Intervista a Maurizio de Giovanni

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(c) Annalisa Carbone

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Maurizio de Giovanni ha creato le serie bestseller del commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone. Per Rizzoli ha pubblicato Il resto della settimana (2015), I guardiani (2017), Sara al tramonto (2019), per cui esiste un progetto di fiction televisiva, e l’antologia Sbirre (2018), con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo.

Lo abbiamo intervistato per l’uscita del suo romanzo Le parole di Sara, per Rizzoli, uscito a marzo 2019 e queste sono le domande che gli abbiamo rivolto:

1.Ciao Maurizio, bentrovato su Contorni di Noir e grazie per la tua disponibilità. La prima domanda riguarda l’idea da cui è scaturita la storia che ha dato vita a questo secondo romanzo con protagonista Sara. Com’è nato?
M.: Semplicemente avevo voglia di rivedere Sara. E’ un personaggio che amo molto e non volevo perderla di vista. Ho già raccontato come l’ho conosciuta, una notte di pioggia del dicembre di due anni fa. Dopo il primo libro, che tra l’altro ha avuto un successo superiore a ogni aspettativa, ho desiderato continuare a seguirla, per capire come avrebbe continuato a vivere senza Massimiliano e soprattutto che tipo di rapporto si sarebbe creato con Viola.

2. Il romanzo inizia con una svolta inaspettata nell’esistenza di uno dei personaggi. C’è di mezzo il destino o piuttosto come sostiene l’ispettore Pardo, un certo atteggiamento verso la vita che ne può modificare l’andamento?
M.: Concordo con Pardo: certi atteggiamenti nei confronti della vita e degli avvenimenti, anche quando non direttamente determinati, ne possono senz’altro modificare il corso.

3. Questa capacità che ha Sara di interpretare espressioni e posture, riuscendo a vedere ciò che gli altri non vedono, non pensi che sia anche una specie di condanna? Riuscire ad intuire verità che le persone nascondono persino a se stesse?
M.: Sara in un certo senso è accomunata a Ricciardi dal fatto di avere capacità che sembrano facilitare l’esistenza e invece si rivelano appunto una condanna.
Entrambi vedono ciò che gli altri non vedono: ma Ricciardi il più delle volte viene sviato dal fatto, Sara invece riesce a interpretare sentimenti che come dicevi benissimo sono ignoti persino a chi li prova, il che le rivela la verità vera, che in qualche caso può essere lacerante, per chi la vive e persino per chi la osserva.

4. Sara vive con i suoi fantasmi, Massimiliano, il compagno morto in seguito ad una malattia e Giorgio, il figlio morto a causa di un incidente. Come si è modificato nel corso dei due romanzi il rapporto con questi anche in base al presente in cui si trova a vivere?
M.: Credo che sia Sara a evolversi. Ecco perché il suo rapporto con i fantasmi è del pari in evoluzione. Mi sembra che l’incontro con il piccolo Massimiliano le abbia dato una dimensione diversa, una speranza, un interesse per la giustizia seppure al di fuori della legge che non credo avesse quando l’ho incontrata.

5. Sappiamo che Sara ha compiuto scelte difficili che l’hanno portata su strade da cui ha preferito non fare ritorno. Non ha rimpianti ma quanto dolore l’ha attraversata e come è riuscita a gestirlo?
M.: Sara era su un piano inclinato: il terrore dei sogni che la attanagliavano l’aveva resa una persona diversa. La priorità era una e solo una: riuscire a evitare il sonno, con ogni mezzo. Poi la minaccia di un medico, ma più ancora la consapevolezza di non poter continuare in eterno a sottrarsi al confronto con i fantasmi del passato l’hanno indotta a mettere un freno all’uso di farmaci di cui era oramai schiava.

6. Ad affiancarla nell’indagine ufficiosa, su richiesta della vecchia collega e amica Teresa, l’ispettore Pardo, sottovalutato sul posto di lavoro ma che al fianco della Morozzi riesce a valorizzare le sue doti. Come racconteresti il rapporto tra i due a chi non li conosce e non ha letto i romanzi?
M.: Pardo è quello che definirei una brava persona. Un uomo all’antica, con aspirazioni di vita quasi femminili, effettivamente sottovalutato sul posto di lavoro, lamentoso e spesso imbronciato ma bravo, preciso, attento. Direi che il contatto tra i due personaggi è stato innescato da Boris, meraviglioso Bovaro del Bernese che simboleggia l’inferiorità di Pardo rispetto a Sara. Hanno un rapporto strano: mi sembra che Sara lo ridicolizzi quando può, ma in realtà sia convinta delle capacità professionali dell’uomo. Il giorno e la notte. Ma come sempre gli opposti si attraggono o almeno, come nel caso di specie, si completano.

7. Dici che quando una perdita si trasforma in una consapevolezza diventa un tratto della personalità. Quali sono i segni che affiorano nel personaggio di Sara?
M.: Probabilmente Sara è da sempre così: diretta, essenziale, senza fronzoli. Bravissima nel suo lavoro e capace di anteporre le necessità altrui alle proprie. Ma quando c’era Massimiliano c’era la luce. E ora, dopo il buio pesto, forse si intravede finalmente un chiarore.

8. “Dopo che aveva deciso di essere se stessa, sbagliando tutto quello che si poteva sbagliare.” E a Maurizio de Giovanni questo è mai successo? E nel presente come guardi al tuo passato?
M.: Non credo mi sia mai capitato. O meglio, ho fatto tanti errori come tutti, ma di certo non ho mai attraversato i due inferni che Sara ha conosciuto: la morte – vicino a lei – dell’amore della sua vita e quella – lontana da lei – dell’unico figlio cui aveva rinunciato senza tentennamenti, per il suo insuperabile, maledetto amore per la verità e la coerenza.
Per quanto concerne me, quando guardo al mio passato mi capita di domandarmi se avessi potuto agire in modo diverso, soprattutto nelle vicende strettamente personali. Ma poi, alla luce di quello che è venuto dopo, ivi compresi i libri, credo che, ipotizzando di averne l’opportunità, non cambierei una virgola.

9. Quali sono i tuoi progetti di scrittura vicini o futuri? Hai ricevuto per caso in visita qualche nuovo personaggio in cerca di autore di cui ti piacerà raccontarci in un futuro romanzo?
M.: Il 25 giugno troverete in libreria l’ultimo libro della serie di Ricciardi. Il mio primo personaggio, probabilmente il più amato, ci lascia. Ho deciso di chiudere la storia nel momento di maggior successo perché non sopporterei di vedere la stanchezza negli occhi dei lettori, che sono tantissimi e sono ancora innamorati del commissario dagli occhi verdi e di tutto il suo mondo.
Ho avuto un’ideuzza su una nuova serie gialla contemporanea, più light rispetto a Sara. Ma i particolari, per scaramanzia, almeno per ora preferisco tenerli per me.

Intervista  a cura di Federica Politi