Editore Libero Marzetto
Anno 2024
Genere Giallo
174 pagine – brossura
Sempre più spesso capita di trovare delle perle nella piccola o piccolissima editoria, perle che, non si sa per quale motivo, sono sfuggite alla longa mano di quella più grande. Non credo esista mondo nel quale l’ingiustizia sia più diffusa di quello dell’editoria, dove la sorte o la fortuna contano più delle capacità personali e del talento. Questo fenomeno si acuisce ulteriormente nel romanzo di genere, nel noir, più che nel giallo. Fine delle lamentazioni.
Si potrebbe pensare che Parma, piccola città di arte, cibi prelibati e storia antica, sia un luogo tranquillo, dove la vita scorre senza grandi problemi e dove tutti stanno benone. Ma non è così nel romanzo “L’uomo di un altro uomo”, di Marcello Mendogni, avvocato con un o spiccato talento per il racconto, è un bel romanzo che lascia l’amaro in bocca, che non risolve nulla, come succede nella realtà, che racconta quella parte marcia e corrosa che si nasconde sotto qualsiasi amministrazione comunale, dove notabili avidi sono disposti a tutto pur di aumentare il proprio patrimonio, spesso a discapito dei concittadini.
È questo l’ambiente che racconta Mendogni, senza acredine, ma pure senza fare sconti. Gianluca Fabbri è uno di questi privilegiati, fa parte di una cerchia ristretta alla quale partecipano anche politici e imprenditori. Sullo sfondo c’è una gigantesca speculazione immobiliare, milioni a palate da spartirsi in pochi. Ma i notabili della città, certi di essere in una botte di ferro, non hanno tenuto conto dell’esistenza di qualcuno molto più determinato e vorace di loro, qualcuno che arriva dal Sud ed è disposto a gesti estremi pur di prendersi una grossa fetta dell’affare. E ad andarci di mezzo è proprio Gianluca Fabbri che una sera viene attirato in una trappola e finisce con la testa spaccata a colpi di pietra.
E qui entra in gioco il vero protagonista della storia: l’ispettore Robuschi. Era un bravo poliziotto, Robuschi, uno che sapeva il fatto suo, aveva moglie, figlia e una vita normale. Ha mandato tutto all’aria per una storia d’amore poco convenzionale. Ora è ridotto male, nessuno si fida di lui, tira a campare come una specie di barbone, ma non ha perso le proprie capacità. Quando il suo superiore, il commissario capo Falbo – ai cui polsi sono legati i fili tenuti in mano dai notabili della città – gli affida l’indagine sull’omicidio di Fabbri, lo fa con la certezza che Robuschi sarà manovrabile, che non arriverà da nessuna parte e si potrà insabbiare la vicenda. Ma come sempre, Falbo non ha messo in conto l’orgoglio, quel sentimento che può essere riacceso da una frase, da un incontro, dalla sensazione di essere apprezzati. Anche dallo sguardo di una donna.
In un mondo letterario dove ti capita di leggere che da dietro una pianta una persona ne spia un’altra che “si trovava a qualche centinaio di metri di distanza (ci vorrebbe un telescopio)”, la scrittura di Marcello Mendogni è invece bella, asciutta, precisa, capace di grande sarcasmo e di un’ironia strisciante. È la prosa di chi sa gestire le situazioni, rimanendo credibile pur essendo in grado di affascinare. Sa guardare all’ambiente che racconta con il giusto distacco, osservandolo con occhio feroce, a tratti crudele. Si vede che sta dalla parte di Robuschi, ma allo stesso tempo si rende conto che contro un potere forte, protetto e determinato, c’è poco da fare. D’altra parte siamo ormai abituati all’idea che in politica qualsiasi nefandezza tu commetta, la farai franca. Robuschi, alla fine, non è che un granello nell’ingranaggio, è inopportuno per via delle sue capacità deduttive che sono state sottovalutate. Ma contrariamente a ciò che si pensa, molto spesso i granelli vengono schiacciati dagli ingranaggi, che continuano imperterriti a fare il loro sporco lavoro.
Tutto ciò, per ribadire che sempre più spesso capita, con grande piacere, di trovare delle perle nella piccola editoria. “L’uomo di un altro uomo” è una di queste.
Enrico Pandiani
Lo scrittore:
Marcello Mendogni (Parma, 1963) ha giocato a basket e studiato giurisprudenza. Ha sempre letto romanzi fin da quando, da ragazzino ogni anno in autunno, nel piazzale di fronte alla stazione, una libreria della sua città montava una bancarella e vendeva libri a metà prezzo. È lì che comprò il suo primo libro, I 49 racconti di Hemingway. Da allora ha continuato a comprare e a leggere parecchio. Fa l’avvocato per mestiere, scrive per piacere.