
[divider] [/divider]
Oggetto: Intervista a Camilla Läckberg
Luogo: Salone del Libro di Torino, Sala Lounge
Data: sabato 16 maggio 2015, ore 10
Partecipanti: un numero limitato di blogger, tra cui noi di Contorni di noir.
Continuiamo oggi con la seconda puntata dell’intervista che abbiamo fatto alla famosa scrittrice svedese, in Italia per presentare il suo ultimo romanzo, “Il segreto degli angeli” per Marsilio Editore. Buona lettura!
9. Che differenze ci sono – se ci sono – tra il giallo della sua terra e il giallo italiano, secondo lei?
C.: In realtà non arrivano molti romanzi italiani tradotti di genere giallo, noi esportiamo e non importiamo. L’unico grande scrittore contemporaneo italiano che conosco è Italo Calvino, che ha avuto molto successo in Svezia. Per quanto riguarda il mio rapporto con i gialli e la letteratura italiana, mi ricordo che guardavo la serie de La Piovra, con Michele Placido. Mi sono fatta un’idea sull’Italia che è meglio non entrare in macchina, perché esplode e se vedo girare qualcuno con la custodia del violino, giro alla larga! Ovviamente scherzo..
10. Uno degli archetipi della letteratura crime, è di creare la coppia di investigatori. In realtà, nei suoi romanzi è stata creata una coppia che lo è anche nella vita privata. Ci spiega il motivo di questa scelta?
C.: All’inizio avevo ideato solo Erika, ma mi sono resa conto che in realtà era difficile per un privato cittadino andare sul luogo delle indagini ed essere coinvolta in prima persona. Quindi ho dovuto introdurre il personaggio dell’agente di polizia: Martin, molto intelligente, 35 anni, carino, single. Così ho creato la coppia, che si compensa totalmente, sono come lo Ying e lo Yang. Insieme, loro due, formano il mio protagonista.
Poi è stata sollevata la questione della suocera: da dove arriva? E io ho risposto: “Serve sempre l’antagonista.”
11. Nasce a Fjallbacka, paesino della Svezia, dove svolge le trame dei suoi romanzi. Perché questa scelta e cosa dicono gli abitanti? Felici di questa popolarità? Cos’è cambiato da quando viene nominato nei suoi romanzi?
C.: All’inizio avevo paura che gli abitanti di Fjallbacka potessero sentirsi irritati per aver reso così violenta la loro cittadina. Invece mi hanno confessato di essere molto orgogliosi di fare parte di questo successo letterario. Vi dirò di più, ogni volta che torno a Fjallbacka fanno addirittura richiesta di uccidere la suocera nel mio prossimo libro, o far trovare un corpo nel loro giardino, ecc. La domanda che mi viene spontanea quando mi chiedono questo è se sia credibile che ci siano due omicidi al mese? No, non è credibile..
Ma con le dovute proporzioni, in base al tasso di omicidi, ho la possibilità di scrivere ben cinquecento libri, quindi ho ancora molto materiale. Senza pensare ai turisti, che potrei far uccidere al loro arrivo, magari qualche turista italiano.. Ho già fatto uccidere un turista tedesco nel secondo romanzo perché si sa, quando arriva il turista tedesco bisogna necessariamente farlo fuori!
12. Sul suo sito web c’è una sezione dedicata ai giovani scrittori e ci sono dei consigli per i neofiti del giallo. La prima lezione elenca una serie di regole non scritte relativamente a come si debba scrivere un buon giallo. Sono regole che uno scrittore può permettersi di rispettare oppure di cambiare a suo piacimento o, al contrario, occorre seguirle alla lettera?
C.: Io paragono queste regole a quelle della buona etichetta, del bon ton: se lo si conosce alla perfezione, si può evitare di seguire tutte le sue regole alla lettera.
Questo vale anche per scrivere i gialli. Se uno conosce approfonditamente le basi, può sviare o modificare la propria scrittura come desidera.
Una regola dell’etichetta che mi affascina particolarmente è il fatto che quando un ospite a casa rovescia un bicchiere sul tavolo, il padrone di casa deve fare la stessa cosa, per non farlo sentire in imbarazzo. Una sorta di domino dei bicchieri di vino!
13. L’ultimo libro, il segreto degli angeli, parla di tantissimi argomenti, dal razzismo, all’omosessualità, alla violenza sulle donne e sui bambini. Cosa ne pensa lei e come sono viste queste cose nella terra in cui vive?
C.: C’è una tradizione in Scandinavia che vuole che in ogni libro giallo si dia una connotazione sociale, quasi un dovere da parte dello scrittore. Devo dire che io non l’ho mai fatto. Ho sempre cercato di scrivere per intrattenere i lettori, per sollevarli dai loro problemi quotidiani.
Ovviamente, si tende a trasmettere le proprie opinioni nella scrittura e parlare delle cose che ti toccano più da vicino. I problemi ambientali e di terrorismo su scala globale sono troppo grossi, sono più interessata alla dimensione più raccolta, come la violenza domestica, inferta al proprio coniuge o ai propri figli. Del razzismo ne ho parlato in maniera così esplicita da quando un partito svedese, “The Swedish Democrats” – Gli amici della Svezia tradotto in italiano – hanno acquisito tanti voti. E’ incredibile e triste pensare che la gente abbia votato in massa ad un partito che propone delle idee apertamente xenofobe e quindi ho cercato di attrarre l’attenzione su questo aspetto.
Per quanto riguarda l’omosessualità, in Svezia non è un argomento di grande scalpore, è normale. Io stessa ho molti amici gay e nei miei libri mi è capitato di descrivere le loro relazioni.
14. Ho letto sul suo sito che i primi tempi quando ha scritto il primo romanzo ha fatto una sorta di marketing di se stessa andando a visitare personalmente librerie, biblioteche ecc. Ha qualche episodio carino da riportare, tipo andare alla presentazione e trovare pochissime persone, o addirittura nessuno?
C.: In realtà, di episodi me ne sono capitati molti..in Svezia c’è la tradizione di fare sedute di firma dei libri anche nei supermercati. Spesso mi trovavo a giocherellare con la penna per un’ora prima che si avvicinasse qualcuno che, immancabilmente, mi chiedeva: “Scusi, il reparto dell’ortofrutta dov’è?”.
Oppure, mi sono trovata ad andare in alcune librerie dove partecipavano solo tre persone. Ma anche queste situazioni sono state importante per me. In Italia mi è capitata una cosa molto divertente: nell’ambito di un evento letterario c’erano 500 persone di cui 498 donne e due uomini – trascinati lì sicuramente!
Parlavo del mio secondo romanzo in cui Patrick aveva il permesso di paternità. Le domande vertevano proprio sullo stare a casa a badare ai figli da parte dei padri. Probabilmente ho scatenato l’ira di 498 mogli che, tornate a casa, hanno costretto i propri mariti a badare ai figli!
15. Leggendo sui vari blog o siti letterari, le critiche che riceve parlano delle sue trame poco incisive o la presenza di troppi personaggi all’interno dei racconti, o i suoi romanzi vengono paragonati agli harmony con una salsa noir piuttosto che a veri e propri libri gialli. In quale delle critiche si è riconosciuta realmente o pensa, al contrario, di non riconoscersi in nessuna?
C.: Io scrivo da tredici anni e ho pubblicato nove romanzi, quindi sono piuttosto abituata alle critiche. I miei libri hanno venduto quindici milioni di copie, quindi piacciono. Non a tutti, certo. Infatti, ho imparato a capire che la critica è l’opinione di una persona e molto spesso non le prendo così a cuore..
Devo dire che nei primi libri ero molto attenta alle recensioni e generalmente ne avute di buone. Quando ho cominciato a vendere molto, la qualità delle recensioni si è abbassata. Le negative sono aumentate e al contrario, i miei libri vendevano molto. Sono poi apparse delle ottime critiche su importanti giornali stranieri, tipo il Washington Post, il N.Y. Times, il Paris Match. Allora i critici svedesi – per giustificarsi – hanno detto che mi giovavano gli ottimi traduttori dei miei libri!
In Svezia c’è la tendenza a parlare bene di chi vende poco e, al contrario, parlare male di chi vende molto. Ho capito come funzionano i giochi e quindi ora non ci faccio caso.
In merito alla sua domanda, in una critica mi hanno segnalato di creare dialoghi perfetti ma poca descrizione del paesaggio. Nel libro successivo, al contrario, pessimi dialoghi e ottime descrizioni. Ho capito che devo scrivere per i miei lettori e per me stessa. Punto.
16. In Italia c’è molto l’utilizzo del self-publishing, strade diverse per pubblicare un libro, rispetto ai tempi che ci vorrebbero seguendo le procedure . Come è percepito in Svezia, è utilizzato o c’è un percorso simile a quello italiano?
C.: E’ comune anche in Svezia, ma si riesce a raggiungere un numero esiguo di lettori. Le grandi case editrici conoscono meglio il mercato letterario e hanno una vasta rete di distribuzione. Certo chiunque vorrebbe vedersi pubblicato il proprio romanzo e nel più breve tempo possibile. Sarò diplomatica, ma molte di queste persone farebbero bene a passare attraverso il vaglio di una casa editrice, perché forse il loro romanzo non è scritto in modo così accurato.
17. Si dice: “Se non brucia un po’, che libro è?” Che cosa brucia nel suo prossimo romanzo?
C.: Il mio prossimo libro sarà il più oscuro e grottesco degli altri e analizzerà il tema del male: nasciamo con il male dentro di noi o è qualcosa che si sviluppa dopo? Questa mia ricerca è stata molto influenzata da uno dei miei libri preferiti in assoluto, Il quinto figlio di Doris Lessing.
E’ stato davvero un piacere averla incontrata e speriamo torni presto in Italia!