Elisabetta Cametti – I dettagli del male

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Editore Piemme
Anno 2024
Genere Giallo e Thriller
224 pagine – brossura e ebook


“I dettagli del male” è uno dei libri più belli e faticosi che mi siano capitati tra le mani negli ultimi tempi.
L’aggettivo “bello” il libro in questione lo ha guadagnato solo grazie alla scrittura di Elisabetta Cametti, mentre il termine “faticoso” lo reclama a gran voce, alla fine di ogni pagina.
Elsabetta Cametti viene definita dalla stampa la signora italiana del thriller e in questa sua nuova fatica letteraria (solitamente trovo fastidioso questo termine per descrivere la nuova opera di un autore ma in questo caso lo trovo più che appropriato) mette a dura prova se stessa e il lettore perché un conto è prendere parecchi spunti dalla realtà e poi inventarsi una storia e dei personaggi, altra cosa è riuscire a raccontare delle storie vere e atroci così come sono.
Senza omissioni. Rivelando. Anche quello che non vorremmo sapere.

“I dettagli del male” racconta quattro casi di cronaca nera che hanno sconvolto il nostro quotidiano.
Quattro vittime.
Quattro persone che non potranno mai fornire la loro versione della storia.
Quattro anime che sperano si faccia luce su quello che è realmente accaduto. Altrettante famiglie condannate all’ergastolo del dolore.
Il perché è spesso futile, inesistente, altamente illusorio.
Giulia Tramontano uccisa da Alessandro Impagnatiello, suo compagno e padre di suo figlio, al settimo mese di gravidanza. Insieme a lei muore ovviamente anche il bimbo che porta in grembo.
Laura Ziliani, uccisa dalle sue stesse figlie Paola E Silvia Zani e da Mirto Milani, fidanzato con entrambe le sorelle.
Liliana Resinovich la cui morte è ancora oggi avvolta dal mistero. È stata uccisa o si è suicidata?

Diana Pifferi. Un esserino piccolo piccolo morto di fame e di sete. Diana aveva solo diciotto mesi e la sua mamma avrebbe dovuto pensare a lei.
In famiglia si esprimono i sentimenti più profondi. Amore, gioia, serenità… ma anche frustrazione, senso di inadeguatezza, odio. La famiglia è il luogo dove si coltivano i valori, ma dove possono annidarsi comportamenti tossici. Il rifugio dagli orrori del mondo, o il covo della violenza.
Questo è quello che leggiamo nel risvolto di copertina. È così che apriamo la porta di alcune stanze. E ’in questo modo che ci accingiamo ad entrare in contatto con dei crimini atroci.

Alessandro Impagnatiello uccide Giulia Tramontano e suo figlio con lucidità. Un po’ per volta. Inizia ad avvelenarla, poi la massacra con un coltello e poi prova a dare fuoco al corpo di Giulia nel quale il piccolo Thiago forse stava ancora provando a sopravvivere.
Di questa storia mi è rimasta addosso l’incapacità di comprendere come Impagnatiello abbia provato fino all’ultimo a manipolare la situazione affermando che Giulia si voleva fare del male e lui l’ha uccisa per pietà. Per non farla soffrire. Esattamente queste le parole che ha usato.

Laura Ziliani. Nel raccontarci questo fatto di cronaca Cametti sottolinea la parola “troppo”. Troppa enfasi, troppi errori, troppe finte sedute di psicoterapia, troppa goffaggine, troppe bugie.
Due figlie che mantengono un rapporto malato tra di loro e si dividono un fidanzato, uccidono la loro mamma mettendola KO con un cupcake colorato che Laura ha mangiato perché pensava fosse fatto con amore.
Qui incuriosisce la famosa triade e ci si chiede se l’assassinio è stato commesso dalla nuova entità costruita dai tre soggetti o se sarebbe accaduto ugualmente.

Così scrive Cametti:
La trinità era una delle troppe fantasie di cui i tre si nutriva. La più importante. Il vessillo nel quale identificarsi, il simbolo del piacere proibito. Il loro posto nel mondo. Forse l’unica ragione per quell’esistenza che non riuscivano ad afferrare, ad indirizzare…che come singoli individui non sentivano appagante. La trinità era la risposta alla solitudine, al senso di inadeguatezza. Era la forza. L’illusione che hanno confuso con la realtà, perdendo di vista limiti e confini.
Se più formiche insieme possono spostare un elefante, tanti pezzi di legno anno divampare un incendio. Ma il fuoco non illumina…brucia, cancella. Divora. E nelle fiamme nulla vive.

Liliana Resinovich. Come ho scritto sopra, la sua morte è ancora avvolta nel mistero. Cosa è davvero successo Liliana non ce lo può raccontare e le certezze che si hanno su questa storia sono davvero poche.
Sappiamo che il 14 dicembre del 2021 Liliana scompare e che il 5 gennaio 2022 il suo corpo senza vita viene ritrovato in un bosco.
La procura suggerisce l’ipotesi del suicidio ma dato che è stata ritrovata avvolta da due sacchi neri con la testa infilata in due sacchetti più piccoli io stento a credere che possa essere la verità.
La vita di Liliana viene scandagliata. Tantissime fotografie che la ritraggono appagata, felice, con tanti interessi. Un uomo col quale convive da anni e un secondo uomo col quale intratteneva una relazione clandestina.

Quanto ci conoscono le persone che ci vivono a fianco? Cametti scrive che Sebastiano e Claudio raccontano una Liliana diversa. Non sembra che stiano parlando della stessa persona.
Due personaggi egocentrici che aspirano al ruolo di protagonisti in questa triste storia.
Tremila pagine d’inchiesta. Due autopsie. Varie incongruenze, dubbi e supposizioni e una voce che manca, come suggerisce l’autrice. La voce di Liliana che nessuno potrà mai più ascoltare.
Diana Pifferi.
Diciotto mesi e l’essere invisibili agli occhi del mondo. Elisabetta Cametti dice che, nella scala delle sofferenze forse questa è una delle peggiori. Non esistere.
Diana viene abbandonata a casa da sua madre e muore di fame e di sete in una stanza surriscaldata dalla calura estiva. Sei lunghi giorni. Sei lunghe notti. Diana, una piccola resistente. Un adulto forse avrebbe lasciato questo mondo molto prima se costretto a quelle condizioni ma lei no. Il suo piccolo cuore ha provato a resistere. Leggiamo che il suo primo contatto col mondo è stato nell’acqua di un gabinetto. Diana è nata dentro la tazza del water e arriva in ospedale ancora legata al cordone ombelicale. Sua madre afferma che non sapeva di essere incinta ma che una cosa lei la sa. Vuole che sua figlia porti il nome di una principessa ed è per questo motivo che la chiama Diana.

Cametti si interroga e ci fa riflettere su una delle cose più assurde di questa storia. Nessun medico, trovatosi davanti a questa situazione assurda, ha pensato di attenzionare Alessia Pifferi e la sua bambina ai servizi sociali. Forse se qualcuno lo avesse fatto la piccola Diana sarebbe viva.
Ci sarebbero molte cose da dire su questo caso e Cametti lo fa egregiamente ma io non ce la faccio. Emerge il disagio psichico ed emotivo di questa madre e gli occhi chiusi di chiunque le sia gravitato intorno.

Questa è un’opera unica nel suo genere perché Cametti regala al lettore la sua preparazione da esperta del settore mantenendo lo stile del romanzo, del racconto.
Racconta la cronaca facendola scomparire dalle parole e questa è un’arte che pochi scrittori sanno mettere in pratica.
Elisabetta Cametti ci tiene per mano, chiude i quattro cerchi di narrazione con una nota di quieta afflizione.
Non c’è catarsi, non c’è redenzione, c’è solo la consapevolezza di un destino determinato da altri al quale alcuni, inspiegabilmente, sono costretti a soccombere.

Deborah Alice Riccelli


La scrittrice:
Elisabetta Cametti, classe 1970, con una laurea in Economia e Commercio in Bocconi, da vent’anni si occupa di editoria e lavora tra Milano e Londra.
La stampa l’ha definita “la signora italiana del thriller”. Nel 2013 ha pubblicato il primo romanzo della serie K, I guardiani della storia, suo thriller di esordio e bestseller internazionale. Nel mare del tempo è uscito nel 2014 e Dove il destino non muore nel 2018. Nel 2015 ha inaugurato la serie 29 con Il regista, seguito nel 2016 da Caino, entrambi molto apprezzati da pubblico e critica. I suoi libri sono stati pubblicati in 12 paesi. È opinionista in programmi televisivi di attualità e cronaca su Rai 1 e sulle reti Mediaset.