Edgar Allan Poe – Viaggi Immaginari

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Editore: Gargoyle Books
Anno: 2013
Pagine 326 – Brossura
Traduttori: Cecilia Bolles, Lucilla Noviello, Alessandro Gebbia
A cura di: Alessandro Gebbia

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“Viaggiare è come sognare,
la differenza è che non tutti, al risveglio,
ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda
la memoria della meta da cui è tornato”

Edgar Allan Poe

Poter leggere un libro di Edgar Allan Poe è sempre una gioia. EAP (per brevità) è uno degli autori più intriganti che il diciannovesimo secolo abbia prodotto. La sua maestria spazia dalla poesia alle storie brevi: è, per certo, il fondatore del genere del giallo psicologico e della creazione della figura del detective (Auguste Dupin) e non aggiungerò altro in merito a quanto da lui creato per il genere dell’horror gotico a me tanto caro.

Questo libro è, se possibile, un’ulteriore testimonianza della sua capacità scrittoria e della sua inventiva: ci mostra come a Poe sia da ascrivere anche una forte influenza al genere della “Science Fiction” (da noi pressoché intraducibile se non con un generico “fantascienza”). Il lavoro svolto da Gebbia e dai traduttori è encomiabile. La qualità della traduzione (avendo avuto modo di leggere alcuni degli originali) è veramente alta e rende con dovizia il ritmo e la prosa di quegli anni.

La raccolta mette insieme 18 racconti brevi (alcuni erano già apparsi in una pubblicazione analoga presso Penguin con il titolo “The Science Fiction of Edgar Allan Poe” nel 1976) scritti in un periodo di tempo che va dal 1833 al 1849. Se si considerano gli anni in cui questi racconti vengono ideati, ecco che appare straordinaria la capacità dell’immaginazione di Poe di anticipare – in alcuni di essi – scoperte ed imprese che la scienza a lui contemporanea era ben lontana anche solo dall’ipotizzare. L’immaginazione: questo è il motore primario del viaggio, corredata poi da un sapere vasto e profondo (riferimenti scientifici redatti con estrema precisione) che mostra quale enorme cultura questo scrittore fosse riuscito a mettere insieme durante la sua seppur breve esistenza.

Ecco che allora partirete alla volta di un viaggio avventuroso nelle Montagne Rocciose (ne Il diario di Julius Rodman) per poi virare in piena fantascienza (Il manoscritto trovato in una bottiglia – considerato il primo racconto di fantascienza tout court) quindi i misteri della navigazione sul mare (Una discesa nel Maelström), le fate e il loro mondo, e infine una serie di racconti che passo dopo passo ci presentano una realtà fantascientifica in cui vivono figure assurde che si dedicano a ricerche assurde (a volte quasi una sorta di canzonatura del progresso scientifico del tempo). Tra tutti i racconti due spiccano tra gli altri: L’incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall e L’uomo della folla. Il primo narra di un viaggio sulla luna effettuato tramite un pallone aerostatico: qui troverete riferimenti scientifici estremamente dettagliati e addirittura l’idea d’utilizzare l’antimateria quale mezzo di navigazione stellare, cose mai scritte prima. Jules Verne trarrà da questo racconto l’ispirazione per il suo Dalla Terra alla Luna.

Il più bello di tutti, ma anche il più inquietante, è il secondo: L’uomo della folla. Agghiacciante è ritrovare in un testo scritto nel 1840 le alienazioni tipiche della società attuale: la tecnologia che porta al disfacimento dell’identità personale, all’omologazione al livellamento verso il basso. Le città sono fredde, le architetture mastodontiche e impersonali. Tutti pensano a loro stessi, nessuno si preoccupa del prossimo: quando si è immersi nella folla si è ancora più soli.

Ho letto questo libro con vero piacere, ritrovando racconti che avevo già conosciuto in originale e soprattutto ritrovando quella genialità che mi ha sempre fatto amare questo scrittore fin da quando l’ho conosciuto leggendo La Lettera Rubata. Edgar Allan Poe è, assieme a Lovecraft, l’autore a cui sono più legato poiché è colui che ha creato tutto l’universo letterario a me caro. E’ riuscito a spaziare tra tutti i generi dell’immaginario, del mistery e del noir fino all’horror. Ha inventato il giallo (I delitti della Rue Morgue, La Lettera Rubata e Il mistero di Marie Rogêt) e la figura dell’investigatore, quell’ Alphonse Dupin precursore di Sherlock Holmes. Poe precorre Matheson, Stephen King e lo stesso Lovecraft nello studio dei meccanismi della paura che devono più alla psicologia che alla metafisica. Non varca mai, anzi segna costantemente tra le righe, il confine tra spiegabile ed inspiegabile e lascia sempre a chi legge il decidere se decifrarli in un modo o nell’altro. Questa raccolta è molto ben fatta, ben articolata e ben tradotta. La consiglio sia a chi già conosce lo scrittore di Boston, ma anche a chi lo approccia per la prima volta. Non resterà affatto deluso.
Ho solo un’unica rimostranza – da pignolino: mi sarebbe piaciuto vedere i racconti presentati in ordine cronologico di pubblicazione… ma, come ho detto, a volte sono un pignolino…

Michele Finelli

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EDGAR ALLAN POE

Nasce il 19 gennaio del 1809 a Boston, figlio di due attori. Il padre abbandona la famiglia, la madre muore nel 1811 e Edgar viene allevato da John Allan – mercante di tabacco di Richmond – che gli impartirà una buona educazione. Si arruola nell’esercito nel 1827 dove diviene sergente maggiore. Mandato a West Point ne viene espulso. Da allora inizia a scrivere: i primi racconti sono del 1833 ma è con Lo scarabeo d’oro del 1843, Il Corvo e altre poesie e Il Gatto nero che ottiene la celebrità. La morte della moglie – sposata tredicenne – nel 1846 lo fa sprofondare nell’alcolismo. Morirà il 7 ottobre del 1849 nell’ospedale Washington College di Baltimora, dopo quattro giorni di deliquio.