Genere noir
Il Natale è alle porte. Chi si scalda davanti al caminetto acceso e pensa al sontuoso menu da preparare, chi dorme sotto un ponte, in attesa che una mano generosa consenta di comprarsi un po’ di vino e scaldarsi così insieme ai compagni di sventura. I pescatori sperano in una rete generosa, grondante di pesci, sapendo che in alternativa non avranno da dare cibo ai propri figli. Le vie brulicano di bancarelle e attraverso la descrizione dei prodotti tipici partenopei nel periodo natalizio, mi immergo nel profumo e nell’aroma di quei cibi.
“Il Natale è un’emozione” e a Napoli lo senti nell’aria molti mesi prima, vedendo gli artigiani nelle botteghe che, con i loro coltelli affilati sagomano le statuine per il presepe. Gli stessi coltelli, forse, che hanno sgozzato Costanza Garofalo e suo marito, centurione della milizia portuale. Sono stati trovati in un lago di sangue all’interno del loro appartamento, lasciando orfana una bambina. Neanche il portiere dello stabile, offuscato dai fumi dell’alcol, si è accorto di nulla. Chiunque sia stato, ha agito indisturbato. A detta di molti, la coppia era molto conosciuta e rispettata, senza ombre né scheletri nell’armadio.
Certo, chi può avere voglia di uccidere proprio nel periodo di Natale? Ma non si deve essere tutti più buoni? Così pensa il commissario Ricciardi che, favorito (si fa per dire..) dalla visione dei morti un attimo prima della loro fine, vede i coniugi ripetere delle frasi, che al momento sembrano inconsistenti. “Cappello e guanti?”, chiedeva la Signora Garofalo. “Io non devo niente, proprio niente“, ripeteva a denti stretti Emiliano.
In un’epoca in cui le indagini sono affidate al sesto senso e alla perspicacia della polizia, senza prove del DNA, o tutti i mezzi tecnologici oggi esistenti, il commissario Ricciardi e il brigadiere Maione hanno vita difficile.
Maurizio De Giovanni ci conduce in un’epoca che sembra lontana anni luce dai giorni nostri in cui, tra l’altro, anche le relazioni con l’altro sesso sono fatte di piccole conquiste, di un permesso per un saluto, di uno sguardo fugace. Un commissario Ricciardi diviso tra due donne, completamente diverse e forse per questo complementari. Enrica, dal carattere riservato e timido, un tiepido atteggiamento che non deve trarre in inganno sul legame profondo che sente per quell’uomo sfuggente. Livia, antesignana rispetto al periodo, volitiva e appariscente. Non avvezza all’essere rifiutata dagli uomini.
Un’epoca in cui si scrivono ancora lettere d’amore come quella, struggente, che Ricciardi scrive a Enrica.
Una città in cui il presepe diventa il fulcro della trama, e lo scrittore ci descrive particolari sulle sue origini e sul significato di ogni statuetta. Niente è lasciato al caso.
Così come niente, in questo romanzo, è lasciato al caso. Ogni statuina avrà il suo posto, così come ogni morto avrà il suo colpevole. Grazie a Ricciardi.
Un plauso a questo romanzo e al dolce ricordo che lo scrittore ci ha voluto far rivivere accennando ai famosi fratelli De Filippo e al loro più che famoso “Natale in casa Cupiello“.
Lo stile è fluido, pulito, essenziale. Nulla da togliere, nulla da aggiungere.
Ho cominciato a conoscere Maurizio De Giovanni proprio con questo libro e me ne pento, perché credo di aver perso molto di Ricciardi. E per conoscerlo non devo fare altro che cominciare dal principio!
Qui l’intervista che ho realizzato, non perdetevela! Intervista
Lo scrittore: