Intervista a Luca Occhi

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Uno scrittore con la passione per la scrittura. Può sembrare una cosa scontata ma non lo è e chiacchierando con Luca Occhi ci rende conto alla perfezione. Scrivere per lui è qualcosa che ha nel DNA, per cui quando parla dei suoi libri, del concorso che ha ideato, dell’arte della parola, la sua passione finisce inevitabilmente per coinvolgere anche chi lo ascolta. Dopo aver pubblicato tanti racconti e un romanzo classificatosi al terzo posto del concorso Giallo Garda, Luca è tornato nelle librerie con la sua seconda fatica letteraria Della stessa sostanza del buio (Bacchilega Editore, 2019). Un noir intenso e feroce di cui ci parla in questa nostra intervista.

1.Benvenuto, Luca. Il tuo ultimo lavoro è un noir davvero intenso dove non temi di affrontare tematiche contemporanee molto forti. Da dove sei partito per sviluppare l’idea?
L.: L’idea era di provare a scrivere un romanzo che spezzasse la collaudata consuetudine narrativa di contrapporre a un protagonista, magari “dannato” ma con le stigmate del personaggio buono e con cui il lettore potesse identificarsi, a un antagonista. In “Della stessa sostanza del buio” il lettore è costretto a confrontarsi con personaggi a loro modo tutti negativi, sceglierne uno, e seguirlo sino alla fine per vedere come la storia va a finire e se esiste o no per qualcuno una possibilità di redenzione.
E a proposito di coraggio, il tuo protagonista è un uomo con una dipendenza biasimevole e orrenda.

2. Perché hai scelto un personaggio così negativo per dare vita a tutta la narrazione?
L.: Proprio per una sorta di non ammiccamento nei confronti del lettore. Mathias Mestiz non è una bella persona. Il lettore credo lo scopra sin dalle prime pagine. Ma ha una storia. Ed è quella che racconto, cercando di instillare nel lettore il dubbio che forse non tutto è come sembra.

3. Parliamo di Bologna. La città che descrivi nel tuo lavoro è lontana anni luce da quella colta, universitaria, laboriosa che tutti hanno in mente. Ma esiste davvero questa altra città che tu descrivi?
L.: Esiste, come credo che esista in tantissime altre città d’Italia. Il romanzo si svolge, infatti, quasi sempre di notte, in una zona di periferia a metà fra il reale e l’invenzione letteraria, dove come accade nel naturale alternarsi fra luce e buio, alle persone che di giorno affollano gli uffici, i centri commerciali, di notte si sostituisce un’umanità che vive ai margini, creature notturne, fantasmi.

4. Tu hai all’attivo tanti racconti e un altro romanzo. Come è cambiata la tua scrittura nel corso di questi anni?
L.: Negli anni s’impara. S’impara lavorando, leggendo quelli davvero bravi, ascoltando e confrontandosi con gli altri scrittori e amici divorati dalla medesima passione. Come cambia il nostro fisico, e la nostra stessa psicologia con lo scorrere del tempo e l’accumularsi dell’esperienza, la medesima cosa accade con la scrittura. È la sua magia. La scrittura è una cosa viva.

5. Sei anche tra i fondatori di un concorso letterario che si intitola Turno di notte e da undici anni, quindi, hai anche l’occasione di leggere cose scritte da altri. Allora ti chiedo, com’è lo stato dell’arte degli scrittori emergenti o di quelli che amano scrivere e partecipare ai concorsi?
L.: Turno di Notte è un concorso unico in Italia, che prevede di dover scrivere un racconto prendendo spunto da un incipit di Carlo Lucarelli, comunicato alle dieci di sera, e da consegnare entro le cinque di mattina. I partecipanti possono partecipare da remoto, ma anche ritrovarsi a passare la notte assieme in alcuni posti di ritrovo sparsi per tutta Italia. Un’autentica sfida per scrittori temerari. Turno di Notte è una cartina di tornasole, un po’ falsata, dello stato dell’arte della scrittura in Italia. Perché scrivere un racconto in sole sette ore, limita il lavoro di editing e quindi il livello della scrittura ovviamente ne risente. Quello che invece il concorso conferma è che la passione per la scrittura è tanta.

6. Torniamo a Della stessa sostanza del buio e parliamo del senso della disperazione che tocca e investe molti dei personaggi e del desiderio di riscatto del protagonista Mestiz. A tuo parere quale dei due è il tema centrale della tua storia?
L.: La disperazione di sicuro, una disperazione che spinge tutti i protagonisti a ricercare un cambiamento pur che sia, senza alcuna certezza in un miglioramento. Non possono rimanere fermi, devono assolutamente fare qualcosa. Qualsiasi cosa pur di tentare di cambiare, pur di uscire dal buio. Ma al buio ogni via è confusa e incerta, ed è difficile capire dove ti condurrà.

7. C’è un personaggio del tuo ultimo libro che faresti “sopravvivere” anche in un tuo successivo scritto?
L.: Questa è una domanda trabocchetto, e devo stare attento a non spoilerare. Lasciamo quindi che a questa domanda rispondano da sé i lettori, una volta terminata la lettura del romanzo.

8. Se dovessi racchiudere tutto il tuo romanzo in una sola frase del libro quale sceglieresti e perché?
L.: Mi piace molto la citazione dello scrittore colombiano Efraim Medina Reyes, dal suo romanzo C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo: “Perché la ferocia è in un punto del cuore, non negli artigli della tigre.” E nel buio che è nell’anima, aggiungerei.

Intervista a cura di Antonia Del Sambro