Michele Navarra, avvocato penalista dal 1992, nel corso della sua carriera ha avuto modo di seguire alcune delle vicende giudiziarie più importanti della storia italiana, dalla strage di Ustica alle imprese della banda della Uno bianca. Nei suoi libri ha creato il personaggio seriale dell’avvocato Alessandro Gordiani, presente anche nei romanzi Solo Dio è innocente (2020), Nella tana del serpente (2021) e Una giornata cominciata male (2022, vincitore del Premio Caravaggio nello stesso anno), tutti editi da Fazi Editore.
In occasione del Pisa Book Festival, lo abbiamo intervistato e queste le risposte che ci ha dato:
1. Bentornato su Contorni di noir e grazie per la tua disponibilità. Curiosa di sapere com’è nata la storia raccontata nell’ultimo romanzo della serie dell’avvocato Gordiani, “Il peso del coraggio”, uscito in libreria da diversi mesi, edito da Fazi?
M.: È nata come in genere nascono tutte le mie storie. O prendo spunto da qualcosa che mi è capitato nella realtà, qualche caso professionale che poi stravolgo completamente. Oppure da qualche cosa che mi ha colpito, su cui cerco di costruirci sopra una narrazione. Questo non è un caso di cui mi sono occupato personalmente o meglio, mi sono occupato in un paio di occasioni di casi di violenza sui bambini e sono fatti che segnano parecchio. Una cosa del genere la volevo trattare nel modo più delicato possibile, anche ponendola a contatto che con quelle che poi sono anche altre tematiche di grande interesse come possono essere quelle legate alla giustizia privata, alla vendetta se vuoi.
2. Gordiani è uno che nella professione cerca sempre di mostrarsi diverso da com’è, stritolato dal peso delle sue ansie e dei suoi timori. Ma dal primo romanzo a ora in cosa è rimasto uguale e in cosa è cambiato? E perché?
M.: È rimasto uguale esattamente nei tratti che tu hai detto. Cioè la professione molto spesso ti costringe a essere, se sei un coscienzioso, a evidenziare delle caratteristiche che magari non possiedi fino in fondo. Gordiani non è un debole, non è un supereroe, non è un cinico. Lui è sempre in dubbio se aver fatto la cosa giusta o sbagliata e ne deriva un cortocircuito tra le cose che deve fare, il coraggio che deve dimostrare, portandolo a essere un coacervo di ansie, di paure che cerca di gestire, dimostrando forza e sicurezza.
È cambiato in quanto è cresciuto. È nato narrativamente parlando che aveva forse meno di quarant’anni e ora ne ha circa cinquantacinque e nella vita subentrano molti mutamenti sia nella famiglia che nell’amore.
3. Nonostante la tua scrittura renda la lettura del romanzo veloce e briosa, le tematiche affrontate hanno un peso importante di non facile digestione. Pedofilia e abuso di minori, argomenti che sollevano non pochi interrogativi. come si racconta questo tipo di delitto e come si include nella società contemporanea?
M.: Si racconta cercando di far capire di cosa stiamo parlando e cercando di essere il più delicato possibile. Tentando di essere vero, verosimile, e di non esibire tanto per farlo perché non avrebbe senso.
4. Si parla anche di verità, di come sia difficile, a volte impossibile stabilire come realmente si siano svolti i fatti. Di come spesso un fatto oggettivo cambi rispetto alle sensazioni di chi lo ha vissuto. Mi piacerebbe approfondire questo pensiero con te, come ti rapporti con la verità?
M.: La verità è qualcosa che c’è ma non conosciamo. Non la conosce nessuno. Si parla sempre di verità processuale e di verità sostanziale: la verità che emerge al termine di un processo, a tutti piacerebbe che fosse quella vera ma poi di fatto ma non lo sappiamo perché la verità la conoscono soltanto i veri protagonisti e forse nemmeno loro. Noi ci dobbiamo accontentare di qualcosa che somiglia alla verità e lo dobbiamo fare sempre.
5. In merito invece alla giustizia privata inserita all’interno della società e della legge dello stato italiano, ci sono considerazioni e interrogativi che si rincorrono durante la lettura del romanzo. Giuridicamente parlando come è stato trattato questo argomento nel corso della storia?
M.: In tanti modi diversi. La vendetta privata che puoi chiamare la teoria della probabilità degli ordinamenti giuridici di Santi Romano oppure la teoria del Codice barbaricino di cui avevo già parlato in un romanzo “Solo Dio è innocente”, nucleata per iscritto da un giurista e filosofo sardo Pigliaru. Un ordinamento che si definisca civile non può consentire la vendetta privata per due ordini di motivi: uno perché presuppone un accertamento e noi non siamo persone deputate a farlo. Cioè chi stabilisce che quello è veramente colpevole a meno che io non l’abbia proprio visto. E poi sarebbe pure quello che dovrebbe stabilire la sanzione e quindi la gravità. Sono cose che oggi non possono essere consentite mentre nella storia lo sono state, come per esempio il duello.
6. Io ho solo ricordi belli e intensi dei miei viaggi a Roma. Qui la leggo attraverso gli occhi di chi ci vive. Una città complessa tra bellezza e disagi. Ce la puoi raccontare brevemente attraverso il tuo sguardo?
M.: Io sono sempre stato molto rispettoso di Roma perché sono consapevole che non possa essere raccontata in un romanzo. È talmente grande che qualsiasi tentativo risulterebbe forse un po’ banale e allora mi limito a pennellarne alcuni aspetti. Una città caotica, assurda, io magari non riuscirei a vivere da nessun’altra parte. Chi ci vive si assuefa alla sua bellezza e concentra l’attenzione solo su quelle che sono le problematiche: il traffico, la spazzature, gente nevrotica che vuol litigare di prima mattina.
7. Se puoi darci qualche anticipazione su ciò a cui stai lavorando narrativamente parlando e se ritroveremo presto l’avvocato Gordiani immerso in un altro dei suoi casi complessi?
M.: Il prossimo romanzo sarà un vecchio romanzo del 2010 che ripubblicherà Fazi, “Per non aver commesso il fatto”. Un Gordiani giovane, innamoratissimo di Chiara, che aspetta il primo figlio. Però contemporaneamente ce n’è uno nuovo in cantiere a cui sto lavorando.
Intervista a cura di Federica Politi