza estrema, un ceto sociale che negli anni ’90 è sfociato e io mi sono trovata immersa in questo mondo.

Avevo vent’anni e facevo la giornalista e dopo una decina d’anni volevo scrivere partendo dall’esperienza personale, ma anche capire da dove venisse questa ricchezza esagerata, perché questo modo di vivere aveva delle implicazioni sociali enormi.

Sentivo la responsabilità di affrontare questa parte esteriore, capire come questa vita lussuosa avesse le sue radici in una povertà estrema. Ecco perché volevo parlare del fatto che ci fosse della corruzione, sentivo la spinta morale a esplorare questi eventi e non potevo limitarmi a dare un punto di vista esterno. Dovevo analizzare questa società che si era venuta a creare in cui c’era una rete vastissima di corruzione, di abuso di potere.

Sono partita dall’indagare il punto di vista del personaggio, Sunny, una persona che ho conosciuto davvero, la cui ricchezza della famiglia viene proprio da lontano, questi protocapitalisti che hanno imparato a sfruttare il cambiamento di paradigma che c’è stato in India negli anni ’90 nel quale si sono stabilite nuove regole, dove hanno capito di poter entrare in un gioco più grande. Gangster che si sono agganciati ai politici, che sono riusciti a crearsi delle relazioni importanti.

2. L’Età del male è quella quando il potere di “re e imperatori” è assoluto, e non c’è alcuna etica, alcuna religione, nessun Ashoka che pone limiti alle élite e diffonde benessere e cultura. Neda è l’unico personaggio che ha le capacità intellettuali, la forza per farlo. Rappresenta la società civile. Quanto è forte, o debole, la società civile nell’India contemporanea.
Deepti Kapoor: Domanda molto interessante! Il romanzo si svolge in un periodo storico preciso, tra il 2004 il 2008. Neda sicuramente è il personaggio che appartiene a un’elite culturale, vive in una famiglia liberale, dai forti valori morali, ma è anche una famiglia privilegiata perché beneficia anch’essa di una struttura di potere di un certo tipo, appartiene all’upper class. Neda non si rende conto di essere privilegiata in una società nella quale c’è molta disuguaglianza. Consideriamo che in India c’è stato uno sconvolgimento politico in dieci anni del governo di Modi. La famiglia di Neda non fa più parte dell’élite perché ora le élite sono la famiglie di Sunny, i Wadia. Persone che non sentono la responsabilità di parlare a favore delle classi più disagiate, anzi. Sono contente che la povertà continui a esistere. Come in Unione Sovietica quando è crollato il regime, con gli oligarchi che hanno arraffato tutto.

La società civile in India è piuttosto debole, dal punto di vista politico possiamo dire che c’è della resistenza da parte degli studenti e di alcuni giornalisti, ma i media danno voce alla propaganda.

Le leggi magari sono le stesse, ma vengono applicate diversamente, la libertà di parola è minacciata, per poco si finisce in galera, le persone sono spaventate. Vent’anni fa l’India era in una fase espansiva in cui avremmo potuto prendere qualsiasi direzione, ma è stata presa una direzione piuttosto oscura.

3. Collegandomi a questa risposta, ti sei sentita libera di scrivere un romanzo con queste tematiche?
Deepti Kapoor: Quando ho cominciato a pensare a questo romanzo, ero partita da un’idea piuttosto limitata, volevo creare qualcosa di simile a Il Grande Gatsby, poi mano a mano che andavo avanti lo sguardo è andato più lontano. Mi è venuto in mente il personaggio di Ajay, che ha messo in moto qualcosa di completamente diverso, mi sono accorta dopo di aver scritto un romanzo politico. Il fatto che poi abbia cominciato a scriverlo in India e poi mi sia trasferita in Portogallo, di aver visto le cose da più lontano, mi ha dato anche più coraggio, una visione diversa. Per quanto riguarda la censura in India, riguarda principalmente i media, ma per adesso nei romanzi questo non si sente.

4. L’India allora. È la più grande democrazia del mondo, ha un programma spaziale capace, fornisce le menti e mani che scrivono software e algoritmi. Il secolo cinese sembra non si sia realizzato, sempre più spesso si parla di Secolo indiano. Ma c’è del marcio in India, enorme, tentacolare, una piovra che consiste in un tremendo intreccio di criminalità e politica. È secondo te possibile che il Secolo indiano si realizzi senza uno stato di diritto funzionante, nelle strade come nei bilanci societari?
Deepti Kapoor: Dietro le cifre sull’economia indiana c’è dell’altro, Oxfam ha da poco pubblicato una ricerca sulla disuguaglianza in questo Paese in cui si vede che l’1% della popolazione più ricca possiede il 40% della ricchezza nazionale mentre il 50% compreso nella fascia con i redditi più bassi detiene appena il 3% della ricchezza totale. Quindi al di là di tutti i progressi, è un Paese dove esistono fame e malnutrizione, non c’è istruzione e sanità per vaste categorie di persone. È un luogo di forti contrasti e ci sono milioni di persone che vivono in condizioni terribili. Questo minaccia moltissimo lo stato di diritto, non sappiamo se questo sistema democratico sopravvivrà, possiamo solo sperare che ci sia una via d’uscita.

5. L’Uttar Pradesh, lo stato sotto i ghiacciai dell’Himalaya, è anche dove comincia il romanzo di Kim Stanley Robinson, The Ministry of the Future. È il luogo dove una nuova India comincia a risorgere dalla prima megadeath da cambiamento climatico.
I Wadia sono un agente rilevante della corsa verso il progresso ma l’India è “il continente-mondo” più fragile al riscaldamento globale. Sembra un “limite dello sviluppo” da agente non umano. Avrà un posto nella tua saga come sembra averlo nell’India contemporanea?
Deepti Kapoor: Senz’altro! Nel secondo libro, il sottotesto riguarda proprio il disastro ecologico. Neida torna a Delhi, la città è totalmente cambiata, l’aria è irrespirabile. Tutto è cambiato anche nella zona dell’Himalaya, c’è un eco sistema molto fragile nella corsa allo sfruttamento delle risorse minerarie. Il cambiamento del clima contribuisce a una situazione già molto complicata. Sicuramente nei prossimi due libri affronterò questo argomento, perché l’idea era proprio di vedere questi personaggi svilupparsi ed evolversi in un contesto più ampio.

Intervista a cura di Cecilia Lavopa e Antonio Vena