Anthony Horowitz – La sentenza è morte

106

Editore Rizzoli / Collana Nero Rizzoli
Anno 2024
Genere noir investigativo
304 pagine – brossura e ebook
Traduzione di Francesca Campisi


“Già. Farsi ammazzare è stato proprio sconsiderato da parte del signor Pryce” concordò Hawthorne, acido come non mai.
Quando l’avvocato divorzista Richard Pryce viene trovato morto – ucciso con una bottiglia di vino pregiato, il che rappresenta una stranezza visto che la vittima era astemia – la polizia affida il caso all’ex detective Hawthorne, il cui passato sembra ancora poco spiegabile e spiegato. Ha davvero ucciso un sospettato? Se lo chiede spesso Horowitz che lo segue passo passo per poter scrivere il secondo libro sul detective.
Pryce si stava occupando del celebre divorzio tra due celebrità e una di queste lo aveva anche minacciato pubblicamente, ipotizzando anche la volontà di ucciderlo con una bottiglia di vino. Per Horowitz il caso sembrerebbe dunque risolto, ma Hawthorne non è dello stesso avviso e, nonostante le incompatibilità caratteriali, mostrerà al proprio “biografo” che ogni delitto ha una forma e che bisogna indagare ogni angolo oscuro.

Intanto Horowitz, da buon scrittore, cerca di scoprire qualcosa in più sul “compagno di indagini”: chi è davvero Hawthorne? Dove vive? Cosa è accaduto nel suo passato? Deve ancora scrivere due romanzi su quell’uomo – ha ormai firmato un contratto – e la sua curiosità non è ancora stata sfamata.

“La sentenza è morte” è il secondo volume della serie che vede protagonisti l’ex detective Hawthorne e lo scrittore Horowitz. Sì, perché se è vero che il romanziere deve scrivere di ciò che conosce, Horowitz fa un passo in più e diventa personaggio del suo stesso romanzo. E il trucco funziona alla perfezione: Hawthorne è un personaggio controverso, scontroso e con molte zone d’ombra; Horowitz lo segue non come un fedele compagno ma travolto da ciò che spinge gli scrittori, la scoperta della verità, la risoluzione di un caso personale più che di un delitto. Il duo, come spesso citato nel romanzo, sembra quasi voler essere un “Sherlock Holmes e dottor Watson” degli anni 2020 e riprende spesso le dinamiche che si trovano nei romanzi di Conan Doyle. In più il lettore può entrare nella vita di uno scrittore, nelle sue giornate confusionarie: Horowitz descrive quello che il suo lavoro nella vita reale tra sceneggiature, romanzi, incontri con altri scrittori – e proprio una autrice sarà sospettata – e vita familiare.

Insomma, “La sentenza è morte” ha al suo interno tutto quello che può interessare un lettore di noir: quante volte ci siamo chiesti da quale idea fosse nata una serie tv crime? Lo stile utilizzato dall’autore è pulito, lineare, incapace di nascondere al lettore avvenimenti, fatti, sospetti: le prove sono lì, davanti ai nostri occhi, bisogna solo saperle interpretare nel modo esatto. Cosa che Howoritz spesso non riesce a fare senza l’aiuto di Hawtorne che, e questo ci fa sorridere, si approfitta dell’ingenuità dello scrittore per i propri scopi personali. Questo romanzo ha molti personaggi ma l’autore riesce a delinearli perfettamente, senza creare mai confusione agli occhi del lettore, andando a ricordare i gialli dei grandi autori classici del passato e dando un tocco di novità e sapore moderno.

Adriana Pasetto


Lo scrittore:
Anthony Horowitz è uno degli scrittori più prolifici ed eclettici del Regno Unito, noto per la serie bestseller di Alex Rider. Sceneggiatore per la televisione, ha prodotto, tra le altre, la prima stagione dell’Ispettore Barnaby. Nel 2014 ha ricevuto il titolo di Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per meriti in campo letterario. I delitti della bella di notte (Rizzoli 2021) è il secondo volume della serie dell’autore.