Jim Thompson – L’assassino che è in me e Inferno sulla terra

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James Myers Thompson, detto Jim (Anadarko, 27 settembre 1906 – Hollywood, 7 aprile 1977), è stato uno scrittore e sceneggiatore statunitense di genere noir.
Thompson deve la sua fama principalmente ai romanzi. Ne ha scritti più di trenta, molti dei quali nel suo periodo più prolifico, dalla fine degli anni quaranta alla metà degli anni cinquanta. Poco apprezzato in vita, la sua statura di autore cresce negli anni ottanta con le riedizioni dei suoi romanzi per la casa editrice Black Lizard.

Tornano in libreria dal 30 gennaio due suoi romanzi “L’assassino che è in me” e “Inferno sulla terra”, nell’edizione di Harper Collins, dei quali vi riportiamo le trame:

Per sondare gli abissi della psiche di un assassino serve un valente strizzacervelli? Macché, basta cercarne le radici in una sonnolenta cittadina del Texas, dove il vicesceriffo locale, l’insondabile Lou Ford, sente che sta riprendendo vigore nel suo intimo la malattia, una follia incontrollabile che sfocia in reazioni inconsulte. Incaricato di cacciare dai confini urbani una sciantosa che adesca clienti, tra cui il figlio del ricco petroliere del luogo, finisce per seminare una lunga scia di violenza dietro di sé, tappando una falla da una parte e aprendone una nuova da un’altra. Malefatte che è lo stesso protagonista a raccontare al lettore, in una sorta di confessione fiume, in tempo reale, come se non fosse Jim Thompson bensì Lou Ford stesso a prenderlo per mano e a trascinarlo nell’insensato vortice della sua violenza cieca. Scritto nel 1952, in una fase di sfrenato boom petrolifero, L’assassino che è in me è una delle opere più straordinarie di Jim Thompson e viene universalmente collocato tra i classici dell’hard boiled come pure del romanzo di provincia americano. Non a caso Hollywood, che ha sempre saccheggiato la produzione letteraria di Thompson, nel 2010 ne ha tratto l’omonima, fortunata pellicola, con un incredibile Casey Affleck nel ruolo dell’antieroe Lou Ford, per la regia di Michael Winterbottom.

L’inferno può essere la paura dell’ignoto, ma, se ad attanagliarci quotidianamente è un turbine psicotico scatenato dall’incapacità patologica di sbarcare il lunario, dai sogni frustrati di una professione (quella dello scrittore) che non dà da vivere e che lascia il posto a un lavoro più remunerativo ma noioso, da colleghi insopportabili, da una madre ossessiva e da una moglie adorante e sempre suk filo del rasoio, affrontare una nuova giornata all’insegna del grigiore rischia di essere una condanna. Jimmie Dillon, uno scrittore fallito e in gravi difficoltà economiche, sulla graticola in famiglia e insoddisfatto sul luogo di lavoro, proverà a superare traversie proibitive e un terribile blocco creativo in un’America poco propensa alla solidarietà e sempre più ossessionata dalla ricerca del tornaconto personale. Autobiografico quanto può esserlo un esordio, Inferno sulla terra, scritto nel 1942, lascia intendere, attraverso le vicissitudini di Jimmie Dillon, di che pasta sia fatto Jim Thompson. Romanzo di profonda introspezione psicologica, Inferno sulla terra è una lucida analisi della banalità della disperazione e una spietata critica del sogno americano, la cui entità chimerica viene magistralmente messa alla berlina: Jimmie Dillon è l’uomo comune che ogni americano potrebbe essere e che non vorrebbe mai diventare.