Valerio Calzolaio (1956) è giornalista e scrittore. È stato deputato per quattro legislature e sottosegretario al ministero dell’Ambiente dal 1996 al 2001. Tra i suoi libri ricordiamo Ecoprofughi. Migrazioni forzate di ieri, di oggi, di domani (NDA Press, 2010). Per Einaudi ha pubblicato, con Telmo Pievani, Libertà di migrare (2016).
In occasione dell’uscita del suo libro “Angolature noir“, Linea Edizioni (2024) lo abbiamo intervistato.
1.Benvenuto, Valerio. Come è nata l’idea di scrivere un saggio sulla letteratura noir?
V.: Sono sempre stato appassionato del genere. Nel mio tempo libero ho coltivato questa mia passione con letture scelte e poi è arrivata la proposta di collaborazione per il magazine culturale e scientifico dell’università di Padova, il Bo Live. Tutto questo, la mia passione e la collaborazione, è diventata un libro.
2. Vorrei iniziare e soffermarmi sul titolo del tuo saggio “Angolature noir”, o meglio, sul sostantivo “angolature”. Hai usato questo termine perché, secondo te, il noir può essere “visto” e considerato da punti di vista diversi, sfaccettature diverse, appunto angolature?
V.: “Angolature noir” non vuole essere una storia e neppure un saggio compiuto sul noir. E’ molto difficile definire cos’è il noir. Già solo il termine non è lo stesso per tutti i paesi. Per un italiano è giallo, per un americano è crime, per un tedesco è kriminal, per un inglese è mystery e per un francese è polar. In Italia il noir si è imposto negli anni Ottanta del secolo scorso e si voleva imprimere una svolta al giallo classico che diventa un sottogenere. Il noir oggi ha molte sfaccettature diverse che ho voluto evidenziare nel saggio.
3. La prima parte si apre con un saggio del 2003-2004 sui generi e su Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo. Questo perché quest’ultimo rappresenta una novità assoluta cioè che il cattivo è un cattivo collettivo? Lo scontro, tra bene e male, fra giusto e ingiusto, fra vita e morte, viene ribaltato nelle quantità: tanti diversi connessi criminali e un investigatore solo o isolato.
V.: In “Romanzo criminale” la maggiore novità riguarda il protagonista. La novità non consiste nel fatto che è cattivo, ma nel fatto che è un cattivo collettivo. Come nel poliziesco distrettuale metropolitano seriale, è la squadra al centro dell’azione e dell’attenzione. Nell’opera di De Cataldo è la “squadra” di cattivi, banditi, assassini, spacciatori, al centro dell’azione. Fu Ed Mc Bain ad inventare il distretto di polizia, il buono e il cattivo mentre Dashiell Hammett, padre del sottogenere hard-boiled, introduce la figura dell’investigatore privato che fa gli interessi del proprio cliente.
“Romanzo criminale” è un gran bel romanzo, come dice il titolo stesso. E’ letteratura, buona, piacevole e stimolante. E’ un racconto giallo, non una cronaca nera. A mio avviso, rientra nel genere giallo, nella piegatura noir che ha avuto in Italia dagli anni Ottanta. Certo è che De Cataldo ha capacità e tecnica che gli consentono di prescindere da schemi precostituiti e di consegnarci un grande romanzo di frontiera.
4. La seconda parte del saggio è dedicata agli scrittori e alle scrittrici. Tu scegli di citarne e analizzarne solo tredici. In base a quale criterio hai scelto questi autori e autrice piuttosto che altri?
V.: Questi tredici autori e autrici non sono stati scelti a tavolino. Ho voluto che ci fosse un autore o un’autrice per ogni continente e non di una precisa nazionalità ma meticci. Nutro una predilezione personale per il meticciato degli esseri umani e desideravo dare al saggio questa angolatura appunto meticcia del genere con i suoi rappresentanti.
5. Nel 2005 è cresciuta la consapevolezza dell’invadenza dei gialli e del noir. Il genere scoppia. C’è un rischio di “dipendenza” e di saturazione. Se questi rischi si dovessero concretizzare quali sarebbero le conseguenze per la letteratura di genere o quale piega potrebbe prendere la stessa nel prossimo futuro?
V.: Secondo me ora il genere è sopravvalutato. Non è vero che “solo” il giallo e il nero consentono di raccontare il dramma della vita moderna. Non è vero che “solo” il giallo e il nero svelano la corruzione della politica. L’analisi (e il conflitto) sociale hanno anche altri percorsi decisivi. Riconosco bene le straordinarie doti del giallo, il patto fra autore e lettore, la capacità evocativa di emozioni, azioni, violenza, tensione, l’estraniamento in una realtà talora più vera e coinvolgente.
Si tratta di fare più “manutenzione” del nostro piacere letterario e del nostro senso civico: curare, affinare, scegliere. Dobbiamo chiedere agli scrittori di genere un forte senso critico e autocritico per il proprio lavoro di scrittura, un senso di responsabilità per l’opinione pubblica. Dobbiamo chiedere agli editori un maggior lavoro di editing, supportato anche da competenze e specialismi. Dobbiamo chiedere ai lettori di non appagarsi per avere fra le mani e sotto gli occhi un libro del genere che si preferisce, di trovare il modo di dire la propria (non solo con l’acquisto).
Intervista a cura di Benedetta Borghi