Editore Marsilio / Collana Romanzi e Racconti
Anno 2024
Genere Narrativa
128 pagine – brossura e ebook
Una voce potente, quella di Grazia Verasani, anche se in questo romanzo sembra voler parlare a bassa voce, come se le urla potessero infrangere l’aura di desolazione che pervade le pagine di Hotel Madridda. Eppure la storia che ci racconta prende allo stomaco, crea l’ansia dell’attesa e costringe a pensare, conseguenza questa, il pensiero, sempre più difficile da percepire all’interno di un romanzo. Ma nonostante il tono volutamente sottomesso alla tragedia dei personaggi che vivono la storia, ogni parola è una denuncia, un allarme che ci ricorda come gli eventi narrati siano già avvenuti e quanto sia presente il pericolo, oggi in maniera particolare, che tornino a schiacciare le nostre vite.
Grazia Verasani parla di libertà, tra queste pagine, ma lo fa attraverso la voce dei protagonisti che di questa libertà sono stati del tutto privati.
È impossibile non provare una forte empatia con Selma, il personaggio principale, la cui esistenza da reclusa o esiliata o respinta dalla dittatura che governa il suo paese (o forse il continente o il mondo) si trascina in una monotonia sempre uguale, scandita a tratti dalle lettere che scrive alla sorella Ida, nelle quali racconta la sua sfortuna, i suoi sogni, i ricordi di un tempo migliore, come alla ricerca di una breve consolazione. Selma vive in una sorta di compound al contrario, una specie di carcere a cielo aperto dal quale non si può uscire, essendo persone non gradite al regime. In questa morte apparente in cui è costretta a trascinare le sue giornate, è poco, ciò che a Selma è consentito fare. Le parole sono vietate, così come le relazioni sociali con gli altri reclusi, che avvengono soltanto di nascosto e con la paura costante di essere scoperti. Sotto un cielo sempre plumbeo, la sua è un’esistenza non esistenza, come nelle dittature capita spesso a coloro che non sono allineati. Fino al giorno in cui nella sua vita compare Tino, un giovane che si nasconde in casa sua e passa il tempo guadando fuori dalla finestra, dove si erge la mole abbandonata dell’Hotel Madridda. Con propositi che Selma trova assurdi ma che daranno una nuova spinta alle sue giornate.
La scrittura di Grazia è bella e avvolgente, la sua passione per queste persone in bilico sul nulla è evidente. La storia di Selma comunica al lettore la medesima frustrazione che molte persone nella sua situazione provano in ogni momento – spesso lontano dai nostri pensieri – in diverse parti del mondo. La crudeltà dei secondini, l’indifferenza di chi è costretto a lavorare nel compound, unite all’apparente normalità della vita dei reclusi, si trasforma d’incanto in una lirica bellissima attraverso i pensieri e le azioni della protagonista. È grazie a lei che Hotel Madridda, pur scorrendo sui binari di una lentezza straordinariamente intensa, dove ogni parola ha un significato profondo, riesce a ricondurre il lettore sui residui di un flebile filo di speranza.
Enrico Pandiani
La scrittrice:
Grazia Verasani ha esordito giovanissima con alcuni racconti apparsi su il manifesto. Oltre a Quo vadis, baby?– da cui nel 2005 è stato tratto l’omonimo film di Gabriele Salvatores e nel 2008 una serie tv prodotta da Sky – e agli altri romanzi della serie con protagonista l’investigatrice Giorgia Cantini (l’ultimo, uscito nel 2020, è Come la pioggia sul cellofan), ha pubblicato varie opere tra cui From Medea (Sironi 2004), da cui nel 2012 è stato realizzato il film Maternity Blues di Fabrizio Cattani, Tutto il freddo che ho preso (Feltrinelli 2008), Mare d’inverno (Giunti 2014), Lettera a Dina (Giunti 2016) e La vita com’è (La nave di Teseo 2017). Per Marsilio, nel 2021 è uscito Non ho molto tempo, in cui racconta della propria amicizia con Ezio Bosso. I suoi libri sono tradotti in vari paesi tra cui Francia, Germania, Portogallo, Stati Uniti e Russia.