Marcello Introna – Castigo di Dio

2057

Editore Mondadori Collana Scrittori italiani e stranieri
Anno 2018
Genere Giallo/Thriller
296 pagine – rilegato e ebook
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Castigo di Dio è il secondo romanzo di Introna, uscito con Mondadori dopo Percoco (prima comparsa per la casa pugliese Il Grillo nel 2012 e ripubblicato da Mondadori l’anno scorso). Anche questa volta, come per il suo Percoco (un’efferata carneficina tratta dai fatti di cronaca della città, Bari, ambientata negli anni 50), Introna si ispira a fatti di cronaca nera avvenuti sempre a Bari ma stavolta alcuni anni prima, durante la caduta del regime fascista. Non mancheranno dunque angosce, soprusi e orrori a danno dei personaggi e dei luoghi nella trama di Castigo di Dio. Tutto ricostruito con cura per narrare una storia avvincente, che bagna nella corretta ricostruzione storica della una città pugliese, lontana nel tempo – siamo nel 1943 – corredata dalle rivelazioni dei fatti nascosi, delle turpitudini che, coperti da una mafiosa complicità dall’alto, venivano commesse nella “Socia”, il grande conglomerato urbana così chiamata che sorgeva in piazza Luigi di Savoia.

La Socia era un immenso palazzo fatiscente, mai veramente finito di costruire e che nel corso degli anni aveva subito un continuo e inarrestabile sfacelo. La storia comincia a Bari nell’estate del 1943, quando un uomo corrotto e disumano, che tutti chiamano “Amaro”, decide di rapire per vendetta la figlia dodicenne di un ricco proprietario terriero della provincia che è anche stato suo socio nei giri speculativi e di malaffare della zona. Siamo ancora in piena guerra, ma con l’armistizio italiano corredato dalle atroci ritorsioni naziste alle porte. Amaro è la testa di legno e il braccio spietato di un’ampia organizzazione criminale dai contorni inquietanti che gode protezioni nelle più alte sfere. Lui è il re della Socia, un palazzone privo di acqua di fognature un putrido nido di sporcizia e malattie. E all’8 settembre, alla caduta del regime fascista, con la Germania che comincia la ritirata dal sud, il controllo di Bari passa di mano tra Tedeschi e Alleati grazie alla complicità e alla protezione del prefetto, Nicola Arpino, che guarda solo ai suoi sporchi affari favoriti dalla latitanza da parte delle istituzioni. Da quel momento Amaro si servirà della sua tragica corte dei miracoli, ma soprattutto del suo sadico vassallo Filippo, per gestire la borsa nera, i traffici legati alla prostituzione e allo spaccio di morfina, trasformandoli in guadagni faraonici che non bastano mai.

A creare qualche problema a quel monumentale castello di carte ci sono solo gli articoli per la Gazzetta di Luca “il Bracco”, un giovane e bravo giornalista, il commissario Michele De Santis, che continua e sbattere contro un ferreo muro di omertà ma rifiuta di accettare la sconfitta, e il biasimo sentimentale e umano di Anna, la puttana letterata ma anche la donna più bella della Socia. Anna che per concedersi un po’ di serenità in quell’abisso di sfacelo morale fa scuola quasi di nascosto ai due piccoli orfani che sopravvivono in quell’inferno: Lorenzo e Francesco. Fu un periodo quello che vide solo cose drammatiche della storia cittadina, quali l’eccidio di via Niccolò dell’Arca e il bombardamento del porto. E fu proprio in questo clima, vissuto da una città devastata dalle privazioni e sopraffatta dalle clientele, che la Socia rappresentò una scomoda realtà di cui allora si fingeva di ignorare l’esistenza, e lo scenario del dramma che ospita molti personaggi di questo romanzo corale, i più brutti, sporchi e dannati. Alla Socia succedeva di tutto. Basta pensare che sono stati ritrovati dei documenti che attestano che alcuni orfani che vivevano là a cinque anni avevano la sifilide perché abusati fin da piccolissimi. Ma alla Socia viveva e lavorava anche Salvio, taciturno e solitario fabbro torinese che, per amore di Anna, sceglierà di sfidare Amaro. Perché in alcuni di quei piccoli appartamenti ammorbati dalla muffa, oltre alla prevaricazione, ai soprusi e alle malattie c’era  brava gente.

Perché  la Socia non era solo la Gomorra o la Suburra dei nostri giorni. Ospitava anche umili realtà, costrette a una vita di povertà, prevaricazione e che, per sopravvivere in qualche modo, erano disposte a ingoiare i soprusi, il taglieggiamento, ma la sue vere stigmate erano quelle di un crudele conglomerato di male. Nella Socia, non si delinqueva solo per soldi o potere: si stuprava, si rapiva, si uccideva e basta facendo poi sparire i cadaveri mentre fuori la vita scorreva uguale, come se niente fosse, in quell’Italia ancora avvolta nelle spire della seconda guerra mondiale.
Introna, intrecciando verità e finzione ha regalato un volto e un nome ad alcuni di quei criminali come il perverso bestiale mostro Amaro, i suoi fiancheggiatori (volenti o nolenti) quali gli ufficiali inglesi che sono realmente esistiti e Anna la “puttana letterata”, che vendeva il suo corpo, ma che aveva studiato il greco e il latino. E, secondo le sue dichiarazioni, ha inserito nel romanzo altri personaggi veri ma rubati a un altro tempo e a un altro spazio, come Lorenzo, il bambino venduto a un pedofilo ricco, Lorenzo Varichina, immaginato nella sua infanzia, e Francesco, ispirato a Damiano Russo, l’attore barese scomparso a soli ventotto anni a cui il libro è dedicato. Un romanzo notevole ma difficile da accettare, spiazzante, crudo e in grado anche di suscitare sentimenti di rifiuto.

Patrizia Debicke

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Lo scrittore:

Marcello Introna, barese, quarant’anni, veterinario, è autore e sceneggiatore televisivo.