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by Photo Style Savona |
Grazie di esserVi fermati a Contorni di noir per farvi un’intervista e partiamo con la “raffica” di domande!
1. Innanzitutto, come vi siete conosciuti?
N&Z: Ci siamo conosciuti sui campi da tennis del dopolavoro dell’Italsider di Savona. Abbiamo cominciato sfidandoci in accese partite, senza nemmeno immaginare che tra un set e l’altro sarebbe nata l’idea pazza di scrivere una sceneggiatura per un film. Sì, perché era questa l’intenzione. “Soluzione finale” era in realtà la trama, lo script per un film. Ma ben presto abbiamo accantonato ogni velleità e abbiamo preso alla fine la decisione che sarebbe potuto essere un buon libro, un medical-thriller. Ci siamo scoperti entrambi appassionati, oltre che di tennis e calcio, di letteratura e di cinema. Ma forse, e questo non ce lo siamo mai rivelato, entrambi anche con il desiderio di scrivere qualcosa, intaccati silenziosamente dal virus della lettura che subdolamente muta e spinge un lettore a cimentarsi prima o poi nella scrittura.
2. Chi eravate prima di cominciare e come vi vedete fra qualche anno?
N&Z: Eravamo semplici studenti. Ormai siamo amici da più di vent’anni e a quel tempo, la realtà era più fatta di sogni e di progetti, piuttosto che di basi concrete. Come ci vediamo tra qualche anno? Speriamo ancora con la passione di inventare nuove storie e con lo stesso piglio nel volerle complicare, continuare insomma a scrivere con i nostri affezionati lettori sempre al fianco. Esulando dalla scrittura, speriamo in salute e sereni.
3. Qual’è stato il vostro background e come vi siete approcciati alla scrittura?
N&Z: Ci siamo sempre definiti onnivori. Abbiamo letto e leggiamo sempre di tutto. Un bisogno di conoscenza forse, oppure proprio solo il piacere di leggere. Confessiamo però che il genere noir, thriller, giallo gode di una corsia preferenziale nei nostri gusti. Siamo partiti dai classici, Chandler, Hammett, Christie, Simenon, Doyle, Wallace, Queen e chi più ne ha più ne metta, quindi spaziando proprio tra le varie espressioni nel concepire la costruzione di una storia di investigazione. Siamo arrivati col tempo a Follett, Smith, Ellroy, Connelly, Preston&Child, Alan D. Altieri, Deaver, MacFadyen, Grangè e via dicendo, notando di volta in volta quanto la scrittura possa essere diversa in base alla mente che la costruisce, pur se il genere affrontato è lo stesso. Lo stesso animale che lascia impronte ogni volta differenti, questa è la fantasia, la creatività.
4. L’avvicinamento con le case editrici è stato duro? Avete avuto molti problemi nel presentare i manoscritti?
N&Z: Percorso irto e impervio. Il nostro primo libro, “Soluzione finale”, lo abbiamo scritto nell’ormai lontano 1999, senza fuga da New York… volendo prendere a prestito e giocare con il titolo di un famoso film. Difatti è proprio ambientato nella Grande Mela. Addirittura c’era una lunga parte ambientata nelle Twin Towers, che ovviamente poi abbiamo dovuto stravolgere completamente in seguito ai tragici eventi dell’11 settembre del 2001. Contando che è stato pubblicato nel 2005, ci sono nel mezzo ben sei anni di tentativi in cerca di pubblicazione. Abbiamo ingenuamente iniziato, al termine della stesura e della revisione del testo, a spedire lettere alle case editrici proponendo il nostro libro. Il risultato finale è stato quello di ben trentatré lettere di rifiuto standardizzate, che conserviamo tuttora. Visto l’insuccesso, abbiamo allora provato la via dei concorsi.
Dopo numerosi nulla di fatto, abbiamo avuto una piccola fiammella di speranza con la comunicazione che “Soluzione finale” aveva superato una selezione per il “Premio Tedeschi” dei Gialli Mondadori. Il passo successivo sarebbe stato quello di rientrare nella rosa dei finalisti, ma questo gradino non l’abbiamo mai raggiunto. Questo fatto però, è stato un’enorme iniezione di fiducia che ha rinvigorito maggiormente la nostra volontà di non arrenderci. Nel 2003, questa tenacia, magari un po’ folle, ma mai presuntuosa, si è concretizzata con la vittoria nella città di Firenze del “Premio internazionale Palazzo al Bosco”, il cui premio era appunto la pubblicazione con Marsilio Editore.
Così avvenne nel 2005, quando uscì “Soluzione finale”.
5. Perchè la decisione di scrivere a quattro mani e come vi dividete i compiti? Lo schema che utilizzate è sempre uguale o vi scambiate i ruoli ogni tanto?
N&Z: Probabilmente perché riusciamo appena a fare un cervello in due! Non abbiamo una risposta precisa in merito. Abbiamo solo cercato fin da subito di trovare un metodo che potesse risolvere le problematiche che si riscontrano in una scrittura a quattro mani. L’abbiamo trovato un po’ per caso, ma è sembrato funzionare fin da subito. Lo applichiamo dopo che si è trovata una linea comune di idee sulla struttura iniziale. Noi l’abbiamo definito “metodo della scaletta”, sulla falsariga della metodologia usata dagli sceneggiatori americani per la stesura dello script di un film. Il primo step richiede la suddivisione della storia che abbiamo ideato in tanti capitoli composti dai punti chiave, i cosiddetti snodi narrativi.
Creiamo di fatto l’ossatura di quello che vogliamo raccontare e poi procediamo utilizzando una flow chart per una verifica cronologica degli avvenimenti e per individuare eventuali crepe nel susseguirsi logico delle vicende o punti morti. Se tutto fila, allora andiamo a sviluppare i singoli punti chiave con gli elementi di raccordo, di ambientazione e tutto quanto occorre per completare ed ottenere la trama nella sua interezza. Nel frattempo, separatamente, abbiamo sviluppato i personaggi, definendoli caratterialmente, fisicamente e psicologicamente in funzione della trama che abbiamo creato.
A questo punto, c’è una seconda verifica nella flow chart, questa volta, oltre che per la questione temporale anche per l’inserimento coerente di ognuno dei personaggi all’interno della storia. Fatto questo si intraprende la lunghissima via della scrupolosa e capillare ricerca sugli argomenti che andremo ad affrontare nel libro. Questo porta via parecchi mesi, ma alla fine possiamo finalmente avere il piacere di scrivere! Durante la stesura sfruttiamo le e-mail per scambiarci le singole parti per una lettura e correzione incrociata.
6. Quali pregi e difetti notate uno dell’altro?
N&Z: Iniziando con i difetti, rimanendo nell’ambito della scrittura, per non rovinare un’amicizia ventennale, Andrea usa troppi avverbi nei periodi, Gianpaolo calca la mano con le metafore. Questo diventa spesso un gioco goliardico ed entrambi ci ritroviamo a depennare dai pezzi dell’altro un mare di –mente e di come…
I pregi? Riguardo Andrea, la lungimiranza. In Gianpaolo, l’affidabilità.
7. Spesso postate su Facebook video musicali di generi diversi. Se doveste definire i vostri libri con un genere musicale, a quale li paragonereste?
N&Z: Per “Soluzione finale” sceglieremmo Black Sabbath dei Black Sabbath, sarebbe una colonna sonora perfetta. Quindi Doom metal.
Per “Per esclusione” diremmo un pezzo gothic-metal dei Theatres des Vampires, “Pleasure and Pain”.
Per “Il paziente zero”, se vogliamo andare sul solare, il pop rock dei Beach Boys ad esempio “Surfin’”. Se si opta per qualcosa di più hard, l’alternative rock degli Smashing Pumkins con… “Zero”. Suoni e ritmo che si adattano perfettamente a una fuga.
8. Ora parliamo del vostro ultimo libro “Il paziente zero”. Non vi chiederò a quale idea vi siete ispirati, visto che sarà indicato sulla mia recensione. Invece, la cosa che mi ha colpito è che trattasi del secondo libro in cui si parla di malattie e di ospedali. Quanto vogliono essere i libri thriller e quanto campanelli d’allarme verso un sistema sanitario lacunoso o, al contrario, una speranza per nuove strade nella ricerca?
N&Z: Pur essendo libri di intrattenimento, cerchiamo sempre di trattare argomenti che possano in qualche modo lasciare qualcosa a chi legge alla fine della lettura. Se dopo aver terminato uno dei nostri libri qualcuno si porrà anche una sola domanda sui temi che abbiamo affrontato nelle nostre storie, significherà che abbiamo colto nel segno. Con questo non abbiamo nessuna presunzione o volontà di insegnare qualcosa o di focalizzare l’attenzione del lettore su un preciso punto all’interno del libro. Deve essere la lettura stessa a spingere chi legge a farsi delle domande su questo o quell’altro argomento e non per forza tutte le domande devono essere le stesse.
Va da se, comunque, che negli ultimi anni, ci sono più verità scritte in un libro thriller che in saggi di settore. Questo perché chi scrive thriller deve sempre tenere presente la realtà e agire nei limiti dettati da essa.
9. Parlatemi del protagonista, Christophe Douvier.
N&Z: È un corriere di diamanti, con la passione per il surf e un amore viscerale per la sorella Isabeau. Ma è fondamentalmente un uomo, con i suoi pregi e difetti. Non è un superuomo, è un uomo comune che fa una scelta ed è convinto di portarla avanti pur sapendo i rischi che andrà a correre. Anche l’uomo, nel suo piccolo mondo, può trovare la forza per provare a sfuggire a forze ben più grandi di lui. Douvier, rappresenta la volontà di raggiungere un obiettivo, qualunque sia il percorso che porta ad esso.
10. A quale dei tre libri finora pubblicati siete più legati e perchè?
N&Z: Siamo legati sempre di più a quello che stiamo scrivendo. Questo per non far torto a nessuno dei precedenti. Il loro treno è già partito ed hanno la capacità di cavarsela da soli, là fuori. Una volta pubblicato il romanzo non appartiene più a chi lo ha scritto, ma diventa proprietà di chi lo legge. Quello che si sta scrivendo deve essere accudito e protetto, prima di dargli la libertà.
11. Progetti in cantiere?
N&Z: Usciranno un po’ di racconti in diverse antologie a breve, nel giro dell’estate. Mentre proporremo a Marsilio il quarto libro. Incrociamo le dita.
12. Domanda di rito, ma serve per conoscervi meglio: voi scrittori, quali libri leggete e a quali autori fate riferimento?
N&Z: Spaziamo, anche se per ognuno di noi ci sono ormai dei punti di riferimento. Grangè, MacFadyen, Alan Altieri, Cordy, Coben, Preston&Child, Child, Deaver. Non diciamo a chi di noi due questi nomi vanno abbinati per lasciare un po’ di mistero. O forse perché, leggiamo questi autori entrambi?
13. E ultima, una domanda a bruciapelo: credete nei miracoli?
N&Z: C’è un aforisma perfetto di Blaise Pascal che dice: “I miracoli e la verità sono entrambi necessari, perché occorre convincere l’uomo tutt’intero: corpo e anima”. Crederci o meno sta nella concezione di ognuno nel prestare fede a ciò che non si può spiegare. Riteniamo sia un comportamento dettato dai vari momenti in cui ci veniamo a trovare nel corso della nostra vita. Non c’è una risposta unica e precisa, ci sono tanti fattori che possono subentrare e farci credere a cose che non avremmo mai pensato di avvalorare.
Se volete saperne di più su di loro, visitate il sito http://www.novellizarini.it/.
Qui le mie recensioni: Il paziente zero e Per esclusione