Gianluca Morozzi è nato nel 1971 a Bologna, dove vive. Musicista, conduttore radiofonico, tiene corsi di scrittura creativa ed è direttore editoriale di Fernandel. Autore di saggi, racconti, graphic novel, tra i suoi numerosi romanzi ricordiamo Blackout, L’era del porco, Radiomorte, L’Emilia o la dura legge della musica, Lo specchio nero, Gli Annientatori.
In occasione della sua partecipazione a Giallo di sera a Ortona sabato 18 luglio alle 19,30, gli abbiamo fatto qualche domanda:
1) Benvenuto, Gianluca. Il tuo romanzo Dracula e io parla del vampiro più famoso del mondo che addirittura prende casa a Bologna, città che conosce benissimo e che ha frequentato durante le sue “altre” vite, tanto da ricordarsi perfino della presenza di un anfiteatro romano in città e di altre cose del passato sconosciute ai contemporanei. Insomma, una sorta di guida turistica di eccezione. Come ti è venuta questa idea e secondo te a un Vampiro può piacere davvero una città come Bologna?
G.: L’idea è nata quando ho scoperto che il primo romanzo italiano di vampiri è nato a Bologna: Il vampiro. Storia vera di Franco Mistrali, 1869. Trent’anni prima di Dracula di Stoker, quindi, anche se molto successivo a Il vampiro di John Polidori, il romanzo gemello di Frankenstein… e Mary Shelley non si era forse ispirata agli esperimenti del bolognese Galvani, e a quelli del suo folle nipote Giovanni Aldini?
C’è poi una parte del romanzo di Stoker in cui il povero Harker, ascoltando i discorsi del Conte, deduce che Dracula debba essere molto molto vecchio, che sia addirittura, forse, contemporaneo di Attila l’Unno. Per cui ho lavorato sulla figura del mio Dracula spiegando a modo mio la sovrapposizione con Vlad Tepes, collegandolo poi in modo creativo all’Italia e a Bologna. Del resto, quando comoda può essere, per una creatura che non ama troppo i raggi solari, una città piena di portici generatori d’ombra?
2) Sempre in Dracula e io quello che colpisce moltissimo il lettore è la tua capacità di creare una sorta di montaggio alla Ejsentejn tra le vicende personali e amorose di Dracula e quelle di Lajos. Immagino che tutto questo possa essere riconducibile alla tua passione per il cinema e al tuo appartenere in qualche modo anche questo mondo oltre che a quello della scrittura. E così?
G.: Esatto, l’avevo pensato un po’ come quei film di Woody Allen che portano avanti due storyline parallele, una comica e una drammatica, come il magnifico Crimini e misfatti o il meno noto Melinda e Melinda. E ho tentato un montaggio simile, dando un certo equilibrio alle parti.
Spero di esserci riuscito!
3) E a proposito di cinema il tuo romanzo Blackout, pubblicato da Guanda è in effetti diventato un film americano nel 2008, ma dello stesso non esiste una versione italiana. Questa cosa ti dispiace? E pensi che prima o poi qualche regista italiano penserà di seguire le orme del regista americano e fare del tuo libro una versione italiana? D’altre parte anche Blackout è ambientato a Bologna.
G.: Quella è stata una strana vicenda, in effetti, perché il film è uscito in molti paesi ma non in Italia. Misteri del cinema! Tra l’altro, i fan di Game of Thrones possono trovarci Ditocorto nel ruolo di Karl Maddox, la versione americana di Aldo Ferro, e chi ha amato Call me by your name di Guadagnino scoprirà che Tommy/Tomas era un giovane Armie Hammer.
Se qualcuno vuole farne un remake italiano, niente in contrario… è anche una storia poco bolognese, in verità: basta che ci sia un ascensore fermo in una città vuota per la domenica di ferragosto in un palazzo di periferia. Si può ambientare ovunque.
4) Ecco Bologna, la tua città natale c’è sempre in tutti i tuoi libri. Hai mai pensato di recidere prima o poi questo cordone ombelicale e ambientare altrove, proprio in un’altra regione o in un altro stato qualcuno dei tuoi prossimi romanzi?
G.: L’unica eccezione è stata Cicatrici, che si svolge in una città imprecisata del nord Italia, e in buona parte Anche il fuoco ha paura di me, che si svolgeva tra Lemuria, un paese immaginario della Bassa, e Ferrara. Ma Bologna è così comoda e pratica da usare, si presta a tutto, al noir, al comico, allo psichedelico, al politico/sociale… Andrea Pazienza ce lo ha insegnato bene, ci ha mostrato come le Due Torri e i portici potevano fare da sfondo alle straordinarie avventure di Pentothal come alle efferatezze di Zanardi o al dramma tossico di Pompeo. Dopodiché, non escludo niente: mi vedrei meglio a scrivere un romanzo in qualche altro luogo d’Italia che in un’altra nazione, ma mai dire mai, tanto per usare una frase fatta.
5) Se dovessi scegliere una sola delle protagoniste femminili dei tuoi libri quale sceglieresti e perché?
G.: Ho adorato Lavinia, una delle spose di Dracula, pur nelle poche pagine in cui compare.
Mi innamorerei all’istante di Angie di Chi non muore, e non resisterei al fascino psicotico di Elettra. Mi fidanzerei senz’altro con Fiore della serie L’uomo liscio/L’uomo liquido, etc.
Proprio come Lajos, sarei grande amico della Betty.
Ma la migliore tra le mie protagoniste non la conoscete ancora. La conoscerete molto presto.
Intervista a cura di Antonia Del Sambro