Intervista a Marilù Oliva

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Marilù Oliva vive a Bologna e insegna lettere alle superiori. Con Elliot ha pubblicato ¡Tú la pagarás! (Elliot, 2010), finalista al Premio Scerbanenco, in cui è comparsa per la prima volta la conturbante e dannata Elisa Guerra, detta La Guerrera, e Fuego(Elliot, 2011). Mala Suerte (Elliot, luglio 2012) è il suo quarto libro, romanzo conclusivo della Trilogia della Guerrera.

Ha scritto racconti per il web, testi di critica e saggistica, l’ultimo è uno studio sulle correlazioni tra la vita e le opere del Nobel colombiano Gabriel García Márquez: Cent’anni di Márquez. Cent’anni di mondo (CLUEB, 2010). Collabora con diversi blog, tra cui Libroguerriero, Thriller Magazine, Carmilla e l’Unità.

Ciao Marilù e benvenuta sul mio blog!
Ciao Cecilia e grazie per l’ospitalità!

1. Presenta Elisa Guerra alias “La Guerrera”
M.: È una giovane donna che la vita ha sbalzato in un mondo non facile. Non ha filtri, non ha protezioni se non il suo guscio di pessimismo e forza combattiva. Ho scelto di chiamarla così perché sia il cognome – Guerra – che il soprannome recano l’idea delle battaglie che quotidianamente lei deve affrontare. Poche volte vince, spesso viene sconfitta, ma non soccombe mai. Ha dei sogni in un cassetto che resta sempre chiuso e questo contribuisce a peggiorare la sua accidia. Non crede nell’amore, non crede nemmeno nell’uomo, il suo è un materialismo puro che non concede spazio a nulla di spirituale. La salsa è l’unico lenitivo, insieme all’amicizia e ad altri effimeri piaceri della vita, come il rum e le patatine fritte.
2. Com’è per una docente di lettere cimentarsi nella scrittura? E’ una sorta di banco di prova? E, soprattutto, è necessario comunque frequentare una scuola di scrittura?
M.: No, per scrivere non è necessario frequentare una scuola di scrittura, ma può rivelarsi molto utile per affinare (o conquistare) la tecnica. Il fatto che io sia docente di lettere non fa differenza se non nella misura in cui, insegnando italiano, ho il privilegio di parlare di letteratura quasi ogni giorno.
3. Come si confronta Marilù Oliva lettrice rispetto a Marilù scrittrice? Si diventa più critici nei confronti degli altri o verso se stessi?
M.: Senza dubbio. La lettura è la vera grande palestra per la scrittura. I sedicenti scrittori non abituati a leggere si smascherano dalle prime pagine.
4. Nei tuoi romanzi, c’è il richiamo alle musiche latino-americane, con tanto di spiegazione “tecnica” dell’origine di ogni ballo. Quanto è importante per te questa musica e quanto per la Guerrera?
M.: Questo è forse l’unico punto che io e La Guerrera abbiamo in comune senza alterazioni. La passione della Guerrera per le sonorità sudamericane è uguale alla mia. Ho tentato di spiegarla in “Tu la pagaràs!”: si tratta di un amore totalizzante cominciato coi viaggi, qualcosa che ha a che fare con il modus vivendi di quei paesi, un’allegria non disgiunta da malinconia, dove si impastano molti altri elementi riscontrabili anche nei libri toccati dal realismo magico: colori, desideri, ritmi.
5. Sembra che il tuo personaggio abbia proprio tanti vizi: fuma, beve, le piace il sesso, è dura e combattiva. Pari opportunità anche per lei? Giusto per dire: anche una donna può essere come un uomo. Provocatoria o un caso?
M.: Dici bene: non è un caso, anche se penso che le pari opportunità – che nel nostro paese non esistono se non come leggera proiezione di una possibilità ancora lontana – non si ottengano coi vizi estremi. Il suo abbandonarsi ai sensi è, come il ballo, metafora dell’urgenza di incontrarsi e confondersi con la vita, di berla. Non avendo gli strumenti per farlo con moderazione, ci affoga dentro con incoscienza.
6. Una donna che sembra voler spaccare il mondo, coraggiosa e, alcune volte, insensata. Ma a voler grattare un po’ in superficie, mi sembra che abbia molti aspetti fragili, schiacciata da un passato ingombrante e disillusa dalla vita. Non c’è proprio niente che possa sorprenderla?
M.: La Guerrera è talmente assuefatta alle miserie dell’animo che rimane indifferente quando le si ripresentano. La cosa che la sorprende di più è infatti il contrario: la gentilezza, intesa in senso stilnovistico. La grandezza d’animo. Per questo si stupisce, ad esempio, che una povera ragazza maltrattata abbia avuto la premura di curare con affetto l’animaletto del suo aguzzino.
7. L’ultimo romanzo che hai pubblicato con Elliot si chiama “Mala Suerte” – recensito su questo blog – che conclude la trilogia della Guerrera. Ce ne vuoi parlare?
M.: In una Bologna notturna viene compiuto un omicidio: la vittima è stata derubata e uccisa con una modalità inusuale al giorno d’oggi: avvelenamento da cloroformio.
L’ispettore Basilica capisce che la responsabilità è da collegarsi a una baby gang di latinos e italiani e subito coinvolge La Guerrera in questa terza avventura come consulente speciale in grado di addentrarlo nella contraddittoria comunità ispano-americana. La Guerrera sonda negli ambienti salseri della città e si avvale della preparazione scientifica – sta completando la tesi per laurearsi in criminologia – e delle doti intuitive, nonché delle frequentazioni “speciali”, quale il cubano con cui ha intessuto una relazione. Nel frattempo prosegue la sua rincorsa spasmodica alla ricerca di un’occupazione, a dimostrazione che il precariato è stigmate profonda del nostro tempo e non spiacevole moda passeggera. La sfortuna è uno dei temi conduttori del romanzo, la Mala Suerte personificata, la sua affermazione, il suo valore cartomantico, quello scaramantico. La sua potenza ma anche la sua negazione e chissà se alla fine l’ombra che aleggia cupa si dissolverà o inghiottirà qualcuno…
8. Com’è cambiato questo personaggio nel corso dei tre romanzi? Non ho letto i primi due, ma ho avuto l’impressione che Elisa Guerra abbia…sconfinato un po’ troppo nel prendersi spazio rispetto alla storia.
M.: Non ha sconfinato, la storia già le apparteneva o meglio: era stata tagliata e cucita su misura per lei, tanto che i tre libri, assieme, erano stati ideati come “Trilogia della Guerrera” con lo stessa architettura: sono divisi in due parti e ogni capitolo in terza persona – che segue comunque le vicende della protagonista con una focalizzazione esterna – è alternato a un capitolo in prima persona dedicato appunto alla Guerrera.
9. Si parla anche di relazioni sentimentali complicate per Elisa: un Ispettore Basilica, alle prese con un matrimonio difficile e un cubano – Raphael – molto compiacente, quasi al limite dello stalking. Cosa ne pensi?
M.: Le storie sentimentali – che nei miei romanzi sono sempre marginali, anche se poi alla fine ai lettori interessano molto – sono uno specchio di alcune delle difficoltà relazionali d’oggi. Basilica incarna l’uomo insoddisfatto di un matrimonio che gli è stato imposto dalle convenzioni, Raphael rappresenta il richiamo dei sensi fine a se stesso, il sesso senza altre implicazioni.
10. Parliamo un po’ della capoeira: come mai hai scelto per la Guerrera una disciplina così estrema? So che può fare veramente male, se usate nel modo sbagliato. Un’arma non convenzionale?
M.: La Capoeira è un’armonia tra difesa e attacco, tra danza e lotta. Hai ragione: è faticosa e può far male, ma La Guerrera si allena con costanza. La capoeira è anche uno dei pochi simboli di integrazione raggiunta. E di rispetto per l’altro: quello che, nel combattimento, si pretende perfino per l’avversario.
11. Accenni, nel romanzo, alle difficoltà di trovare un lavoro per Elisa Guerra, alla ricerca di quello giusto in un dedalo di offerte tra le più disparate. Riflette un po’ la situazione attuale..cosa mi dici?
M.: Sono un’insegnante precaria ma, anche se non fossi io stessa vittima di questa condizione, non potrei ignorare le persone della mia generazione e di quelle successive e il loro stato di avvilimento rispetto al futuro. L’Italia che descrivo nei miei romanzi si sovrappone all’Italia attuale: incerta, deviata, stordita dalla disinformazione, dissetata con illusioni. Il nostro è un paese dove, oggi come oggi, non esistono le stesse possibilità per tutti. La Guerrera, precaria del lavoro e dell’esistenza (ad essere precisi, in questo momento è proprio disoccupata), porta nel nome la sua condanna a reagire, ma è una lotta titanica e spesso si risolve con delle sconfitte.
12. Tornando al titolo del romanzo, “Mala Suerte”: ho gradito molto le dissertazioni fra le due amiche, Elisa e Catalina la cubana, sulla sfortuna e sui richiami a citazioni di Dante. Quanto incide il destino e quanto la scelta individuale nella vita, secondo te?
M.: Io la penso un po’ a metà tra Catalina e la Guerrera. Di quest’ultima in particolare non condivido le posizioni drastiche: non credo comunque nel destino né nella sfortuna, e non credo neppure che il nostro libero arbitrio abbia grande potere. Dipende dalle circostanze. Possiamo scegliere, certo, ma tra possibilità a volte importanti e più spesso limitate che la vita – o il caso o l’intersecarsi degli eventi – ci pone come limite.
13. Scrivi la prima canzone che ti viene in mente, che esprima tutte le passioni e i sentimenti che sprigionano da questo romanzo.
M.: Avrei l’imbarazzo della scelta perché, come sai, ciascuno dei capitoli della seconda parte (in terza persona) si apre con un consiglio musicale. Scelgo il più movimentato, senza voler far torti agli altri titoli: Salsa Dura de La Excelentia.
14. Considerato il momento un po’ critico anche nel mondo editoriale, quali consigli daresti a chi volesse cimentarsi in questo settore?
M.: Se è già pronto per pubblicare, gli consiglierei di cercarsi un agente e sceglierlo con scrupolo, scartando quelli che pretendono cifre esorbitanti per leggere il manoscritto. E gli sconsiglierei di pubblicare a pagamento.
15. Hai voglia di raccontarci i tuoi progetti futuri?
M.: Ti anticipo solo che lascerò in pace La Guerrera almeno per un annetto, per dedicarmi ad altro. Forse più avanti scriverò ancora di lei, non lo so. Certo ora mi manca, ma non è sufficiente essere morsi dalla nostalgia per scrivere un romanzo. Quando e se tornerò a scrivere della Guerrera sarà perché proverò di nuovo quelle sensazioni fortissime che mi hanno spinto a inventarla: quando, pensando a una giovane donna nelle notti di salsa, mi sentivo “scoppiare di lei”.
Credo di averti sottoposta abbastanza al mio..”Fuego” di domande, spero che la “Mala Suerte” sia sempre più lontana da te e ti auguro tanta, tanta fortuna per tuoi prossimi lavori!
Grazie, cara Cecilia, e buona fortuna anche a te!