Editore Rizzoli / Collana Nero Rizzoli
Anno 2021
Genere Giallo
456 pagine – brossura e epub
Sembra siano passati pochi mesi dalle vicende narrate ne Il cinese (Rizzoli, 2018).
A Roma una triade è stata sgominata, trafficanti di esseri umani e un serial killer sono in cella in attesa del processo o ancora in ospedale a riprendersi dalle botte. È un buon momento per prendersi una pausa, ricaricare le batterie, schiarirsi le idee, fare i conti con i propri demoni, andare a trovare i nonni: il vicequestore Luca Wu, l’eroe nella lotta contro la Luce Limpida, è a Wenzhou, in quella che dovrebbe essere una meritata vacanza. Dovrebbe ma non succede.
Carlo Grande è stato trovato morto, forse è un suicidio. Grande è un imprenditore di successo, un uomo che ha saputo dove investire e su cosa no al momento giusto, fondatore della Yidali, una multinazionale simbolo della cooperazione commerciale e tecnologica tra Italia e Cina. È necessaria un’indagine veloce e accurata, che non lasci ombre di alcun tipo. Ecco che Wu, in collaborazione con la polizia locale, deve tornare a indagare. Il mondo, soprattutto quello degli affari, sta guardando.
Io rivedo l’uomo.
E capisco perché prima l’ho notato. È l’unico non cinese in mezzo a una marea di cinesi.
D’un tratto, ho tutti i sensi all’erta. I nervi sfrigolano, i muscoli si contraggono istintivamente. Quell’uomo ci sta seguendo? Sta seguendo me?
Non posso esserne certo. Ma ho dei motivi per temere che qualcuno mi stia cercando. E quel qualcuno potrebbe mandare un cinese, ma anche un occidentale che sta in Cina. Sarebbe insolito ma non impossibile.
«Torno subito» dico ai nonni.
L’incontro con l’autore con Francesca Mancini
E Wu, un uomo tra due mondi, indaga, in un paese-civiltà che non conosce, dove politica, resistenze culturali e il procedurale di polizia compongono un codice di norme e costumi alieno che Wu affronta con coraggio e intelligenza per tutto il romanzo. Nonostante le differenze enormi con l’Italia e Torpignattara, i fondamenti sono chiari: c’è un uomo morto, forse un crimine è stato compiuto, un grande investigatore lo è ovunque. L’indagine porterà Wu in giro per la Cina dove la prosperità e l’innovazione riescono comunque appena a coprire le tensioni striscianti in un sistema in cui all’autodeterminazione economica non si affianca quella civile e politica.
È un piacere per il lettore seguire Luca Wu il poliziotto in un’indagine complessa, serrata, senza buchi di trama o cali di tensione ma è nello svolgersi della grande empatia di Wu uomo che Andrea Cotti da il meglio come scrittore.
«E lei, Wu, su quanti delitti ha indagato in Italia?»
Per Tong e Zhu io sono solo un mezzo cinese che viene da un Paese che nemmeno conoscono, e che è stato infilato nella loro inchiesta dall’alto, per ragioni politiche.
Quindi, Tong mi sta mettendo alla prova.
Ora sono io che arrivo in fretta a ebollizione.
Però, prendo un respiro.
Non mi piace dover fare questi giochi di forza, dover affermare chi sono e di cosa sono capace. Ma a volte è necessario. Fisso Tong, fisso anche Zhu e la Yien, e rispondo: «Trentotto».
Ho combattuto molte volte, e ho sempre vinto.
Le scene d’azione nel romanzo sono fluide, efficaci. Tutta l’indagine è scritta e descritta da grande professionista. L’Impero di mezzo supera il già ottimo Il cinese. Cotti con il suo thriller riesce a mostrare, senza un singolo cliché, tensioni, contraddizioni e speranze del Secolo cinese, ma rilancia ancora: mostra, non dice, un Italia non più monoetnica. Forse Cotti crede nell’importanza culturale della fiction. Sicuro, in questo romanzo, Luca Wu si conferma come Campione della Legge insieme agli altri grandi del genere. Aspettiamo già il seguito.
Antonio Vena
Lo scrittore:
Andrea Cotti è sceneggiatore, editor, scrittore di romanzi per ragazzi, autore radiofonico e televisivo. Ha adattato crime fiction di successo tra cui la serie de L’ispettore Coliandro. Per Nero Rizzoli ha pubblicato Il cinese (2018).