Negli anni Sessanta e Settanta alcuni autori lusitani di gialli e thriller hanno venduto milioni di copie usando pseudonimi stranieri
Si chiamavano Dennis McShade, Dick Haskins, Ross Pynn e fra gli anni Sessanta e Settanta hanno venduto milioni di copie in svariati Paesi del mondo, ma a dispetto dei nomi non erano scrittori americani e neppure britannici. Erano portoghesi purosangue ma seguendo una tendenza in voga a quei tempi (anche in Italia, a dir la verità) si erano scelti un “nom de plume” che suonasse al tempo stesso esotico e più appropriato per un autore di gialli e thriller. Ecco allora che Dennis McShade è l’inglesizzazione di Dinis Machado; dietro lo pseudonimo di Dick Haskins si celava Antonio de Andrade Albuquerque e Roussado Pinto abbreviò nome e cognome portoghese nel più internazionale Ross Pynn.
Poco conosciuti ai giorni nostri, questi tre autori (soprattutto i primi due) vendettero milioni di libri, vennero tradotti in molte lingue e pubblicati in svariati Paesi non solo europei e alcuni dei loro romanzi furono poi trasferiti sul piccolo e grande schermo. McShade e Haskins hanno avuto un discreto successo anche in Italia: del primo una decina d’anni fa sono stati ripubblicati alcuni titoli da Voland e ancora si trovano in catalogo; mentre alcuni romanzi di Haskins vennero proposti negli anni Sessanta da Garzanti. Più limitata la fortuna internazionale di Pynn, invece.
Il costume di usare pseudonimi stranieri per firmare libri gialli, fino agli anni Ottanta era in voga anche in Italia, come ha spesso ricordato il direttore editoriale del Giallo Mondadori, Franco Forte. Con risultati a volte involontariamente comici, come quando alcuni dirigenti del colosso editoriale milanese insistevano per cambiare il cognome del noto scrittore statunitense David Baldacci perché “suonava” troppo italiano. E lo stesso fenomeno ha riguardato anche la fantascienza, dove ancora pochi anni fa gli autori dal cognome italiano venivano guardati con scetticismo dagli appassionati del genere. Quindi non sorprende che anche in Portogallo, cinquant’anni fa, gli editori preferissero pubblicare gialli e thriller a firma di non meglio precisati scrittori dal nome anglosassone.
Tuttavia, nel nostro caso, c’era qualcosa di più. Intanto gli stessi autori spesso preferivano usare uno pseudonimo americano, oppure fingere che il romanzo fosse la traduzione di un testo d’oltreoceano, per aggirare la censura che all’epoca, nel regime autoritario di Salazar, era piuttosto rigida non solo sui temi politici ma anche di costume. E poi i nostri giallisti lusitani, da bravi discepoli del maestro Fernando Pessoa (che peraltro era un lettore appassionato di gialli e tentò anche di scriverne alcuni. Qui l’articolo di Latin Noir in cui se ne parla: https://latinnoir.wordpress.com/2020/11/17/pessoa-il-giallista-dalle-mille-identita/), amavano non solo i semplici pseudonimi ma gli eteronimi, vale a dire la coesistenza di più nomi (e talvolta di più vite, anche fittizie) per una stessa persona: Pessoa aveva ben quattro eteronimi […]
Articolo di Giorgio Ballario su Latin Noir