Editore Newton Compton Editori
Anno 2024
Genere Giallo
256 pagine – brossura e ebook
Vi è mai capitato che un thriller – o peggio, un noir – vi risulti caldo e accogliente come l’idea di un bicchiere di rosso e un plaid in una sera d’inverno? A me sì, poche volte, e tutte mi ero detta: “Mah, sarò strana io a forza di leggere di assassini e morti ammazzati!”. Stavolta, invece, no: leggendo “Il morso del varano” di William Bavone ho proprio avuto la sensazione che quel calore venisse dal libro, dal protagonista, dall’ambientazione, dalla scrittura stessa.
La città, tanto per cominciare, è Bologna che già è notoriamente la più calorosa e caciarona delle città del nord. Il protagonista, poi, è tal Nico De Luca, cognome che da solo ne denuncia la provenienza: ispettore salentino… oddio, soprannominato “il salentino albino”, però sempre salentino è! Da anni vive in un appartamento in via Paolo Fabbri 43 (e no, non è un caso) che da un po’ condivide con la nipote Giulia che dovrebbe studiare giurisprudenza, ma che sembra proprio essersi persa. E proprio mentre combatte con la recalcitrante nipote, De Luca si ritrova immerso in un’indagine che sembra più un rompicapo: un uomo, un giudice anziano, viene ucciso. A distanza di poco tempo seguono altre morti, perciò urge trovare l’assassino, ossia colui che ha un legame con tutte le vittime… e possibilmente urge fermarlo, prima che colpisca ancora. Tra false partenze, depistaggi e pressioni dall’alto, Nico De Luca brancola nel buio.
Ebbene, il pregio di questo libro non è l’originalità; non è nemmeno un protagonista che resta scolpito nella memoria, né un’indagine così sconcertante da rimanere negli annali del crime. No, niente di tutto questo. Il pregio di questo libro sta in quello che suscita nel lettore, in come lo fa sentire mentre legge: sta nel suo essere normale, meravigliosamente normale. Niente colpi di scena da cinema americano, niente alzate d’ingegno degne di un detective classico, niente investigatori belli e dannati (oddio, De Luca un po’ dannato lo è, ma ancora nei limiti): la sensazione è proprio questa, di normalità, di quotidianità squarciata dal delitto, dal crimine, dalla crudeltà.
De Luca non è un viveur, mangia cibi precotti riscaldati al microonde; Giulia – che forse è il personaggio che mi è piaciuto meno e che avrei approfondito di più – è anche lei una ragazza normale che sta attraversando un periodo difficile. L’assassino sì, lui è fortemente disturbato, eppure, per quanto perverso, il movente si trova. È stata forse tutta questa vita normale a suscitare calore e senso di accoglienza. O forse è una dote innata di Bavone, quella di avere un tocco così morbido eppure preciso, dettagliato e nero, nerissimo… perché oltre alla creatività nell’inventarsele, nel pensarle, certe storie bisogna raccontarle con l’intensità giusta.
Una scrittura immersiva, quella di Bavone, eppure lineare, chiara, precisa e mai ampollosa. Bavone è onesto con i suoi lettori, non ci sono quasi ombre in questa storia. Ci dice chiaro e tondo persino che ci sarà un De Luca 2, figurarsi!
E poi, ciliegina sulla torta, le espressioni in dialetto salentino sono quantomai azzeccate, pertinenti e per nulla sbavate (cosa che ho trovato in altri romanzi scritti da salentini o pugliesi)! E per me questo equivale a dieci punti in più! Un noir avvolgente, caldo, con tante promesse per il futuro, insomma. E speriamo che arrivi presto, questo futuro.
Rossella Lazzari
Lo scrittore:
William Bavone, classe 1982, è salentino di nascita e parmense d’adozione. Laureato in Economia, ha al suo attivo saggi di geopolitica, romanzi, novelle per bambini e vari racconti inseriti in diverse antologie e pubblicati singolarmente. Il morso del varano è il suo primo romanzo pubblicato con la Newton Compton.