Niccolò Vivarelli – Slalom

1920

Il libro:
Editore Manni
Anno 2013
144 pagine – brossura

Trama e recensione:
Leandro Serotini aveva un passato da tossicodipendente. A 34 anni, 18 dei quali passati a farsi, erano ben otto mesi che non usava droghe e la comunità “Il Cantiere” lo stava aiutando ad uscirne definitivamente.  Ad un suo compagno, Gabriele Lincetta – detto Agonia – non era capitata la stessa sorte: era scappato dalla comunità e fu trovato morto in un cassonetto, ricoperto da sacchi di spazzatura. Leandro ha la quasi certezza che l’omicidio sia avvenuto all’interno del Cantiere, ma cercava di concentrarsi sulla sua disintossicazione e non farsi coinvolgere troppo.
Era riuscito ad ottenere la sua prima uscita da solo e si apprestava a dirigersi a Firenze, ma purtroppo quell’omicidio non sarà un caso isolato e chiunque sia stato è ancora libero.
Non riesce a fidarsi di Samuele Sorgi, il leader carismatico del Cantiere, e Dimitri, un vecchio fricchettone gay che un tempo gestiva una gloriosa comune chiamata l’Asilo, e adesso spaccia.

Mentre Leandro cerca di indagare senza destare troppa attenzione e senza particolare impegno, una giovane giornalista gli si appiccica addosso, convinta di poter realizzare il servizio della sua vita. 

La storia di Niccolò Vivarelli prende spunto da un fatto realmente avvenuto: nel 1994, all’interno della comunità di San Patrignano avvenne un omicidio ai danni di Roberto Maranzano, e il fondatore Roberto Muccioli venne accusato di essere responsabile della sua morte e processato.
Lo scrittore ha cercato di descrivere, in modo non convenzionale – come lui stesso lo definisce – un giallo in cui non esiste indagine, ma piuttosto con l’intenzione di sondare un periodo storico come quello dell’Italia tra gli anni ’70 e ’80, in cui l’eroina era la droga più utilizzata e per colpa della quale ci fu un vero e proprio sterminio di tossicodipendenti, così come probabilmente avverrà nel Paese ai giorni nostri, devastato di cocaina, droghe sintetiche e chissà cos’altro..
Lo Stato non fu capace di affrontare questo problema e contava sull’iniziativa personale di personaggi come Muccioli, il quale creò la comunità di San Patrignano per offrire una nuova possibilità a reietti e falliti.
Il tema affrontato è piuttosto difficile e spinoso e Vivarelli ha deciso di descriverlo in superficie, focalizzando l’attenzione sul recupero, non sulla condizione del tossicodipendente. Questo, a mio avviso, ha penalizzato il contenuto, nel quale ho trovato poca profondità e un’assenza di percezione di “entrare” nella storia. Ho avuto la sensazione di trovarmi in un’anticamera, in cui gli animi tormentati, le caratterizzazioni dei personaggi, sono rimasti dietro una porta chiusa. Un romanzo che non coinvolge, nel quale noto un freno – un rispetto forse – nei confronti di chi ha vissuto in prima persona quegli anni bui. Sicuramente un romanzo di formazione, dal quale prendere spunto per centrare il prossimo obiettivo.

Lo scrittore:

Niccolò Vivarelli è nato a Firenze di madre americana e padre italiano e ha trascorso lunghi periodi in entrambi i paesi. Laureato in letteratura comparata alla New York University, ha fatto il traduttore letterario e lavorato in una galleria d’arte prima di passare al giornalismo e alla critica cinematografica.  Ha collaborato con varie testate tra cui The Associated Press, Newsweek, l’agenzia AGI, e Ciak. Frequentatore da anni dei maggiori festival del circuito cinematografico internazionale, attualmente è capo servizio per l’italia di Variety, il giornale di Los Angeles noto nel mondo come “La Bibbia dello spettacolo,” firmandosi Nick Vivarelli perché gli americani non sanno mettere l’accento sulla o. Vive a Roma e “Slalom” è il suo primo romanzo.