Intervista a Barbara Bellomo

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Foto: Yuma Martellanz

Barbara Bellomo, laureata in Lettere, ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia antica e ha lavorato per diversi anni presso la cattedra di Storia romana dell’Università di Catania. Attualmente insegna in una scuola superiore. All’attivo ha diverse pubblicazioni di storia romana.

Patrizia Debicke ha presentato l’autrice il 13 luglio per la Mondadori Bookstore di Bologna e le ha rivolto qualche domanda che riportiamo qui:

1.Come nasce Margherita Mori, la protagonista del “Il libro dei sette sigilli”? Da quale idea, spunto, esigenza o fonte di ispirazione?
B.: Margherita Mori è un personaggio del libro da me molto amato. Un donna che ha una grande fragilità che la porta a vivere in maniera solitaria, ma che dopo la pubblicazione del suo libro è costretta a rimettersi in gioco. Mentre scrivevo di lei, e quindi vivevo con lei, mi veniva sempre voglia di proteggerla, ma lei poi mi stupiva puntualmente con il suo coraggio e la sua determinazione.
Il personaggio l’ho incontrato in un altro libro, Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla, dello psicanalista russo Aleksandr Lurija. Ho pensato, leggendo quel libro, che deve essere difficile non potere mai lasciare che i ricordi, anche più dolorosi, perdano di vividezza emotiva. Ho riflettuto che non dimenticare mai nulla e vivere tutto in sincronia, passato e presente, è un dono che può essere molto amaro. E quale tra i dolori maggiori per una donna se non quello di essere lasciata all’improvviso dal marito che si ama per un’altra? Questa è la mia Margherita. Un donna ferita, ma in fondo molto forte. Decisa se deve a sacrificare la sua vita per il bene dell’umanità.

2. Quanto conta per te la potenza evocativa della storia antica?
B.: Nasco storica. La storia sia la memoria degli uomini. Degli uomini che hanno amato, sofferto, pregato e gioito, per poi cadere nell’oblio. E’ bello per uno scrittore togliere il velo del tempo e fare rivivere chi non c’è più, eppure ha permesso a noi oggi di essere qui. Di essere qui così.

3. Intrigante la scelta una protagonista che da certi punti di vista pare il tuo doppio ideale quanto c’è di te, se c’è, in Margherita Mori?
B.: Qualcosa c’è. Ha i capelli biondi e ama la cioccolata. Fa una vita molto diversa dalla mia ed è molto più schiva di me. Ma credo che quello che ci accomuni sia la fragilità mista a determinazione.
Tutte le tue protagoniste hanno in dote un handicap o un vantaggio. Per esempio Isabella di Clio combatte con la cleptomane, Margherita invece è ipermnesiaca perché questa tua scelta? Diciamo che non credo nella perfezione umana. A me i difetti delle persone piacciono tanto quanto le virtù. Sono quelle note sbagliate che rendono ognuno di noi unico e che aprono le porte all’insondabile, all’originalità. Certo dipende anche da quali difetti, lo ammetto.

4. Quali sono le fragilità, se ne ha, del tenente Erick Cipriani?
B.: Erika mi fa sempre sorridere. Entra nel libro a gamba tesa, è sempre sgarbata, è in costante conflitto con l’universo maschile e fa di tutto per risultare antipatica. Ma in verità sembra che sia lei a fare particolarmente simpatia ai lettori. La sua fragilità è nascosta in un episodio avvenuto quando ha preso parte alla Police Task Force-Iraq, la missione dei carabinieri per l’addestramento della polizia irachena e curda che combatte contro le cellule del Daesh. Nel mio romanzo vuole espiare in qualche modo il suo senso di una colpa per avere involontariamente causato, durante la missione, la morte di un collega.
Una trama apocalittica che oggi richiama in qualche modo e per forza l’attuale situazione mondiale piagata dal coronavirus, potrebbe essere la pandemia la catastrofe annunciata dalla quinta pagina del libro?
Ho immaginato un libro apocalittico scritto in tempo di serenità. Quando immaginavo con la fantasia che terribili flagelli si potessero abbattere sull’umanità all’apertura di ogni sigillo. Ma vi assicuro che la quinta pagina contiene ben altra profezia.

5. Due righe sul tuo futuro?
B.: Questo libro mi è costato molta fatica e tante energie. Mi sento come un maratoneta dopo la gara, con tanto desiderio di riposo. Ma già qualche idea frulla in testa. Idea che prevede altri importanti cambiamenti.

Intervista a cura di Patrizia Debicke