Flavio Santi – La primavera tarda ad arrivare

3276

Editore Mondadori Collana Le Strade blu
Anno 2016
Genere Thriller
307 pagine – ebook
[divider] [/divider]

_flavio-santi-1450398196Montefosca era un paesino sperduto, aggrappato alle montagne. Un pugno di case immerse nel verde e nelle solitudine, a ottocento metri di altitudine, ai piedi dei mondi Lubia e Vogu. Una quarantina di abitanti. Uno dei molti borghi d’Italia destinati a sparire in breve, senza giovani, senza economia, senza futuro. Con un’identità da sempre in bilico tra Italia e Slovenia, era Italia e non era Italia, un taglio al confine, e una cupezza incisa fin dentro le fibre più intime del nome stesso: Montefosca.
E sarà proprio a Montefosca, in un pozzo, che sarà rinvenuto il cadavere di un anziano con un foro in testa che con sé non ha nessun documento. Un grande mistero in un luogo dove non succede mai nulla di particolare, un paesino di quaranta abitanti composto soprattutto da persone anziane.
L’ispettore Diego Furlan che è di stanza a Cividale è il rappresentante delle forze dell’ordine che, in questa mia nuova avventura libresca, ho incontrato, figurativamente parlando, e che dovrà sciogliere tutti i nodi e risolvere il caso.
Considerate che da almeno due decenni l’ispettore non affronta casi del genere (un solo omicidio frutto di una faida familiare, il colpevole, fratello dell’ucciso, in breve assicurato alla giustizia). Il luogo in cui vive non è proprio una metropoli e la tranquillità la fa da padrona, tra passeggiate con la sua amata Guzzi, la sua eterna fidanzata Perla, le partite allo stadio per tifare la sua squadra del cuore, l’Udinese, le sue domeniche di riposo, le puntate all’osteria (il suo ufficio A) luogo sacro per lui e per i vari abitanti del paese, il fare da chauffeur per sua madre ( parrucchiere e centro commerciale). Insomma a Cividale non ci sono particolari rischi e pericoli (solo pollai depredati, alberi caduti, trattori tamponati, pensionati infartati) e la vita scorre tranquilla immersi in una natura incantevole. E proprio per questo l’ispettore continua ad interrogarsi, chiede a se stesso se sarà in grado di risolvere il mistero, se ne avrà le capacità, mettendosi in seria discussione.
Non sarà solo ad affrontare il tutto, con lui il suo vice Moroder che mi ha ricordato tanto il Catarella di Montalbano, omaggio al maestro Camilleri.
Tutto quello che porterà all’omicidio affonda le sue radici in un tempo lontano che non andrebbe mai dimenticato. Un plauso all’autore che pone l’accento su una brutta pagina della storia del nostro paese, la seconda guerra mondiale con tutte le brutture che ne sono conseguite. La Storia non va mai dimenticata, e Santi riprende i dimenticati e le atrocità compiute nei loro confronti per le quali non c’è assolutamente prescrizione. La Storia ha bracciate potenti, fatte non di mesi o anni, ma di decenni, se non di secoli! E di fronte a tutto questo noi cosa possiamo fare? Quando l’ultimo testimone morirà, chi si ricorderà più del dolore, del tanto dolore patito?
Furlan è un incallito analfabeta dei sentimenti, pigro, abitudinario, irsuto come un cinghiale del Carso. Ma in compenso ama molto l’arte, stravede per Tiepolo, il pittore della natura tenue e serena. E un posto speciale nel suo cuore lo occupava l’altare di Ratchis, custodito all’interno del Museo Cristiano a Cividale. Per Furlan la cosa più divina che avesse mai visto… L’altare di Ratchis era lì per mettere alla prova il suo senso comune, le sue stupide barriere, e questo per un ispettore era una salutare lezione di vita.
… Senza dimenticare che lui non sgomitava. Non era il suo stile. Aveva visto troppa gente consumata dall’ambizione sfrenata. Non faceva per lui…E odiava stare al telefono.
L’ispettore Drago Furlan è decisamente rientrato nelle mie simpatie di lettrice, ha tanti difetti ma si mette in discussione, ama l’arte, ama la natura che lo circonda, i luoghi in cui vive, luoghi nei quali i rapporti umani hanno ancora una notevole importanza, dove ritrovarsi all’osteria e passare una domenica con amici e parenti per la grigliata, luoghi dove i ritmi di vita non sono frenetici.
Ho apprezzato tanto lo stile dell’autore, ho ritrovato un grande amore per l’uso della parola scritta, la ricerca della parola giusta al posto giusto, è davvero gradevole leggere storie dove le parole non sono buttate lì a caso, ma ricercate e incastrate nel modo più delizioso possibile.
Oltre allo stile, pregevole anche l’amore dell’autore verso i luoghi che lo circondano ( molto belle le descrizioni paesaggistiche) e verso la Storia che non va posta nel dimenticatoio. Mai dimenticare.
Voglio concludere con un bel pensiero ed augurio di Furlan : Vivere momento per momento, volgersi interamente alla natura, al sole, ai fiori di campo e alle foglie tenere degli alberi, coltivare l’orto, bere vino, non preoccuparsi della miseria che ci sta di fronte, non farsi scoraggiare, essere come un filo d’erba che galleggia sulla corrente d’acqua.

Buona lettura!
Cecilia Dilorenzo
[divider] [/divider]
Lo scrittore:
Flavio Santi (1973) abita in campagna alle porte di Pavia. Ha tradotto autori classici (Honoré de Balzac, Francis Scott Fitzgerald, Herman Melville) e contemporanei (Wilbur Smith, Robert Stone, Ian Fleming). Insegna all’università dell’Insubria di Como-Varese. Ha scritto di vampiri (L’eterna notte dei Bosconero, Rizzoli, 2006), di precari (Aspetta primavera, Lucky, Socrates, 2011, candidato al premio Strega 2011), ma soprattutto del suo amato Friuli, in poesia (Rimis te sachete / Poesie in tasca, Marsilio, 2001) e in prosa (Il tai e l’arte di girovagare in motocicletta. Friuli on the road, Laterza, 2011). È tradotto in diverse lingue, dall’inglese al coreano. Coltiva un orto di cui è molto fiero; e tifa Udinese.