Sono molto onorata di aver realizzato questa intervista a un grande scrittore americano, Victor Gischler, scrittore de “La gabbia delle scimmie” e “Anche i poeti uccidono“, nonché l’ultimo libro uscito da poco Notte di sangue a Coyote Crossing con la collaborazione di Matteo Strukul di Meridiano Zero per la traduzione:
1. Parli di precarietà sul lavoro, delle condizioni degli afro-americani (da quello che vince una borsa di studio e cerca di emergere dalle condizioni in cui vive, a quello senza scrupoli che prende l’identità di un altro, per uscire dal ruolo di spacciatore). Quindi in qualche modo cerchi di evidenziare tematiche sociali attraverso i tuoi libri?
V.: Quello che adoro dello humour e della satira in genere è che non sono obbligato a dover rispondere a domande importanti. Io mi limito a porre una questione. Cerco di far rendere conto i lettori di certe cose magari spingendoli in una situazione o in un contesto particolarmente strano e fuori dagli schemi. Certo, fare satira in questo senso è piuttosto facile: non devo risolvere il problema, però posso regalare divertimento a tutti coloro che, probabilmente, hanno le mie stesse incertezze.
2. Il ruolo della donna, soprattutto nell’ultimo libro, non emerge tra le figure che hai ideato. Non ti sembra di aver esagerato in… cattiveria?
V.: Credo che le donne siano importanti ma allo stesso tempo concordo: le donne in Anche i poeti uccidono hanno ruoli minori, il che peraltro non significa che gli uomini abbiano vita facile. Prova a pensare a Jay Morgan, il protagonista del romanzo. Più lo conosciamo e più ci rendiamo conto di quanto lui sia debole, egocentrico, autoreferenziale. Quindi, se ci pensi, è molto meglio per le donne essere lontane dal ruolo di protagoniste e da luci della ribalta di questo tipo.
3. Come ti sei approcciato alla scrittura?
V.: Ho cominciato a scrivere in prima elementare. Amo le storie in qualunque modo siano scritte o raccontate: film, fumetti, libri. Perciò, direi che ho cominciato a scrivere ancor prima di quando fossi realmente in grado di farlo in modo corretto. A scuola ho sicuramente assistito ad alcune buone lezioni. Poi ho imparato abbastanza per ignorare quelle che non lo erano affatto.
4. Le trame in cui mischi comico e noir, ti hanno accompagnato nei due libri tradotti per l’Italia, ma anche gli altri sono così? E’ forse per sdrammatizzare la cruenza che descrivi? O per destabilizzare il lettore? Alla fine, anche le scene più forti sono caratterizzate da questa voglia di far ridere. Hai mai pensato di scrivere un libro comico?
V.: Per quel che mi riguarda è divertente ciò che non ci si aspetta che lo sia davvero o che comunque non si suppone lo sarà. Sicuramente c’è anche un mio segreto piacere personale, sono colpevole per questo, nell’infilare lo humour bislacco che caratterizza le mie storie. Sicuramente alcuni dei miei libri sono più divertenti di altri ma in nessuno manca un pizzico di lunatica e divertente follia credo. Penso che questo tipo di sorriso, di divertimento, di humour sia uno degli elementi imprescindibili della mia scrittura.
5. Qualcuno scrive che le trame dei tuoi libri potrebbero essere tramutate in film. Ti piacerebbe? Hanno definito il tuo primo romanzo La gabbia delle scimmie “Un noir alla Tarantino”, la definizione rispecchia ciò che pensi?
V.: Anzitutto: credo che la definizione data a La gabbia delle scimmie sia tendenzialmente corretta. Venendo al film che verrà tratto dal libro posso anticipare che abbiamo un produttore che è ormai molto vicino all’obiettivo. Abbiamo una lista di star di Hollywod collegata al progetto e un ottimo regista che ha già firmato il contratto. Quindi direi che nell’aria si respira un cauto ottimismo. Anche i poeti uccidono ha avuto una risposta talmente buona in Italia che mi piacerebbe davvero che una casa cinematografica italiana decidesse di tirarne fuori un film. I lettori italiani da questo punto di vista possono darmi una grossa mano e io sono convinto che insieme ce la possiamo fare.
6. Come nascono i tuoi personaggi? Come li caratterizzi? Sono totalmente inventati o c’è qualcosa di tuo?
V.: A volte prendo una persona che ho conosciuto davvero, magari a scuola, all’università, al lavoro, e centrifugo le sue caratteristiche caratteriali in un personaggio in cui quei tratti vengono ovviamente esasperati e spinti al massimo. A volte c’è qualcosa di me in vari personaggi ma senza esagerare: credo di essere una persona abbastanza noiosa.
7. Quanto c’è di blues e quanto di noir nei tuoi romanzi?
V.: C’è un po’ di blues nel mio modo di essere e un sacco di noir nelle mie storie anche se c’è sempre un po’ di lieto fine o perlomeno un filo di speranza nei finali. Per questo motivo non me la sento di dire che i miei romanzi sono davvero noir al 100 %. Rimane il fatto che non ci sono veri eroi nelle mie storie, perlomeno non nel senso tradizionale del termine e questo credo sia un elemento tipicamente noir.
8. Ho notato una sorta di insensibilità nel professore, in vari passaggi del libro. Non ti sembra di aver rischiato di creare dei ruoli troppo dissimili dalla realtà? O pensi che questa sia la realtà?
V.: In realtà credo che proprio questo suo modo d’essere sia realistico. Molte persone fanno cose estremamente stupide quando si trovano a vivere situazioni strane e sorprendenti. La capacità umana di fare cose idiote è incredibile e sia chiaro che io mi infilo di diritto nel novero…tu stessa puoi testimoniare di avermi visto fare alcune cose assolutamente cretine.
9. Sei sposato? Hai figli? Se si, fai leggere anche a loro ciò che scrivi? Ti fai consigliare?
V.: Sì ho una moglie e un bimbo di sei anni. Mia moglie riesce a sopportare, come lettrice, sesso e violenza nelle storie degli altri autori ma non da parte mia. Non è mai riuscita ad arrivare alla fine di uno dei miei romanzi. Penso di essere salito nella sua classifica da quando sono diventato suo marito. Ma rimango comunque una delusione costante per lei, povera! Mio figlio sarà autorizzato a leggere i miei romanzi quando avrà sedici anni.
10. Ma uno scrittore del tuo calibro, che libri legge? Hai tratto ispirazione da qualcuno in particolare?
V.: Ho letto e leggo cose molto diverse: Kurt Vonnegut, Nancy Kress, Faulkner, Mike Resnick, Vicki Hendricks, Joe Meno, Philp K. Dick, John D. MacDonald, troppa roba davvero, mi fermo qui.
11. Se dovessi presentarti in poche parole, come ti descriveresti?
V.: Normalmente dico semplicemente “Ciao, sono Victor Gischler”.
12. Quanto sei famoso in America e quanto in Italia? In quali altri paesi sono stati tradotti i tuoi libri?
V.: I miei libri sono stati tradotti in svariate lingue, tra queste: tedesco, giapponese, ceco, francese, spagnolo, portoghese, turco e ovviamente ITALIANO. Non mi importa granché della mia presunta fama. Una cosa è certa: non sono J.K. Rawling. Credo che ultimamente il mio pubblico negli Stati Uniti stia crescendo ma forse più grazie ai fumetti di cui scrivo le storie che per i miei romanzi. Se sei autore delle storie di Deadpool o degli X – Men per la Marvel è impossibile che non si parli almeno un po’ di te. Se la metà delle persone che legge gli albi degli X – Men leggerà un giorno i miei libri, credimi, sarò davvero arrivato. Sono rimasto molto sorpreso e colpito dalla fantastica accoglienza che mi hanno riservato i lettori italiani. Certo, immagino che un grande aiuto sia arrivato dal fatto che insieme a me c’era Joe R. Lansdale.
13. Di cosa hai paura, Victor?
V.; Di essere disoccupato, al verde. Nessun problema quando ero uno studente. Ma adesso ho un figlio a cui pensare. L’idea di non avere soldi per pagare il mutuo o per mettere il pane in tavola mi terrorizza molto di più di qualsiasi gangster. Per questo motivo lavoro sodo.
14. Quale domanda vorresti che ti facessero e che non ti chiedono mai?
V.: Non mi viene in mente niente. Sono sempre sorpreso e felice che le persone mi vogliano fare delle domande. Di qualsiasi tipo.
Intervista a cura di Cecilia Lavopa, pubblicata anche su http://www.thrillercafe.it/