Carina Bergfeldt – Un cuore in agguato

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Editore Longanesi
Genere Thriller
Anno 2014
378 pagine – rilegato con sovracopertina
Traduzione di Carmen Giorgetti Cima

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cuoreagguagrandeRomanzo incentrato in Svezia, in un paesino chiamato Skövde. Viene ritrovato il cadavere di una giovane donna immerso nel lago ghiacciato di Simsijön. Elisabeth Hjort era sposata con Karl e madre di due bambini e la sua scomparsa risaliva a pochi mesi prima. Ormai la polizia e la famiglia avevano smesso di cercarla e avevano pensato ad un allontanamento volontario. Ma quando viene analizzato il corpo, l’autopsia rivela che il decesso è stato causato da un colpo contundente sulla nuca. Pertanto il caso si riapre, alla ricerca dell’assassino.
Anche il giornale locale è interessato quasi morbosamente alla notizia, poiché fatti del genere non si erano mai verificati e poteva essere lo scoop che avrebbe dato lustro al quotidiano.
Protagoniste del romanzo sono tre donne: Ing-Marie, quarantenne dall’aspetto ordinario, si presenta come reporter di cronaca nera, anche se in realtà sul suo contratto c’è scritto altro. Ambiziosa e “tosta”, vuole dare maggiore visibilità al suo quotidiano. E un omicidio è pane per i suoi denti.
Julia, cronista generica, dieci anni meno della sua collega, mascolina e tenace. Insieme fanno una bella squadra, anche se ogni tanto si perdono fra indizi preziosi che fanno la differenza in un’indagine. Entrambe sono il classico “sassolino nella scarpa” per la polizia, che vuole avere massima libertà d’azione e non essere intralciata dalla stampa, che rischia di depistare gli inquirenti.
Anna fa parte della squadra omicidi e, insieme al commissario Ulf Karlkvist, cercherà di dare un nome a chi ha reso vedovo un uomo e orfani i suoi figli.Tre donne con tre storie completamente diverse, apparentemente unite dallo stesso scopo ma con passati che in una hanno lasciato il segno.
Ad una di queste tre, un padre violento ha reso l’infanzia difficile e traumatica e le ha fatto maturare l’idea che solo uccidendolo potrà finalmente fermarlo e spezzare la catena con i suoi ricordi.
Ed è ormai un chiodo fisso che rischia di logorarla. Sarà illuminante il web, nel quale ricercherà ogni modo possibile e immaginabile per uccidere una persona attraverso un percorso di sofferenza e lei stessa resterà meravigliata di quanto sia semplice pagare un sicario o trarre informazioni sull’uso di medicinali che immobilizzino un corpo tenendolo sveglio.
Se non fosse così drammatica la storia, verrebbe quasi da ridere. Se non fosse l’ennesimo caso di violenza ai danni di nord europei, donne o bambini, sarebbe sicuramente stato un romanzo più facile da leggere.
Forse è stato questo lo scopo di Carina Bergfeldt durante la stesura: alleggerire la lettura di una storia, anzi, di più storie, legate alle violenze domestiche. Un fenomeno che in Svezia, ma anche negli altri Paesi nord europei, ha raggiunto statistiche preoccupanti. Non che in Italia il fenomeno sia poco diffuso, ma la necessità di esprimere questo disagio attraverso i romanzi l’ho trovata più diffusamente in autori come Stieg Larsson (e il titolo del suo primo romanzo della trilogia Millenium non poteva essere più esplicito), Arnaldur Indridason, Jussi Adler-Olsen ecc.
Uomini (ma non solo) che all’interno delle mura familiari – per abitudine o per senso di possesso, chissà – picchiano, offendono, molestano e, alle volte, uccidono.
Una bella trama, ricca di passaggi esilaranti e nel contempo drammatici, in cui si profilano le identità delle tre figure femminili. L’uso costante dei flash-back sembra dare corpo e ragione allo spirito omicida che si delinea fra le pagine. Un romanzo di denuncia e desideroso di interrompere una catena che sembra non avere mai fine. Ma solo attraverso l’informazione e la formazione – smettiamo di giustificare la violenza – potrebbe avvenire un cambiamento.
Un’epilogo atteso, ma assolutamente inaspettato.

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La scrittrice:
Carina Bergfeldt è nata nel 1980. Attualmente è corrispondente per l’Aftonbladet. Ha vinto il prestigioso Gran Premio del giornalismo per aver documentato da vicino le ore terribili della strage di Utøya. Ha lavorato anche all’estero, come corrispondente per giornali e testate televisive. Vive a Stoccolma